La ritrattistica di Casa Imperiali: Andrea I e Michele III Imperiali

di Mirko Belfiore

 

Volendo fare il punto sulle vicende di quella che fu la collezione artistica della famiglia Imperiali dei Principi di Francavilla, abbiamo bisogno di fare un passo indietro fino ai primi decenni del XVII secolo e analizzare un contesto che raggruppi sia i possedimenti del casato in terra pugliese che la città di Napoli, vero polo magnetico di tutta la nobiltà regnicola durante l’Età moderna. Un lavoro di ricerca stimolante ma molto complesso, che vede questa raccolta protagonista delle fortune di casa Imperiali quanto vittima di numerose circostanze negative che ne intaccarono l’integrità come suddivisioni ereditarie, dispersioni e in alcuni casi sottrazioni indebite.

Di tutto questo grande “passato” ci rimane ben poco, se non i due piccoli nuclei ancora siti in quelli che erano i centri di governo nella regione salentina. Il primo, il più cospicuo, si trova conservato presso palazzo Imperiali di Latiano, dominio di uno dei rami cadetti, il quale consta di una quindicina di tele recanti soggetti di varia natura (tema che affronteremo in un prossimo articolo). Il secondo, più esiguo, trova ancora dimora nella residenza feudale di Francavilla, già cuore pulsante del principato, il quale consta delle due grandi tele raffiguranti Andrea I (II Principe di Francavilla e V Marchese di Oria) e Michele III (III Principe di Francavilla e VI Marchese di Oria).

Ci soffermeremo proprio su questi due ritratti di autore ignoto, i quali campeggiano in uno dei vani dell’edificio francavillese a non molto distanza dalla celebre “Sala del Camino”, luogo di rappresentanza della dimora. Come parte integrante del patrimonio artistico cittadino, esse possono essere definite le uniche testimonianze dell’antico potere feudale, nonché l’unica occasione per entrare in contatto con i volti e le parvenze di coloro che questi ambienti li arricchirono con “mobili, gioie ed argenti”. Alla base dello studio di questi quadri dobbiamo inserire gli inventari redatti per conto di alcuni dei membri della famiglia e in buon parte conservati presso l’Archivio Storico di Brindisi. Questa documentazione è stata utile solo in parte, visto che il modus operandi di redazione degli incartamenti risente non solo della mano inesperta del notaio addetto alla compilazione dell’elenco ma anche delle diverse tipologie di catalogazione. Alcuni di questi elenchi sono redatti per “categorie” e quindi molto lacunosi nei riferimenti principali (indicazione dell’artista, soggetto, misure), mentre altri si presentano realizzati secondo una visione “topografica”, dove più scrupolosi sono i particolari sulla collocazione dei manufatti nei diversi palazzi.

Palazzo Imperiali, Latiano

 

In questa sede utilizzeremo solo alcuni di questi fondi e in particolare: gli inventari redatti per conto di Michele III durante gli anni 30’ del XVIII secolo (1735-1736-1737-1738), l’inventario del 1816 realizzato alla morte di Vincenzo Imperiale dei Marchesi di Latiano, cugino ed erede designato di Michele IV Imperiale dei Principi di Francavilla, e l’elenco dei beni mobili di Francesco Imperiali, figlio di Vincenzo, il quale una volta morto nel 1820 passò tutte le sue proprietà alla figlia Maria Antonia, che a sua volta lasciò tutto alle figlie Francesca Carmina e Giovanna, asse patrimoniale testimoniato da un inventario del 1830. Come era uso all’epoca, alla grande mole di incartamenti redatti durante le successioni testamentarie, una piccola appendice era dedicata alla catalogazione degli oggetti di valore e dei luoghi in cui gli stessi erano dislocati, il che ci permette di compiere un vero e proprio tour virtuale di alcune delle dimore di Casa Imperiali, utilizzate come sede principale (Francavilla), con scopi più ludici come caccia, svago e villeggiatura o semplicemente per vigilare sulle proprie rendite feudali (Oria, Latiano, Avetrana, Manduria etc.). Dalle descrizioni sul complesso di Francavilla, si può comprendere come l’edificio emergesse sia per la magnificenza delle architetture che per gli sfarzosi arredi, in buona parte voluti proprio dal penultimo Michele, i quali declinati in tutte le forme dell’arte andavano a sottolineare la forza e la ricchezza raggiunta dalla dinastia.

A ciò si aggiungono alcuni interessanti particolari come le specifiche sui centri di produzione manufatturieri dai quali il Principe Michele III attinse per ammobiliare le sue proprietà: da Napoli gli argenti e le preziose stoffe provenienti dalle rinomate botteghe dal quartiere di Porta Nuova, da Roma gli arazzi con tematiche di “storia antica” provenienti dall’ospizio di San Michele a Ripa Grande, da Venezia i broccati e i costosi specchi prodotti dalle vetrerie di Murano e infine dalla madre patria genovese la biancheria e le rinomate porcellane albisolesi; a cui va aggiunta la cospicua raccolta di dipinti. In generale, esaminando i vari rami della famiglia e con la sola eccezione della quadreria di Giuseppe Renato Imperiali a Roma, la raccolta pittorica di Casa Imperiali che andò ad accumularsi fra XVII e XVIII secolo fu realizzata secondo una visione molto periferica, all’ombra di quel centro d’arte che fu Napoli.

Era usuale creare una raccolta che conferisse in primis lustro al casato, ma i limiti per una collezione di questo tipo vanno ricercati nella disponibilità dei collezionisti di poter accedere ai grandi nomi della scuola pittorica napoletana o della Penisola. L’unica soluzione era quella di utilizzare l’abilità degli artisti locali, i quali venivano inviati a imparare la maniera presso l’ambiente partenopeo, per poi riproporlo nel luogo di origine secondo una lettura più personale.

Deposizione di Cristo (attrib. Gherardo delle Notti, XVII secolo, olio su tela, Latiano, pinacoteca di palazzo Imperiali)

 

Dalle diverse analisi inventariali di Casa Imperiali possiamo constatare la presenza di un piccolo nucleo di grandi maestri del Seicento: Jacopo Bassano, Francesco Salviati, Guido Reni e Pacecco de Rosa, insieme alla più cospicuo numero di opere risalenti al XVIII secolo, in buona parte copie attribuibili alla vivace scuola pittorica locale, francavillese e non, patrocinata dagli Imperiali.

Questo gruppo di artisti dalle capacità poliedriche: pittori, scultori, cartapestai e orafi, operavano seguendo la maniera dei grandi artisti napoletani come Luca Giordano, Paolo de Matteis o Francesco Solimena. L’analisi dei diversi cataloghi permette di capire come gli interessi di gusto dei proprietari presentassero alcuni interessanti spunti di ricercatezza: icone con soggetti sacri, soggetti con tematiche profane, scene allegoriche, paesaggi o ambientazioni bucoliche, carte geografiche con i vari possedimenti del casato, pergamene, immagini cesellate su supporti d’argento o rame e una lunga serie di ritratti di famiglia. Quest’ultimi seguivano le linee guida allora imperanti nel mondo della ritrattistica: mezzo busto o figura intera, ed erano sempre volti a mettere in risalto la condizione sociale del personaggio attraverso un abbigliamento specifico che ben evidenziasse i tratti dell’uomo di finanza, di politica o di religione. Ed è proprio in questo frangente che si inseriscono le due tele custodite a Francavilla.

 

Ritratto di Andrea I Imperiali (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, Francavilla Fontana) (Foto Alessandro Rodia)

 

La prima, se procediamo in ordine di successione feudale, è quello di Andrea I Imperiali (1647-1678) raffigurato in età adulta, riccamente abbigliato e dai modi signorili, posizionato al centro di un ambiente, forse uno studiolo, dalla scenografica pavimentazione a scacchiera. Quest’ultima, oltre a dare una parvenza di prospettiva, mette in comunicazione il “vano principale” e una fittizia ambientazione esterna tramite una scalinata di collegamento non visibile, ma che è ben evidenziata dall’elegante corrimano e dalla fioriera posta in testa alla rampa. Alcuni drappi di color porpora si aprono con una linea diagonale sulla parte sommitale del dipinto e compongono insieme al piccolo tavolo di forma rotondeggiante, posto alla sinistra del quadro, una precisa perpendicolare. Sul piano d’appoggio riccamente adornato da una tovaglia di seta, quasi accennata, trova posto un orologio. Esso è sorretto da una coppia di figure antropomorfe che reggono il dettagliato quadrante, regalando alla composizione pittorica dello strumento meccanico quel senso di eleganza e ricercatezza. Il Nobiluomo veste secondo la moda seicentesca di matrice spagnoleggiante: giacca color rosso, ricami dorati che corrono lungo i risvolti e linee geometriche ben definite per le maniche dell’indumento. La posizione rigida del corpo è ingentilita dai due avambracci, i quali con la loro torsione restituiscono un certo dinamismo alla figura. Il primo si inserisce con decisione sul fianco sinistro denotando sicurezza nel Principe, mentre il secondo si posiziona con delicatezza sul tavolo imbandito, a pochi centimetri da un cappello ripiegato su stesso.

3. Ritratto di Michele III Imperiali Seniore (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, Francavilla Fontana, Castello-residenza).

 

Nel secondo ritratto invece troviamo Michelle III, facilmente identificabile nella tipologia iconografica di tipo “istituzionale”, dove vengono esaltate le peculiarità del soggetto raffigurato: il valore umano, il lignaggio e la posizione politica raggiunta. Il Principe è raffigurato in età adulta, in posizione eretta e posto al centro dell’ambiente di piccole dimensioni, probabilmente uno studiolo. Sullo sfondo troviamo un vistoso drappo e un accenno di colonna, forse parte di un porticato a noi non visibile. Egli si rivolge verso l’osservatore con atteggiamento austero e risoluto, recando nella mano sinistra un foglio di appunti, probabile metafora della laboriosità dell’uomo impegnato, preso dagli affari e dalle dinamiche politiche del tempo. Dall’analisi degli arredamenti di matrice sei-settecentesca, posti alle spalle del soggetto, emergono sulla destra un’elegante poltrona in raso mentre sulla sinistra si sistema un raffinato tavolino in legno, su cui lo stesso poggia la mano destra e al contempo stringe un paio di guanti bianchi. Nel contesto cromatico ormai particolarmente compromesso risalta l’abbigliamento, un’ampia parrucca sul capo e una sontuosa cappa magna di velluto rossa bordata d’ermellino che scende sul corpo. Quest’ultimi sono gli indumenti che mettono in risalto lo status sociale, gli incarichi ottenuti e gli onori raggiunti (Consigliere di Stato, Gran Camerario del Regno, Grandeza de Espagna e Gentiluomo di Camera d’entrata), il tutto guadagnato prestando servizio presso la corte borbonica napoletana.

In conclusione, parafrasando il compianto Michele Paone, a nessuno certamente è dato recuperare gli oggetti che gli Imperiali accumularono durante il loro governo e quindi risistemarli a Francavilla, come nelle altre residenze del principato. Grazie alla lettura di questi elenchi noi possiamo ricostruire i contorni di tutti questi oggetti, figli di un tempo perduto, testimonianze d’arte uniche che ci riportano la presenza di un mercato dell’arte e del lusso molto vivace. Grazie a questi documenti, i manufatti riacquistano consistenza, forme e colori, ritrovando la loro antica realtà come riflesso della grandezza di una corte signorile che seppe distinguersi non solo in un contesto come quello del Salento ma anche e soprattutto in quello che fu il composito ceto nobiliare del Vicereame spagnolo prima e del Regno di Napoli poi.

 

In attesa di veder realizzato il progetto di restauro delle tele attualmente in fase di definizione, si auspica che le due opere possano diventare le protagoniste di un successivo ampliamento di quella che è l’attuale offerta museale del MAFF, il Museo archeologico di Francavilla Fontana. La volontà è quella di realizzare una vera e propria “Sala Imperiali”, luogo dove raccontare un “pezzo” importante della storia della città di Francavilla. Una storia che corre di pari passo con le vicende di un casato dalle origini lontane e dal respiro internazionale, che per duecentosette anni resse le sorti politiche dell’abitato contribuendo allo sviluppo sociale ed economico di tutta l’area circostante.

 

Castello. Residenza Imperiale (fondazione XV secolo)

 

 

 

 

DOCUMENTI CITATI NEL TESTO

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A.S. Br, Sezione notarile, notaio F.T. Chiarelli da Santa Susanna, 1735, Inventario 7620, folio 102-108, t.

A.S. Br, Sezione notarile, notaio S. Stasi, 1816, Inventario 4173, cc. 646-740.

 

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