di Mirko Belfiore
Il nucleo originario dell’imponente struttura fu commissionato intorno al 1455 da Giovanni Antonio Orsini del Balzo, principe di Taranto, con un ordine perentorio, stringente, che imponeva ai francavillesi la continuazione delle mura concesse da Filippo d’Angiò, più un castello merlato da sostenere qualsiasi assedio.
L’Orsini si assicurò la proprietà di Francavilla tramite uno scambio di casali con la famiglia Dell’Antoglietta, titolari del feudo da più di un secolo, perché alla ricerca di un punto strategico fortificato lungo la via Appia fra le città di Taranto e Brindisi.
Secondo lo storico locale Piero Palumbo, la struttura: non doveva servire per dimora del feudatario ma come centro di difesa… e quindi: “fu costituito da una torre quadrata, robusta, severa e merlata con uno stanzone per alloggio dei soldati e un ampio fossato scavato tutt’intorno, valicabile a mezzo di un ponte levatoio. A questa prima fase costruttiva ne succedette un’altra, intercorsa durante la prima metà del XVI secolo, quando divenne feudatario di Francavilla l’umanista e poeta Giovanni Bernardino Bonifacio, il quale: volle allargare con altre due torri, con altri stanzoni e con un fossato più ampio perché ne fosse impedita l’entrata, consegnando al complesso quella pianta rettangolare che ancora oggi la contraddistingue”.
L’identificazione di queste fasi realizzative è stata resa possibile grazie ai recenti restauri (anni 2000) e a una nuova e più approfondita lettura degli elementi stilistici e strutturali, i quali hanno evidenziato i segni inequivocabili di una stratificazione architettonica costante fin dal primo Rinascimento.
Le due porzioni perimetrali risalenti alle antiche torri fortificate sono emerse in due aree distinte; la prima è sita nei locali del pianterreno, lato levante, dove si può osservare una muraglia massiccia con pietre squadrate e profili a scarpata mentre la seconda si trova a ponente del secondo piano ed è contraddistinta da un bugnato tufaceo e una decorazione a beccatelli.
Da ciò possiamo dedurre l’imponenza dei torrioni difensivi inseriti ai lati della struttura originaria e in seguito incorporati nei rifacimenti sei-settecenteschi. Se a tutto ciò, infine, uniamo la planimetria a forma rettangolare, i basamenti a scarpata dei perimetri esterni e il grande fossato, possiamo concludere che siamo di fronte a caratteristiche che rimandano inequivocabilmente alle tipologie militari di molti dei castelli del Regno di Napoli realizzati fra il XV e il XVI secolo, uno fra tutti, Castel dell’Ovo.
Dopo alcuni anni di quiescenza, il punto di svolta nella storia dell’edificio si ebbe verso la fine del XVI secolo, quando la borgata di Francavilla fu scelta come residenza feudale da Michele I, membro della famiglia di origine genovese degli Imperiale e figlio di Davide I, suo padre e primo feudatario, il quale acquistò il feudo in Terra d’Otranto l’otto marzo del 1575, senza mai risiedervi.
Michele giunse da Genova nel 1593 accompagnato dalla moglie Maddalena Spinola e dai numerosi figli e secondo il Palumbo, dopo essersi insediato nella fortezza: arredò una splendida abitazione nel Castello, con armigeri, cortigiani ed amici. Suo nipote Michele II, divenuto Principe di Francavilla nel 1639, rimodernò e ampliò ulteriormente una parte del complesso per destinarla a propria abitazione, iniziando così a porre le prime sostanziose modifiche.
L’architettura dell’antico castello conserverà il suo aspetto fortificato fin quando Michele III Senior non decise di trasformarlo in una vera e propria residenza nobiliare, a cavallo dei secoli XVII e XVIII. A testimonianza di questa radicale trasformazione è l’incisione posta sul frontone di una delle porte del primo piano nobile, posta sul lato est del ballatoio: MICHEL IMPERIALIS ANDREA ET PELINAE FILIUS / INSTAURAVIT AUXIT ET ORNAVIT, iscrizione che mette in connessione gli interventi dello stesso con l’antenato Michele II.
Questi ultimi lavori di rinnovamento sottolineano inequivocabilmente quella ricerca ostentativa che coinvolse molte delle casate nobiliari presenti del Regno di Napoli, le quali nei loro possedimenti si prodigarono per sostituire la vecchia immagine guerriera con una che potesse testimoniare la magnificenza e la forza economica raggiunta, resa in primis tramite l’edificazione di residenze di lusso che potessero gareggiare con quelle della capitale partenopea. Ancora molte, però, sono le difficoltà che si riscontrano nelle attribuzioni di queste ristrutturazioni, sia per la fase progettuale che per quella realizzativa.
Il Palumbo, nel suo libro, afferma senza particolare precisione che il progetto sia potuto giungere dall’ambiente romano. La storiografia più recente invece, propende per una progettazione ideata in toto dall’architetto di origine leccese Mauro Manieri, molto attivo nelle commissioni architettoniche dalla famiglia Imperiale.
Probabilmente la verità sta nel mezzo. Confrontando alcuni disegni di Filippo Barigioni, artista riferimento per il Cardinale Giuseppe Renato Imperiale, membro illustre della famiglia a Roma, con alcune sue opere architettoniche tutt’ora esistenti, gli studiosi Regina Poso e Giacinto Urso hanno pensato allo stesso come progettista almeno per alcuni elementi quali: “la pianta quadrata, il portale racchiuso tra due colonne e il balcone che sovrasta il portale, sottolineando di come in altre sezioni come il vano scale, la sagomatura a orecchio delle porte e il balcone in ferro sovrastante il portale posto sul lato settentrionale, si possano riscontrare i segni concreti dell’operato del Manieri”.
Merveilleus
Grazie mille