di Egidio Presicce
La continua e progressiva diffusione dell’infezione fillosserica in tutto il territorio era diventata un particolare momento politico per tutti i “fazzoletti rossi”, che con saltuari movimenti popolari erano diventati una specie di colonna sonora che disturbava il già difficile respiro economico del medio e basso ceto. Lo slogan che veniva schiamazzato nel cuore della città e dinanzi ai palazzi dell’alta classe era sempre “abbasso i padroni”.
L’eclatante antagonismo con la classe dirigente e l’atavica ignoranza di base erano le sole forze magnetiche che tenevano questi “signori” lontani dal reale momento politico. Infatti il ministro dell’agricoltura da tempo seguiva, documentava e si muoveva scientificamente per combattere l’epidemia e rivitalizzare l’agricoltura. A tal’uopo lo Stato con la legge 6 giugno 1901 N. 335 istituì i consorzi antifillosserici nelle province di Foggia, Bari e Lecce e impiantò un vivaio di viti americane nelle Tremiti, dal quale si trasse il legno di pregiate specie e varietà di portinnesti per la piantagione dei numerosi vivai consorziali nella Puglia.
Questa legge fu un incoraggiamento per quella parte di viticoltori che era già decisa a passare allo svellimento dei vecchi, scheletriti vigneti ed affrontare sacrifici economici per operare nuovi impianti con le consigliate e selezionate piante di viti americane. L’inizio dell’importante operazione di rinnovamento venne ritardato dalle perplessità rimaste ai lavoratori della terra dopo la triste annata causata dalla forte infestazione peronosperica, che portò a totale marcimento il misero frutto di tutti i già deperiti vigneti. Si trattò di un sorprendente epilogo determinato dalla precedente estate interamente coperta da persistenti ed abbondanti piogge.
Questo inspiegabile sconvolgimento climatico fece risvegliare le antiche credenze in non poche persone che lo segnalarono come uno dei tanti fatti oscuri nascosti nel futuro del corrente secolo. Tra questi barlumi di sospetti e immaginazioni si unirono altre isolate voci provenienti dalla classe alta, che indicavano sempre il ritorno alla pastorizia.
Qualche altra voce, sempre della stessa classe, indicava la bachicoltura per la produzione della seta, di cui una prima coltura sperimentale era stata avviata in una campagna nelle vicinanze della chiesa dell’Incoronata. L’opinione pubblica del medio e basso ceto restava trincerata nel ciarlìo relativo all’incredibile estate piovosa, respirando un pessimismo che la teneva lontana dalla realtà cittadina del momento. In quel turbinio di voci, pareri, paure ed incertezze c’era chi si azzardava a dare per probabile il ripetersi dell’avara stagione.
A tentare di tranquillizzare le depresse conversazioni intervenivano i più anziani e tra questi anche dei mendicanti, che esprimevano il proprio parere raccontando vecchi ricordi. Ad esempio, la lontana estate trascorsa quasi con il gelo ed i mietitori che andavano a mietere il grano indossando il cappotto. Oppure la caldissima e secca estate che durò sino alla fine del mese di novembre, senza mai una goccia d’acqua vista cadere sul terreno arido. Ognuno di questi racconti veniva chiuso con l’abituale giaculatoria: “sape Ddiu cce ha fare”.
Cinque anni dopo l’amara estate del 1900 c’era ancora chi, durante la serata nei circoli o nelle cantine, si accostava a qualche amico dando inizio ad una rivangatura dei tristi ricordi della disastrosa peronospora “ti lu noecentu”. Questo ormai vecchio argomento già conosciuto da tutti, quando veniva raccontato, richiamava l’attenzione di altre persone che si avvicinavano quasi con il dovere di intervenire allo scopo di rafforzare la verità dei fatti. A smuovere l’opinione pubblica dall’inutile ripescaggio di vecchi ricordi non ebbe effetto neanche la notizia riguardante l’inizio della fase di completamento del Teatro Comunale, per il quale dieci anni prima vi furono lunghissime polemiche nella piazza e nei consigli comunali sempre all’insegna dello scontro “teatro sì – teatro no”.
Il teatro, che affascinava tutta l’alta classe della città, nel popolino suscitava solo una trepidante attesa per la curiosità di conoscere la tanto discussa opera pubblica. Erano queste le due voci che evidenziavano il contrasto culturale dominante nel popolo.
(tratto da Egidio Presicce (1927-2017). Luci ed Ombre di un’Epoca. Nardò nel primo cinquantennio del ‘900: avvenimenti, personaggi, usi, costumi (Besa edit., Nardò 2019, pp. 202)
Corsi e ricorsi storici che le persone dimenticano e che i presunti saggi rievocano come delle novità, ma che il Maestro Egidio Presicce annovera nelle sue memorie che gli anziani gli portavano in mente, a dimostrazione che a volte le stagioni cambiano e che spesso ripetono situazioni dai più dimenticate o ignorate, ma chi ama e ricorda il passato, non solo non dimentica, ma ricorda a chi è ignaro dei corsi e ricorsi storici della nostra metereologia