A. Piccinno, Viaggio nell’antica diocesi di Nardò. Gli altari dal VII al VIII secolo, Amazon, 2021
Il libro di Annunziata Piccinno, Viaggio nell’Antica Diocesi di Nardò: Gli altari dal XVII al XVIII secolo, merita alcune precisazioni[1]. Il termine ‘viaggio’ che introduce il volume è inteso sia come metafora della vita sia come viaggio reale. Esso ci porta a conoscere il mondo circostante, in questo caso quello degli altari, attraverso gli innumerevoli significati che nel tempo sono stati ad essi attribuiti. Oggi la parola ‘viaggio’, a causa della pandemia che ci ha costretti a rimanere in casa per un lungo periodo, è divenuta quasi un ossimoro.
Lo studio, inoltre, proprio come in un viaggio ‘reale’, ha il suo punto di ‘partenza’ nella Tesi di Laurea dell’Autrice[2], e il punto di arrivo nella presente pubblicazione, aggiornata e arricchita da ulteriori approfondimenti e scoperte che i recenti restauri hanno messo in luce.
Vincenzo Cazzato in una sua pubblicazione ha definito gli altari un “mondo in miniatura” in cui scultura, architettura e pittura si fondono insieme e parlano il linguaggio dell’arte in modo eloquente.
L’ingiuria del tempo e l’incuria dell’uomo hanno causato dei terribili ‘vuoti’ nella ‘traduzione’ delle simbologie contenute nei vari altari, i quali spesso sono stati oggetto di spostamento, oppure di manomissioni che hanno provocato come risultato: statue divelte, tele spostate, ecc. Ciò che un tempo costituiva il ‘significante’ dell’opera in esame, venendo meno la parte mancante, annulla parzialmente o totalmente il relativo significato. Ciò costituisce una grave perdita per l’arte sacra del periodo in esame, in quanto viene meno, per noi posteri, quella ‘Bibbia dei poveri’ che, attraverso le immagini, insegnava i contenuti del Testo Sacro ad un popolo per la maggior parte analfabeta, incrementando in esso lo stupore e la devozione verso i santi e la Chiesa.
Il saggio prende in esame gli altari più rappresentativi dell’antica Diocesi di Nardò, intesa come quella parte del territorio strettamente appartenente ad essa, nell’epoca in cui gli altari sono stati originariamente realizzati (XVII-XVIII sec.). Risultano esclusi quei centri che sono stati aggiunti in seguito all’unificazione della Diocesi in esame con quella di Gallipoli (30 settembre 1986[3]).
E’ bene sottolineare, inoltre, che la città di Nardò è antica sede abbaziale. Diverrà sede episcopale nel 1387 ad opera dell’Antipapa Clemente VII e in seguito sarà confermata nel 1413 dall’Antipapa Giovanni XXIII[4].
Questa antica sede episcopale, alle sue origini, comprendeva ben 24 luoghi tra comuni, casali, feudi e parrocchie rurali.
I paesi in cui sono rimasti esemplari di altari del periodo in esame sono i seguenti: Nardò, Copertino, Galatone, Parabita, Matino, Casarano, Taviano, Alliste, Felline, Racale, Melissano, Seclì, Aradeo e Noha.
Gli altari sono esaminati da un punto di vista strettamente architettonico e scultoreo.
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[1] Parte di questa ricerca è stata pubblicata in Nardò nostra. Studi in memoria di don Salvatore Leonardo, a c. di GABALLO M., DE CUPERTINIS G., Galatina, Congedo editore, 2000.
[2] PICCINNO A., Gli altari dal ‘600 al ‘700 nella Diocesi di Nardò, Università degli Studi di Lecce, Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 1997-1998, Relatore Lucio Galante.
[3] In seguito al Decreto Instantibus votis della Congregazione dei Vescovi (cfr. https://www.diocesinardogallipoli.it/diocesi-nardo-gallipoli/storia/due-citta-una-diocesi/).
[4] Cfr. CENTONZE C. G., DE LORENZIS A., CAPUTO N., Visite Pastorali in diocesi di Nardò- (1452-1501) a c. di VETERE B., Galatina, Congedo editore, 1988, p. 11. La Diocesi fu soggetta immediatamente alla Sede Apostolica (Cronotassi, Iconografia ed Araldica dell’Episcopato Pugliese, Bari, Regione Puglia, 1984, p. 245).
significativa e importante opera di ” restauro storico”