di Francesco Frisullo e Paolo Vincenti
È stato recentemente pubblicato, a cura di Paolo Vincenti, A Maggior Gloria di Dio. I Fratelli Antonio e Angelo Stefanizzi: da Radio Vaticana allo Sri Lanka[1].
Il libro ripercorre la vita e la carriera di due straordinari personaggi, entrambi gesuiti e originari della città di Matino: Padre Antonio, tecnico e scienziato, e Padre Angelo, missionario in Sri Lanka e operatore di pace. Nel saggio di Francesco Frisullo e Paolo Vincenti, intitolato La Lunga Vita di Padre Antonio Stefanizzi, gesuita scienziato, ricostruiamo il profilo bio-bibliografico di Padre Antonio.
Egli è scomparso il 4 ottobre 2020 a Roma all’età di 102 anni, di cui ben 87 vissuti nella Compagnia di Gesù. La stampa nazionale ha dato grande risalto alla notizia della sua scomparsa.
Era nato il 18 settembre 1917 appunto a Matino in una famiglia numerosa, composta di sette figli, dei quali due, Antonio ed Angelo, indossano l’abito di Sant’Ignazio, e una sorella, Agata, nata nel 1924, diventa suora dell’ordine di Nostra Signora del Cenacolo (è morta a Torino nel 2017). Aveva fatto studi umanistici ma anche scientifici, tanto vero che nel 1949 si trasferisce per un corso di perfezionamento negli Stati Uniti e precisamente a New York, alla Fordham University, tenuta dai Gesuiti. Negli USA segue i corsi tenuti dal professor Victor Hess, premio Nobel quale scopritore dei raggi cosmici. Nella nostra ricerca abbiamo trovato svariate fonti a stampa americane che parlano di Padre Antonio. Insegna matematica e fisica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e il 24 marzo 1953 viene nominato Direttore della Radio Vaticana.
Come Direttore di Radio Vaticana, toccò proprio a lui sovrintendere anche tecnicamente il 15 agosto del 1954 alla prima trasmissione radiofonica della preghiera dell’Angelus da parte di un Papa. Da allora, Padre Antonio ha conosciuto tutti i Papi che si sono succeduti sulla cattedra di Pietro. Nel gennaio del 1959 Papa Giovanni XXIII annuncia il Concilio Vaticano II e nel novembre dello stesso anno istituisce la Commissione sui “Mezzi moderni di apostolato”, con il compito di analizzare il ruolo dei moderni mezzi di comunicazione e la loro valenza pastorale, e della Commissione, guidata dal Gesuita Enrico Baragli, fa parte anche Padre Antonio. Ha non solo contribuito tecnicamente alla diffusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, ma ne è stato attore in prima persona.
Come esperto di tecnica radiofonica e di telecomunicazioni satellitari, Padre Antonio partecipa a Washington, in rappresentanza della Santa Sede, all’avvio nel 1964 dell’Intelsat (International Telecommunications Satellite Consortium), la prima organizzazione intergovernativa mondiale per lo sviluppo e la gestione delle telecomunicazioni via satellite, di cui la Città del Vaticano era uno degli 11 Stati fondatori. Nell’ottobre 1965, nella storica visita che Paolo VI compie negli Usa tenendo il suo discorso all’ONU, Stefanizzi fa parte del seguito papale. Nel saggio si sottolinea anche dell’importante ruolo svolto da Radio Vaticana sotto la sua direzione negli anni della Guerra Fredda, quando è stata di fatto l’unico strumento che è riuscito a rompere la cortina di ferro; il messaggio del Papa giungeva attraverso l’etere alla cosiddetta “Chiesa del Silenzio”, che ha continuato a operare in quegli anni con grandi sacrifici e con spirito di martirio nell’Europa comunista. Padre Stefanizzi contribuì anche all’organizzazione e all’ampliamento della grande stazione radiofonica cattolica installata a Manila, nelle Filippine, denominata Radio Veritas, con la missione di far risuonare la voce cattolica nelle Filippine, in Giappone, Cina, Indonesia e in tutto il Sud- Est Asiatico.
Molto intensa anche l’attività culturale di Padre Antonio, ricostruita nella bibliografia che segue il saggio. In particolare egli è assiduo collaboratore della rivista «La Civiltà Cattolica», è autore del libro, Le nuove tecnologie di comunicazione. Valutazioni e prospettive (1983), ed escono a sua cura diverse pubblicazioni edite da Radio Vaticana durante gli anni della sua direzione. Egli era studioso e al contempo conduttore radiofonico, sulla scia di Guglielmo Marconi(1874-1937), che si può considerare il fondatore di Radio Vaticana insieme a Padre Giuseppe Gianfranceschi (1875-1934), che ne fu il primo direttore. Fu anche membro del Consiglio di Amministrazione del CTV (Centro Televisivo Vaticano) fino al 1997, quando riceve una bella lettera gratulatoria da Papa Giovanni Paolo II. Viene messo in congedo nel 2010 e come già detto scompare nel 2020. Nel saggio si ripercorre anche il suo rapporto con la città di Matino soprattutto grazie alla testimonianza di Don Giorgio Crusafio.
Come visto, dunque, il gesuita matinese ebbe una proficua esperienza di studio in America. Nel saggio intitolato Gesuiti salentini in America, di cui nel precedente numero di «Controcanto» abbiamo proposto la prima parte, prendendo spunto dal viaggio di Padre Antonio nel Nuovo Continente, si offre una rapida carrellata di gesuiti salentini che lo hanno preceduto nella missione degli Stati Uniti.
Eugenio Vetromile
Nato a Gallipoli nel 1819, entrato nell’ordine dei Gesuiti nel 1840 nel Collegio di Sorrento, fu un importante personaggio, dotato di grandissima cultura e forte spirito di intraprendenza[2]. Studioso di antropologia, etnologia e di linguistica, si imbarcò nel 1845 per l’America. Fu per tre anni alla Georgetown University di Washington e, divenuto prete nel 1848, venne inviato in missione nel Maryland[3]. Successivamente fu inviato nel Maine dove venne a contatto con la tribù indiana degli Abenaki ai quali dedicò i suoi studi confluiti nella sua opera The Abnakis and Their History[4]. Dal 1858 al 1859 ebbe l’incarico di professore di filosofia, chimica e astronomia all’Holy Cross College di Worcester, nel Massachussetts[5]. Dal 1859 fu trasferito al Loyola College di Baltimora nel Maryland ma, desideroso di ritornare fra gli indiani del Maine e vedendo che questo non gli era consentito, nel 1866 lasciò la Compagnia di Gesù, per essere incardinato nella diocesi di Portland. Poté così tornare in terra di missione e continuare a coltivare i suoi interessi di studio, ovvero gli usi e costumi degli Abnaki. Appassionato di musica, pubblicò anche diversi libri in lingua abnaki su canti e musica sacri. Addirittura fu autore di un dizionario della lingua abnaki, redatto fra il 1855 e il 1875, che coronava i suoi puntigliosi studi filologici e che venne molto apprezzato dagli esperti e gli valse la fama di essere uno dei più accreditati conoscitori degli indiani d’America. Di questo erudito missionario ha tracciato un completo profilo Aldo Magagnino[6]. Vetromile svolse un ruolo di pacificatore tra le tribù degli indiani e tra gli indiani e i coloni[7]. Adattò il calendario per i cristiani abnaki[8]. Fece il giro del mondo. Nel 1876, riporta la stampa locale, “il Rev. Eugene Vetromile, che negli ultimi otto anni è stato sacerdote delle Chiese cattoliche del Parte orientale e di Pembroke […] ha rassegnato le dimissioni dall’incarico pastorale con l’intenzione di fare un giro intorno al mondo”[9] Viaggiò in Europa, fu in Inghilterra, in Francia, in Belgio, in Italia, a Roma, Milano, Pisa, Napoli e naturalmente a Lecce. A Gallipoli rivide la sua famiglia. Si imbarcò da Brindisi, dove arrivava la linea ferroviaria Peninsular-Express ( 1870-1914 ) che connetteva Londra con il porto brindisino e da dove salpavano le navi della famosa Valigia delle Indie, per Alessandria d’Egitto; poi fu al Cairo e si imbarcò per i luoghi santi: fu in Palestina, a Gerusalemme, e poi in Libano, in Siria, nelle isole dell’Egeo, in Grecia, ecc. Visitò le Hawaii, le Figi, addirittura la Nuova Caledonia. Poi la Nuova Zelanda, la Cina, Singapore, l’India, l’Australia. Dopo venticinque anni di servizio nella diocesi di Portland, ottenne il permesso di ritornare in Italia. Una volta giunto a Gallipoli fu colto prematuramente dalla morte nel 1881. La notizia della sua morte in America ebbe ampio risalto dalla stampa[10]. La strada su cui sorgeva la chiesa St. Mary a Biddeford nel Maine, dove Vetromile è stato parroco dal 1854 al 1858, fu intitolata fino al 1920 “Vetromile Street”[11].
Donato Maria Gasparri
Nasce il 26 aprile 1834 a Biccari (Foggia), fa l’ingresso in Compagnia il 19 ottobre 1850. Insegna retorica presso la Residenza di Maglie, oggi Liceo Capece, dal 1857 al 1858. Dopo un breve permanenza a Laval, nel 1868 s’imbarca per l’America, dove fonda le missioni del Colorado. I gesuiti, che i nativi indiani chiamavano già dal XVI secolo “black robe”, ossia “veste nera”[12], si mossero di pari passo con lo spostamento delle frontiera americana, seguendo il tracciato della Santa Fe Trial, la ferrovia che andava unendo gli ex territori messicani agli atri stati federali. Dello sconfinato e mitico Far West, i gesuiti possono essere annoverati fra i pionieri. Nel 1877 Gasparri fonda, e ne è il primo rettore, insieme a Padre Personè, il collegio di Las Vegas[13], il che fa di lui un precursore dell’educazione cattolica. Uomo di ampia cultura, tanto che i nativi americani, destinatari primi dell’apostolato missionario, lo definivano “Enciclopedia vivente”[14], Gasparri operò in vari ambiti intellettuali. Egli fondò la stampa cattolica nel New Mexico ed è stato il primo direttore dell’importante periodico La Revista Católica in spagnolo (1875-1962), che si può definire l’equivalente americano della «Civiltà Cattolica»[15].
Note
[1] A Maggior Gloria di Dio. I Fratelli Antonio e Angelo Stefanizzi: da Radio Vaticana allo Sri Lanka, a cura di Paolo Vincenti, Associazione Autori Matinesi, Centro Studi Aldo Bello, Matino, Tip. San Giorgio, 2020.
[2] Catalogus Provinciae Neapolitane, 1847, p. 46.
[3] Catalogus Provinciae Merilandiae, 1849, p. 14.
[4] Eugenio Vetromile, The Abnakis and Their History, James B. Kirker, New York, 1866.
[5] Catalogue of the Officers and Students of College of Holy Cross, Worcester, Mass., for the Academic Year, 1858-59, s.n.
[6] Aldo Magagnino, Eugenio Vetromile, patriarca degli Abnaki, in Rev. Eugenio Vetromile IHS da Gallipoli, Gli indiani Pellerossa Abnaki e la loro storia, a cura di Aldo Magagnino, Galatina, Congedo, 2015, pp.5-47. Su di lui anche Luigi Giungato, Eugenio Vetromile, il gesuita gallipolino, “patriarca degli indiani”, in «Anxa news», n. 1-2, gennaio-febbraio 2011, p.9; Voce, a cura di V. A. Lapomarda, in Diccionario cit., p.8169.
[7] Nicholas N. Smith, Wabanaki Chief-Making and Cultural Change, in Papers of The Thirty-Fifth Algonquian Conference, a cura di H.C. Wolfart, Winnipeg: University of Manitoba Press, 2004, pp. 389-405. Si veda anche Paolo Poponessi, Mission. I Gesuiti tra gli indiani del West, Rimini, Il cerchio, 2010, p.55.
[8] Carlo J. Krieger, Native Penobscot and European missionary time concepts, in Papers of the 19th
Algonquian Conference, a cura di William Cowan, Ottawa: Carleton University, 1988, pp. 103-110.
https://ojs.library.carleton.ca/index.php/ALGQP/article/view/977/861. Dello stesso autore si veda Culture Change in the Making: Some Examples of How a Catholic Missionary Changed Micmac Religion, in «American Studies International», Vol. 40, No. 2 (June 2002), pp. 37-56.
[9] «The Catholic Telegraph», Cincinnati Ohio, 14 settembre 1876, p. 2.
[10] «The Catholic Telegraph», Cincinnati Ohio, 20 ottobre 1881, p. 1.
[11] Vincent A. Lapomarda S.J., The Jesuit Heritage in New England , Worcester MA., Jesuits of Holy Cross College, 1977, p.22.
[12] Catherine Randal, Black robes and buckskin. A selection from the Jesuit Relations, New York, Fordham University Pres, 2011.
[13] Voce, a cura di T. Steele, in Diccionario cit., p. 3388. Giovanni Barrella, La Compagnia di Gesù cit., p.133.
[14] Suor Blandina una suora italiana nel West, cit., p.198.
[15] Donato Maria Gasparri Le Missioni del Nuovo Messico, in Francesco Durante, Italo Americana Storia e letteratura degli Italiani negli Stati Uniti 1776-1880, Milano Arnaldo Mondadori, 2001, pp. 671-679. Inoltre, Suor Blandina una suora italiana nel West, cit., pp.198-199; Andrew F. Rolle, Gli emigrati vittoriosi Gli italiani che nell’800 fecero fortuna nel West americano, Milano, RCS edizione Il Giornale, 2003, pp. 214-218.
Sull’argomento vedi anche:
Libri| I Fratelli Antonio e Angelo Stefanizzi – Fondazione Terra D’Otranto
Buongiorno,
permettetemi di menzionare Padre Adriano FORMOSO , Gesuita Salentino, nato a San Cesario di Lecce il 17 Ottobre 1601 (Archivio Storico dei Gesuiti di Roma – Don Gino SCARDINO). Probabilmente imparentato con Don Lupo FORMOSO, Arciprete di san Cesario di Lecce nel 1591. Egli – Padre Adriano – il 15 Agosto 1619 fa il suo ingresso nel collegio dei novizi della Compagnia di Gesu a Napoli, dopo aver frequentato il collegio dei Gesuiti della vicina Lecce, inaugurato il 25 Dicembre 1583 dal suo fondatore Padre Bernardino Realino. Compie gli studi Umanistici a Napoli.Celebra la sua prima Messa sulla nave che veleggia verso l’ America del Sud. Giunge in Brasile probabilmente nel Porto di Rio de Janeiro o di Santos, e finalmente riparte con 45 confratelli per Buenos Aires, dove sbarca il 29 Aprile 1628. Battaglio’ contro Bandeirantes ed Indios ostili. I Gesuiti ottennero una risolutiva vittoria nella Battaglia di M’Borore (Paraguay). Muore a Encarnacion Itapua, dove e’ seppellito.
Saluti da un Salentino (Originario di San Cesario di Lecce) a Bangui
A.R.
Carissimo, conosco la figura di padre formoso. Se mi da il suo indirizzo mail, la contatto privatamente.
Paolo
Ciao Paolo
arturorollo@
Grazie
Arturo