di Armando Polito
Usato col significato di accendere, nasce per aferesi da un precedente addumare, che ha l’esatto corrispondente formale nell’italiano letterario allumare usato col significato di illuminare, rischiarare) e nel regionale centrale con quello di guardare. Per completezza va ricordato che in italiano esiste anche l’omografo allumare, usato col significato di trattare con allume, con etimo evidentemente diverso da quello della nostra voce, come apparirà chiaro da quanto seguirà.
Allumare nasce dal francese allumer, a sua volta da un latino volgare *adluminare, composto dalla preposizione ad+*luminare, del quale nel latino medioevale è attestato il participio passato luminatus. Evidente, poi, che tutto è dal latino classico lumen, da cui il nostro lume. L’italiano illuminare, invece, è direttamente dal latino classico illuminare. composto da in+*luminare.
Il francese allumer trova la sua più antica attestazione col significato di incendiare intorno al 1100, in quello di accendere il fuoco per rischiarare nel 1119, in quello di eccitare, infiammare i sensi nel 11641.
Per quanto riguarda, invece, allumare le più antiche attestazioni che sono riuscito a reperire risalgono al XIII secolo:
Giacomo da Lentini, Poesie, I, 24-26: Foc’aio al cor non credo mai si stingua;/anzi si pur alluma:/perché non mi consuma?3
Bonagiunta Orbicciani: E sono stanco e lasso;/meo foco non alluma,/ma quanto più ci afanno/men s’apprende.4
Giacomo da Lentini: anti, si pur alluma5; E allumo dentro e sforzo in far semblanza6; ma Amor m’à sì allumato7; mi conforti e m’allumi8; e sempre alluma sua clarita spera9. Nello stesso autore compare anche alluminare: Io che t’alluminai10.
Per il secolo successivo:
Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, XX, 1: Quando colui che tutto ‘l mondo alluma. Per gli autori che seguono, anch’essi del XIV secolo, il testo è tratto da Ludovico Frati, Le rime del codice isoldino2, Romagnoli-Dall’Acqua, Bologna, 1913.
Giannotto Calogrosso di Salerno, Cantilena per Donna Nicolosa de Sanutis di Bologna, I, 7: Altra non è che allumi il nostro mondo.
Francesco Petrarca, Canti per Cicco di Ascoli, I, 1: Tu sei il grande Ascholan che ‘l mondo allumi.
Antonio De Lerro di Forlì, Canti e cantilene, I, 29: Alluma, priego, ormai l’ingrata mente.
I, 102: In ogni parte ove ‘l mio cuor alluma. XV, 2: Che col tuo bel parlar il mondo allummi. XVIII, 13: Perché no allumi tu mia vita obscura?
Giovanni Boccaccio, Amorosa visione, : e più nel cor sentia ‘l foco allumarsi.
Il francesismo non fu disdegnato nemmeno successivamente:
Torquato Tasso (XVI secolo), Gerusalemme Liberata, LXXIV, 6: Que’ pochi, a cui la mente il vero alluma.
Matteo Maria Bandello (XVI secolo), LXXVIII, 12: Febo, ch’allumi il mondo, e questa mia. LXXXVI, 10: ch’alluma e scalda il mondo freddo e cieco. CXL, 10: e quando casca, e alluma il ciel la luna. CLXXIX, 32: non fanno il corso, n’alluman la notte. CLXXX, 9: non vuo’ ch’altrui splendor mai più m’allume? CLXXXII, 36: che potrebbe allumar l’oscuro inferno. CCXXXIII, 98: e tu (la tua mercé) gl’allum’ il core e 157: e tu (la tua mercé) gl’allum’ il core. CCXXXIX, 7: per allumar le tenebrose menti.
Non deve meravigliare in ‘ddumare il passaggio –l->-d-, fenomeno antico presente, per esempio, in sedano, che è dal greco σέλινον (leggi sèlinon) e, nella sequenza inversa (-d->-l-), in Ulisse, che è dal latino Ulìxes, a sua volta dal greco Ὀδυσσέυς (leggi Odiussèus) e in lacrima, che è dall’omonimo latino, a sua volta dal greco δάκρυμα (leggi dàcriuma). Aggiungo che per quanto riguarda sedano la l originaria è stata recuperata dal romanesco sèllero, dal sardo sèllere, dal ligure sello, dal lombardo selar, dall’emiliano e romagnolo serral/seler e , fuori d’Italia, dall’inglese celery e dal francese céleri. Non è finita: chi, a prima vista, direbbe che sedano e prezzemolo sono parenti non solo botanicamente ma anche etimologicamente? Tutto apparirà chiaro se si pensa che prezzemolo non è altro che la deformazione, attraverso un latino volgare *petrosèmolu(m), del classico petrosèlinu(m), a sua volta dal greco πετροσέλινον (leggi petrosèlinon), composto da πέτρα (leggi petra=pietra) e dal già citato σέλινον.
_______________
1 https://www.cnrtl.fr/etymologie/allumer
2 Da Giuseppe Isoldi, nome del proprietario, letterato del XVIII secolo. S’ignora la data del manoscritto che il Crescimbeni definisce bellissimo codice di carta in quarto assai antico contenente molti Poeti antichi, e da me chiamato il Codice Isoldiano (Istoria della volgar poesia, Antonio De Rossi, Roma, 1714, introduzione, s. p.)
3 Testo tratto dall’edizione Bulzoni, Roma, 1979.
4 Testo tratto da Guido Zaccagnini- Amos Parducci, Rimatori siculo-toscani del Dugento, Laterza, Bari, 1915. I versi appartengono alla canzone Avegna che partensa.
5 Canzone Madonna vi voglio, v. 25.
6 Canzone Amor che lungiamente m’ài menato, v. 40.
7 Canzone Ancor che l’aigua per lo foco lassi, v. 13.
8 Membrando ciò c’Amore, v. 60.
9 Canzone Come lo sol che tal’ altura passa, v. 2.
10 Canzone La mia amorosa mente, v. 54.
Buongiorno gente mia Buone feste 2020/2021, vi invio la mia poesia sulla Focara di Novoli con traduzione dove sono incluse le parole Dduma, La Vampa, Le Fasciddhre, Sant’Antonio Abate te lu fuecu e mpizzicamu spero vi piaccia.
Il Prof. Mauro Pecchenino scrive:.
Della Fòcara hanno scritto tanti media, tra i quali National Geographic, e ne parla anche Dante Alighieri in riferimento ad un fuoco che scalda e che colloca nelle alture del Pesarese e che ha nel rito di Novoli il suo ideale discendente.
un saluto da Torino Ersilio Teifreto
—————————————————————-
Novulum poesia – Fòcara te Sant’Antoniu te lu fuecu
Tuttu incigna
cu na sarmenta te igne
ca ddentane sarcine,
li cristiani se le passane
a spaddra, una subbra llaura
Eccuu…la Fòcara
cu na favilla se
dduma lu fuecu
ca face criscere
la vampa intra l’uecchi
Mpiccia lu fuecu…. ca sintimu
lu rusciu te la Fòcara
e lu ndore te la purvere te sparu
ca mannane la ntronatura te li fuechi
Uardamu all’aria le fasciddre ca olane
an cielu ammienzu le stiddre e la luna
Te mmaggini trueni e lampi,
eppuru li cristiani pe magia
ritene e ballanu
pe li Dei e li timoni
Li contadini preane Sant’Antoniu Abate tel lu fuecu
cu face scire meiu lannata prussima
Le vampe ne lassane
nu segnu intra ll’uecchi
e scarfane lu core
Mpizzicamu lu fuecu bbuenu te la
Fòcara
?TRADUZIONE- Novoli Fòcara di Sant’Antonio del fuoco
Tutto inizia
con una stele di vite
che diventano fascine,
le persone se le passano
sulle spalle, una sopra l’altra
Eccuu…la Fòcara
con una scintilla si
accende il fuoco
che fa crescere
la fiamma dentro gli occhi
Accendi il fuoco… che sentiamo
il rumore della Fòcara
e l’odore della polvere da sparo
che emanano i fuochi pirotecnici
Guardiamo in alto le scintille che
volano
in cielo verso le stelle e la luna
Immagini tuoni e lampi,
eppure le persone per magia
ridono e ballano
per gli Dei e i demoni
I contadini pregano Sant’Antonio Abate del fuoco
per fare andare meglio l’annata
prossima
Le fiamme ci lasciano
un segno negli occhi
e scaldano il cuore
Accendiamo il fuoco buono della
Fòcara.
Poesia Fòcara di Ersilio Teifreto con traduzione dedicata a mia moglie Pina Sorrenti, un pensiero
ai Devoti, un abbraccio ai costruttori della Fòcara/ Mpizzicamu lu fuecu bbuenu te la Fòcara —– Uardamu all’aria le fasciddre ca olane.
ottimo, ancora altri interventi così
Gentilissimo, complimenti per l’interessante articolo. Sono un archeologo, salentino, e spesso mi pongo quesiti circa alcune nostre parole dialettali,naturalmente lo faccio per sincera passione e non mi ritengo un linguista, nemmeno lontanamente. Non le nascondo che ddumare lo avevo fatto derivare da una radice diversa:un ad-dumare, in qualche modo un domare il fuoco compatibile con l’attività di accendere lo stesso. Che ne pensa? È estremamente improbabile? Cordialmente. Antonio Casarano
Buonasera Prof. Antonio, il Sig. Armando mi conosce : scrivo quello che ricordo es.. dduma la lauce, dduma lu fuecu, Appiccia lu fuecu, mpizzica lu fuecu te la Fòcara , segue mpicciare, appicciare, un saluto da Torino Ersilio classe 47