di Armando Polito
Sarebbe bello se il detto latino non trovasse il suo corrispettivo nell’italiano Il pesce grande mangia quello piccolo e questo non trovasse conferma nella realtà fisica, politica, economica e finanziaria popolata da metaforici squali d’ogni tipo. Sarebbe bello se a farsi da parte fosse il più grande sì, ma quello che lo è per competenza, lungimiranza, onestà, anche intellettuale, e altruismo; o, quanto meno, fosse meno condizionato dall’interesse personale e più rispettoso delle istituzioni. Queste banali riflessioni mi sono state suggerite dall’incontro fortuito con un dettaglio del frontespizio di un manoscritto seicentesco (Arch.Cap.S.Pietro.H.96) custodito nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Di seguito lo riproduco trascrivendone il titolo con lo scioglimento delle abbreviazioni e traducendolo.
ALEXANDRO VII PONTIFICI OPT(IMO) MAX(IMO)
FRANCISCO EPISCOPO PORTUENSI CARDINALE BARBERINO S(ANCTAE) R(OMANAE) E(CCLESIAE) VICECANCELL(ARI)O SACROSANCTAE BASILICAE PRINCIPIS AP(OS)TO(LOR(UM) ALMAE URBIS ARCHIPRESBYTERO
JOSEPHI BALDUINI INSTRUMENTA AUTENTICA ALTARIUM CONSECRATIONUM, ET ALIORUM
([Essendo] Alessandro VII pontefice ottimo massimo, il cardinale di santa romana chiesa Francesco Barberini vescovo di Porto vicecancelliere della sacrosanta basilica del principe degli apostoli, arciprete dell’alma città [qui cui sono] gli atti autentici delle consacrazioni degli altari e di altre cose).
I dati emergenti dal frontespizio consentono di collocare il manoscritto entro confini temporali piuttosto precisi. Alessandro VII fu papa dal 1655 fino alla morte, che avvenne nel 1667; Francesco Barberino fu vescovo di Porto Porto e Santa Rufina dal 165 al 1666, vicecancelliere di Santa Romana Chiesa dal 1632 al 1679, arciprete della Basilica di San Pietro in Vaticano dal 1633 al 1667. Di Giuseppe Balduini, notaio nell’archivio della basilica di S. Pietro è notizia in Giovanni Pietro Chattard, Nuova descrizione del Vaticano o sia della sacrosanta basilica di S. Pietro, Eredi Barbiellini, Roma, tomo I, p. 84, nota 1. Ne consegue che il manoscritto andrebbe datato tra il 1655 e il 1667. Senonché nell’estremo margine inferiore si nota, di altra mano An. 1655-1689. In effetti le due date corrispondono a quelle del primo e dell’ultimo atto incluso, il che fa supporre che dalla morte di Alessandro VI vi si continuò a registrare gli atti lasciando inalterato il titolo che si legge nel frontespizio.
Passo ora al dettaglio che mi ha fatto ricordare l’adagio latino. Lo presento di seguito ingrandito per facilitarne la lettura.
Mi sarei aspettato di vedere lo stemma del papa in carica, del quale mi ero già occupato in https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/04/10/lo-stemma-di-fabio-chigi-vescovo-fantasma-di-nardo-e-poi-papa-celebrato-in-versi/.
Lo scudo, invece, presenta la veronica e ai lati di questa le due chiavi in posizione verticale. Mancando riferimenti individuali ad Alessandro VII l’unica supposizione possibile era che lo stemma riguardasse qualcosa superiore allo stesso papa. E che poteva essere questo qualcosa, se non la stessa istituzione della basilica? La conferma mi è venuta dallo stemma che si nota apposto proprio sulla facciata della fabbrica.
L’unica differenza è data dalla presenza dell’iscrizione R. F. S. P. (Reverenda Fabbrica di S. Pietro) al posto della veronica. Si può ben dire che, almeno in questo caso, il maior (l’istituzione) ha fatto mettere da parte il minor Iil papa), secondo quanto, senza farmi illusioni, ho auspicato all’inizio.
Comunque, per evitare che qualcuno pensi che io mi ritenga uno stinco di santo, chiudo con una confessione: il post è nato in parte dal desiderio di partecipare a chi ama queste cose il ritrovamento, ma soprattutto da un’esigenza opposta, cioè egoistica: sapere da chi nel settore è esperto se gli è capitato do incontrare come stemma della basilica questo, qualcuno somigliante o eventuali altre varianti.
Narrazioni brevi ed essenziali; permettono letture rapide che risultano sempre molto interessanti.
Complimenti ancora