Intervista a Giuseppe Corvaglia
di Donato Nuzzaci
Siamo qui con Giuseppe Corvaglia, medico e scrittore, per parlare del suo nuovo libro Zinnananà- Storie di bande e musicanti, edito da Youcanprint.
Da dove origina l’esigenza di scrivere un libro sulla banda?
Da ragazzo ho imparato a suonare il flauto traverso in un corso ad orientamento bandistico (dell’ANBIMA) e grazie a Giuseppe ed Oronzo De Giorgi ho fatto una esperienza sul campo che mi ha fatto conoscere un mondo speciale: quello delle bande.
Era un mondo che mi attirava da bambino come una calamita e che, ancora oggi, da adulto, considero come una bellacosa della vita per le gioie che evoca.
Molte volte ho provato a parlarne con racconti, articoli e altri scritti e più volte gli amici mi hanno sollecitato a parlarne, finché ho pensato che un modo nuovo di raccontare la banda era quello di raccontarla dal di dentro, di raccontare la vita quotidiana dei musicanti, le cose belle che si vedono viaggiando di paese in paese e ho capito che per farlo potevo descrivere la mia piccola esperienza che, però, rispecchia l’esperienza della gran parte dei musicanti.
Perché hai aperto il libro con la Banda di Galatina, un canto popolare salentino?
La Banda di Galatina, intendo la canzone, è un piccolo rifugio del cuore della mia cerchia di amici. È una canzone popolare che è diventata l’inno della nostra combriccola, ma anch’essa racconta la storia di una banda strampalata che suona sempre la stessa musica…
Zinnananà …
Si, Zinnananà, come il titolo del libro. È una storia buffa, ma è anch’essa evocativa. Vedi, nel libro racconto la mia storia di bandista e propongo tante storie di musicanti con i racconti, ma narro storie di banda anche con le interviste, fatte a Maestri e Capobanda, con gli articoli, le note esplicative…
Che anno era quando hai cominciato?
Era il 1975, avevo 13 o 14 anni. Come ho detto, è stata un’esperienza significativa e formativa. Per qualcuno era disdicevole, come un vagabondaggio da zingari, ma per noi che giravamo l’Italia, che dormivamo in branda, come se fosse un campeggio, che avevamo delle responsabilità e guadagnavamo qualche soldo, era gratificante, ci faceva sentire adulti.
Pensi che la Banda stia esaurendo la sua funzione di diffusione della musica colta?
Questa domanda l’ho fatta anche ai Maestri che ho intervistato. La banda fa musica dal vivo e di buon livello, che propone con un insieme di trenta o quaranta persone e ci offre un repertorio complesso e variegato che va dalla musica operistica adattata, alla musica sinfonica, alla musica moderna, fino alla musica pop, con un’intensità paragonabile, con i dovuti distinguo, a quella di un’orchestra.
Oggi occasioni di musica dal vivo sono tante: piccoli ensemble, complessini… Anche il bar di un paesino può proporre musica dal vivo, ma siamo sicuri che quella musica sia paragonabile alla musica proposta dalle bande? Secondo me no. Le bande propongono opere, sinfonie, marce sinfoniche che prendono l’anima e fanno vibrare il corpo senza potenti amplificatori.
Il problema è capire cosa è realmente la banda. In Italia ci sono bande amatoriali, soprattutto al centro-nord, ma anche al sud, e poi ci sono le bande da giro del Meridione che sono delle vere e proprie imprese che cominciano il loro tour a Pasqua e lo finiscono a ottobre.
Alcuni dei Maestri che ho intervistato ne hanno parlato nel libro, spiegandone il meccanismo. Credo, però, che le funzioni di base delle bande siano due: la possibilità di fare musica d’insieme di alto livello e il diffondere musica importante, colta, come dici tu, anche in posti lontani dai teatri e dagli auditorium, e portarla ad animi sensibili che in teatro, magari, non ci sono mai stati.
Che differenza c’è con l’orchestra?
Le orchestre hanno personale più qualificato e si esibiscono nei teatri e negli auditorium. La banda, come la conosciamo, nasce grazie all’opera del Maestro Vessella che la costituisce con strumenti a fiato, sostituendo le parti dei violini con i clarinetti, di viole e violoncelli con sassofoni e adatta le parti di canto con ottoni: flicornino, flicorno soprano, tenore e baritono. In questo modo Vessella adatta musica classica, operistica, sinfonica a questi complessi. Tuttavia se senti alcune bande, come era Ailano, diretta dal Maestro Samale, o Conversano del Maestro Schirinzi o della Maestra Pescetti, ma molte e molte altre bande senza distinzioni, propongono pezzi complessi di Dvorak, Brahms, Puccini Verdi con ottimi risultati.
Certo se la banda viene considerata un sottofondo per gente che chiacchiera ai tavolini è inutile. Più funzionale è uno stereo con altoparlanti o un piano bar, ma se la gente viene educata ad apprezzare il valore della musica proposta, allora la banda diventa essenziale.
Quando dico apprezzare intendo proprio attribuirle il valore che merita.
Immagina un Palazzo del ‘500; se lo consideri una cosa antica, preziosa, lo restauri e lo valorizzi, ma se lo consideri vecchiume, lo abbatti e lo sostituisci con una casa moderna.
Lo stesso vale per la banda, ma è da considerare obsoleto un complesso di fiati che esegue musica dal vivo in maniera eccellente? Per me no.
Pensi che sia necessario rilanciarla coinvolgendo anche i giovani e in quale modo?
Molti dei musicanti sono giovani: ci sono giovani che conoscono Brahms, Verdi, Beethoven, Mozart, Puccini, Berio… Non sono marziani. I giovani apprezzano la buona musica. La musica di qualità è meravigliosa, ma devi avere gli strumenti per assaporarla, per coglierne il significato reale e solo così la puoi apprezzare davvero. Ecco che ritorniamo al punto precedente: occorre una educazione del pubblico.
Vedi, assaporare la musica colta, la poesia, il teatro, un’opera d’arte, è importante per tutti. Non ti dà un vantaggio diretto per il tuo lavoro qualunque sia, ma ti migliora come essere umano, rende più gradevole e più degna la tua vita e se sei migliore come uomo o donna sarai migliore anche come medico, operaio o contadino.
Un giovane, che ha la possibilità di ascoltare nella piazza del suo paese Puccini, Dvorak, Bizet, dovrebbe considerarla un’opportunità.
Certo potresti dirmi c’è youtube, spotify e altre diavolerie, ma la musica dal vivo è qualcosa di diverso, evoca altre sensazioni.
Ripeto, un conto è ascoltare musica dal vivo e un conto è ascoltarla dal cellulare. Certo non è che si possa ascoltare tutti i giorni, però l’occasione della festa diventa un’occasione preziosa.
Mi piace ricordare i Maestri che hai intervistato: Samale, Guida, Gazzano, i fratelli de Giorgi, Paiano e Managò…
L’intervista ai Maestri l’abbiamo pensata con Salvatore Rizzello, perché non mi sembrava completo il libro solo con le storie raccontate e gli articoli. Abbiamo scelto alcuni Maestri di rango come Nicola Samale, direttore d’orchestra e compositore che ha completato con il terzo movimento la sinfonia incompiuta di Schubert; Giuseppe Guida, nostro compaesano, anche lui compositore, direttore d’orchestra e docente al Conservatorio, Paolo Gazzano che dirige la banda di Pietra Ligure e altre formazioni, i fratelli De Giorgi, figli di Oronzo, che poi hanno proseguito l’attività del padre come direttori o manager, il Capobanda Romeo Paiano, che ha fatto la banda ad alti livelli per 50 anni, e il Maestro Managò che insegna al Conservatorio di Vibo Valenzia e ha una instancabile attività di direzione e formazione di bande.
Dal tuo libro sembra che ai vostri tempi, con Giuseppe De Giorgi, la possibilità di una banda a Spongano potesse diventare realtà…
L’opera di De Giorgi fu meritoria e molto significativa: ci fece fare una bella esperienza che d’estate ci consentiva di suonare in una banda grande, qualcuno anche in Bande importanti con Maestri importanti, e d’inverno di guadagnare qualche soldo con gli spezzoni, ma non c’erano risorse per fare una banda vera e propria. In questo conta la sensibilità della cittadinanza e la volontà dell’Amministrazione comunale. Se chi amministra vede la banda come progetto si può fare, ma se non si ha progettualità non si può realizzare. Questo, però, non è necessariamente un difetto: ci può essere progettualità per una banda oppure progettualità per altro, come una squadra di calcio o di pallavolo, o per il teatro…
Ma pensi che ci siano i margini per promuovere una banda a Spongano a cui possano partecipare giovani e “giovani dentro”? Se sì, come e chi potrebbe organizzala e quali maestri potresti vedere oggi a guidarla?
Una scuola di musica popolare potrebbe essere la base di una costruzione, ma non mi sembra ci siano i presupposti per fare una banda, anche se i giovani, che potrebbero aderire, ci sono e credo che anche adulti, uomini e donne, con la passione potrebbero mettersi in gioco seriamente, ma perché si realizzi è necessario che ci sia una mente che ci creda e che abbia un progetto, può essere un Maestro che insegna ai ragazzi, ma anche un cultore che, magari non sa leggere la musica o suonare uno strumento, ma ha passione e capacità organizzative. Ci vogliono risorse, ma ci vuole soprattutto tanta passione e tanta pazienza.
Una banda a Spongano dovrebbe essere una banda “pura” o dovrebbe indulgere alla “contaminazione”, come adesso va di moda?
Il discorso della contaminazione, dipende dal Maestro. Il Maestro è l’anima della banda: è lui che sceglie il repertorio e che guida la banda. Se i musicanti lo seguono in queste scelte e lo fanno con entusiasmo sarà un successo, se non sono appassionati il repertorio non funzionerà.
Io l’ho visto anche con la banda di Pietra Ligure: Paolo Gazzano propone brani classici anche complessi, ma propone anche brani di cantautori come De Andrè e Gino Paoli o anche brani di compositori contemporanei, strizzando l’occhio anche al gusto del pubblico. La versatilità può essere utile. Persino se si decide di suonare la pizzica, la banda lo può fare; ci sono brani di musica popolare proposti con la banda, lo ha fatto Luigi Mengoli, anche bene. Dipende però dal Maestro che, come ho detto, è l’anima della Banda.
Quale pensi che possa essere il ruolo della scuola, a partire dalla scuola primaria, nell’avvicinare i giovani alla fruizione della musica? Penso alla musica classica, alla musica di banda, ma anche alla musica in generale .
L’educazione musicale non è solo una materia in astratto è qualcosa che arricchisce l’animo a prescindere dal mestiere che si è scelto di fare. La musica, come ho detto, fa star bene tutti gli uomini senza distinzione di censo, di ruolo, di capacità. Oggi le scuole fanno educazione alla musica in maniera concreta e c’è una sensibilità maggiore.
Sono tanti i progetti, già alle primarie, per intenderci quelle che erano le elementari, che coinvolgono i bambini a suonare, ma anche a conoscere e vivere l’opera lirica anche a teatro, come fanno i Fratelli Spedicato qui a Lecce, e le adesioni sono entusiasmanti.
Poi alle secondarie di secondo grado ad indirizzo musicale, le vecchie medie, si può fare un percorso suonando uno strumento specifico ed ecco che il gioco è fatto: suonando puoi sperimentare e capire da dentro la musica e anche il fruirla sarà diverso.
Ecco la scuola sta già facendo molto. Più di una volta i ragazzi della scuola “media” a Spongano hanno accompagnato il corteo delle Panare della scuola come una vera e propria bandicella. Poteva sembrare patetico, ma invece era un’esperienza importantissima, un risultato di eccellenza, che va oltre il solito saggio di fine anno.
Ma quindi chi potrebbe formare una banda a Spongano? Mengoli, Guida…
Sì, sono degli ottimi professionisti, capaci e non sono io a dirlo, lo dicono i fatti, ma hanno i loro progetti. Il problema è che non vedo i presupposti per fare una banda, manca la spinta dal basso, il mettersi in gioco, invece sarebbe molto piacevole e utile, trovarsi una volta alla settimana, provare e poi esibirsi, non solo per chi già suona nelle bande, penso a gente normale che può imparare a suonare uno strumento anche a 40-50 anni.
Secondo te, è opportuno che il lavoro, l’impegno e la professionalità dei bandisti siano adeguatamente valorizzati sia economicamente, sia sotto il profilo delle tutele sociali oppure è bene che suonare nella banda rimanga un hobby?
Il lavoro deve essere sempre tutelato. In Italia, la Costituzione fonda la Nazione sul lavoro, ma nella pratica non sempre il lavoro ha la dignità che gli è dovuta e questo accade per tutti i lavori e anche per le bande.
Si pretende che i bandisti vadano via a notte inoltrata, si pretende che professionisti siano bravi, e lo sono, te lo posso assicurare, perché la gran parte di loro ha studiato o studia al Conservatorio, ma poi li si vuole retribuire con un cachet basso quando non irrisorio. Ripeto, come in molti campi, si pretende un buon prodotto, ma si tira sul prezzo, quando non si pretendono addirittura prestazioni al limite della dignità.
Poi ci sono le novità come le accensioni spettacolari delle luminarie, gli artisti noti per eventi spettacolari, cose belle, ma effimere che stornano risorse cospicue nella gestione della festa.
Anche la banda, a ben vedere, effimera lo è. Non dico di escludere le altre cose, ma proviamo a farle convivere efficacemente. Ti faccio io una domanda: come sarebbe una festa senza la banda? Secondo me sarebbe completamente snaturata.
Chi ha fatto i disegni?
Nel libro ci sono anche disegni miei, ma la copertina è di Gianna Cezza che ho rincontrato e che è una disegnatrice, una fumettista di rango. Le ho chiesto di fare la copertina e questo ha ritardato un poco i tempi di pubblicazione, ma ne è valsa la pena: la banda esprime una simpatia incredibile e sul retro c’è il resto della festa come il goloso che mangia il croccante, o i bimbi che comprano noccioline e palloncini: una festa.
Un’altra considerazione riguarda la cassarmonica che era il centro della festa e ora tende a scomparire. Cosa ne pensi?
Il discorso della cassarmonica è complesso.
Secondo Samale la cassarmonica raccoglie i suoni e li restituisce solo alla banda o solo a chi sta nelle immediate adiacenze. Non so se questo accada nella realtà, ma so che negli ultimi anni l’accensione delle luminarie ha polarizzato l’attenzione del pubblico e la necessità di creare un ampio spazio scenico può aver penalizzato la cassarmonica che non è considerata più il centro della festa.
Io credo che, come dice Giuseppe Guida, forse bisognerebbe dotare la banda anche di una amplificazione di modo da far arrivare anche lontano un suono nitido, ma occorre anche pensare all’esibizione della banda come a un concerto che richiede attenzione, non come un sottofondo da intrattenimento per gente che mangia noccioline o bimbi che vogliono i giocattoli.
Forse bisognerebbe ripensare un po’ tutto il meccanismo.
Hai delle date per presentare il libro?
Le limitazioni del COVID mi hanno condizionato, come tutti.
Alcuni amici mi hanno chiesto se si poteva organizzare una serata in diversi luoghi. Per ora l’unica serata a cui sto partecipando è quella organizzata dalla Proloco di Spongano a Parco Rini l’11 agosto prossimo alle 21,30, ma appena sarà possibile non mancheranno le occasioni.