di Gianpiero Colomba
Secondo una prima disponibile rilevazione statistica agraria, in tutta la provincia di Lecce, nel 1924, vi erano appena 24 trattrici. Dopo 30 anni, nel 1960, agli albori della fase di industrializzazione in agricoltura, il numero ascendeva a 659[1]. Ma a quale periodo si può far risalire l’avvento, seppur simbolico, della meccanizzazione nel settore agrario nel Salento?
Una preziosa testimonianza ci arriva dall’illustre scienziato Cosimo de Giorgi (Lizzanello 1842/1922) che il 6 luglio del 1883 informava, in una lettera indirizzata al direttore della rivista de il Propugnatore[2], di uno straordinario esperimento agrario. Tale esperimento avvenne in quella stessa estate a Nardò in un podere seminato a frumento posseduto dal barone Personè, e messo in atto dal dottore Emilio Vitali. L’inventore di quella macchina era il medico Pietro Ceresa di Piacenza. Per la prima volta si sostituiva la forza motrice animale con una locomotiva stradale Marshall.
L’aratro, in questo caso, era composto da due oppure tre o cinque vomeri e permetteva di lavorare efficacemente il terreno in maniera simile al lavoro con zappa definito di scatena, però in molto minor tempo.
Sempre secondo la testimonianza del de Giorgi, infatti, con il bivomero si poteva lavorare il terreno fino a 45 cm di profondità, con il trivomero fino a 30 cm e con il pentavomero dai 15 ai 29 cm.
Il de Giorgi poté verificare personalmente che il lavoro finale era perfetto, in quanto il vomere rovesciava e sminuzzava le zolle meglio di quanto potesse fare la zappa. Inoltre, tale macchina rendeva più veloci i lavori. Nell’esperimento di Nardò in un’ora di lavoro si riuscì ad arare una superficie di 1400 mq circa, a 25 cm di profondità.
Cosi raccontava il de Giorgi: “Gli stessi contadini che in gran numero assistevano a quel saggio pubblico e che in generale sono poco amanti delle macchine in generale, confessavano che un lavoro simile non lo avevano mai veduto. (…) era il trionfo della meccanica agraria la quale si studia non solo di produrre una maggiore quantità e migliore qualità del lavoro, ma lo esegue nei mesi estivi quando è più proficuo al terreno e quando torna estremamente gravoso al contadino ed alle sue macchine animali”.
[1] Fonte: Annuari statistici dell’Agricoltura a cura dell’Istat.
[2] Il propugnatore, anno XXIII, n. 24, Lecce 9 luglio 1883.
Non so se la notizia è vera, ma se lo fosse mi sembra una cosa molto interessante.
la notizia è tratta da un organo di informazione dell’epoca, quindi verosimilmente vera. saluti