di Pier Paolo Tarsi
In copisteria, sono le 17 e qualcosa ma è ancora chiusa. Sono quasi in ritardo, ma decido comunque di aspettare: c’è un cartello sulla saracinesca, apertura serale dalle 17.15 alle… Eh, che siesta sarebbe senza quel fottuto quarto d’ora extra per il caffè? Bisogna capirli sti terroni. Ad ogni modo, deve essere un caffè lungo perché aspetto fino alle 17.20 e non succede niente, quel niente particolare di cui pure Parmenide dovrebbe ammettere l’esistenza: fa caldo, l’aria è ferma, la luce abbaglia, l’ombra scarseggia e le castime sgorgano con pigra naturalezza in sussurri di antica lingua d’oic che fa capolino dall’inconscio. 17.25, niente, o quasi: sbuca dalla strada un ragazzino con una enorme bicicletta nera, talmente spropositata che secondo le leggi della fisica non potrebbe nemmeno sollevare, figuriamoci guidare.
Il gigantesco trabiccolo oscilla rumorosamente su una traiettoria a zig-zag e avanza fin dove me ne sto io, accostandosi alla mia auto. Il ragazzino lo posa al muro e si accomoda sul marciapiedi: “ciao”. “Ciao”. Gli rispondo dall’abitacolo dove schiumeggio già di impazienza e di pensieri truci che evaporano dal finestrino aperto. “E’ chiuso?”. “Sì”. “Quando apre?”. “Ora apre”. “Sicuro?”. “Così c’è scritto là” e gli indico il cartello, sperando che ci legga anche un invito a lasciarmi imprecare in santa solitudine. “Ah”. Passano cinque minuti, e niente, nessuno ancora che arrivi ad aprire quella dannata saracinesca. Il ragazzino sbadiglia, si stiracchia sollevando i pugni al cielo, tira fuori una gomma, se la infila in bocca e avvia un ruminare appiccicaticcio, interrotto qua e là dall’esplodere di bolle che si è messo a fare, il tutto mentre mi fissa ininterrottamente. Passano un paio di minuti e “scusa, ma non avevi detto….- lo blocco subito. “Crisssshh… ora arriva ok, non hai letto? E’ scritto là che dovrebbe già essere qui! Che ne so io perché non arriva!”.
Il mio ritardo sta lievitando di minuto in minuto, s’è fatto spropositato come quella sua bici nera; lui intanto riprende a masticare e fissarmi imperterrito con due occhi da pesce e una montagna di interrogativi che vorrebbe senza dubbio rivolgermi sull’orario di apertura. Passa un’altra manciata di minuti e alla fine non ne regge il peso: gli fuoriesce un “Ma…- “ohhhhh, ma che vuoi da me eh? non hai i compiti da fare? La mamma non si preoccupa se stai in giro?”. Si tace, solo ha l’ardire di alzare e far ricadere le spalle come a dire “questo è pazzo, ed è pure bugiardo, pazienza!”. Resta impassibile per un po’, poi riprende a ingegnarsi su come ingannare la noia: con la gomma fa una bolla più grande di tutte le precedenti, la gonfia, la gonfia finché questa implode in un rumore sordo e fastidioso, ricoprendogli il mento ed il naso.
Sorride, beandosi dell’impresa compiuta sotto il mio sguardo da testimone, se la stacca dal volto e se la rimette in bocca, riprendendo dunque a masticare tranquillamente. Passa ancora qualche minuto, si alza, impugna la bici con cui era venuto, vi si arrampica sopra e parte. “Ciao, io torno dopo eh” mi fa, zig-zagando in salita col suo enorme trabiccolo fino a sparire. Quella saracinesca, invece, non si è mai mossa finché son rimasto là.
UN “AGGUATO” PER UNA SORPRENDENTE “LEZIONE” DI UN RAGAZZINO…
I MIEI VIVVISSIMI COMPLIMENTI AL SIGNOR “P.P.T.” CHE HA SAPUTO APRIRE GLI OCCHI E LA MENTE
ALL’EVENTO E HA “TRADOTTO” QUANTO HA VISSUTO IN UNA BRILLANTISSIMA STORIELLA “ZEN”.
Degna di stare insieme alle altre famose “101”!
Grazie!
Federico La Sala