A Maggior Gloria di Dio. I Fratelli Antonio e Angelo Stefanizzi: da Radio Vaticana allo Sri Lanka, a cura di Paolo Vincenti
Prefazione di Mario Spedicato
In questi ultimi anni la ricerca storica ha focalizzato l’attenzione sul ruolo esercitato da non pochi salentini nel settore della scienza, delle arti e dello sviluppo economico-sociale. Sono stati disseppelliti uomini di grande e indiscutibile valore culturale di cui si era persa la memoria, caduti nell’oblio per una colpevole distrazione. Sono emersi via via dalla polvere degli archivi personaggi cui il Salento dovrebbe essere fiero di aver dato i natali, ma che per ragioni oscure sono stati a lungo relegati nel dimenticatoio. La sorpresa più grande è stata quella di scoprire che un numero sempre crescente di queste straordinarie figure si sono formate nella Compagnia di Gesù. Hanno scelto di abbracciare la religione di S. Ignazio di Loyola e di servire la Chiesa in ogni parte del mondo, gesuiti che in modo particolare hanno svolto la loro missione evangelizzatrice lontani dal Salento, ma del Salento sono rimasti fulgida espressione. Riposizionando la ricerca storica su questo terreno, ancora scarsamente esplorato, si è potuto ricostruire il contributo da loro fornito all’elevazione spirituale dei popoli e, conseguentemente, verificare a largo spettro quanto noi uomini contemporanei siamo debitori alla missione svolta nelle diverse epoche in cui è emerso il loro protagonismo.
Siamo ancora all’inizio di un lavoro che richiederà anni per censire tutti i gesuiti salentini che meritano l’attenzione storiografica finora negata. Qualcosa però è stata fatta e ci pare opportuno segnalare lo sforzo che chi scrive ha prodotto in questo ancora lungo percorso di ricerca. Abbiamo iniziato con l’emersione di due gesuiti che sono saliti agli onori degli altari, Francesco de Geronimo di Grottaglie e il salentino di adozione Bernardino Realino, poi recuperato un gesuita di San Cesario di Lecce, Adriano Formoso, missionario in Sud America nel ‘600, rivalutato un altro gesuita missionario di Martina Franca, Michele Salpa, fondatore nel 1610 dell’Università degli Studi di Vilnius in Lituania, e, per ultimo, riscoperto un gesuita di Ruffano, Sabatino de Ursis, missionario e scienziato nella Cina dei Ming[1].
Ora questo quadro storiografico si arricchisce del lavoro di Paolo Vincenti sui due gesuiti Stefanizzi, interessanti figure del recente passato che danno lustro alla città di Matino, centro che ha dato loro i natali. Una meritevole iniziativa, patrocinata dall’Associazione Autori Matinesi, che va oltre modo apprezzata. L’urgenza del momento, l’empito delle emozioni o il vincolo di affetto personale non sono i migliori alleati dello storico, perché possono fare velo a quella lucidità che sempre chi si occupa di ricerca storica deve mantenere, insieme al rigore dell’analisi documentaria, per consegnare ai lettori e alla comunità degli studiosi un prodotto scientificamente irreprensibile. Tuttavia il curatore dell’opera non corre nessuno dei rischi sopra richiamati in quanto né l’amicizia personale, né alcun debito di affetto e di riconoscenza lo legano ai personaggi trattati nel libro e nemmeno ragioni di sterile campanilismo. Il suo non è da considerare un lavoro agiografico, quindi, ma una ricerca nata da un interesse erudito nei confronti dei due padri protagonisti del volume che, uniti dalla comune appartenenza all’ordine religioso dei gesuiti, si segnalano alla nostra attenzione per meriti indiscutibili, sia pure in ambiti diversi. Padre Antonio Stefanizzi, scomparso nel 2020 all’età di 102 anni, è stato un esperto di tecnica radiofonica tanto che ha ricoperto per molti anni l’incarico di Direttore di Radio Vaticana, l’emittente dello Stato Pontificio. Questo incarico lo ha portato a collaborare strettamente con molti Papi e a partecipare ad importanti convegni ed incontri di studio non solo in Italia ma in tutto il mondo. Proficua la sua esperienza americana, avendo egli studiato alla Fordham University di New York, dove ha potuto collaborare con il premio Nobel Victor Franz Hess, lo scopritore dei raggi cosmici. Professore di matematica e fisica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, è stato autore di molti interventi, soprattutto sulla rivista “La Civiltà cattolica”, sui temi a lui più congeniali. La formazione scientifica di padre Stefanizzi ben si inquadra in un ordine quale quello dei gesuiti notoriamente aperto alla scienza e alla tecnica fin dai suoi esordi. E in questo senso, gli autori del profilo bio-bibliografico, Francesco Frisullo e Paolo Vincenti, ben sottolineano la continuità di padre Stefanizzi con tantissimi illustri gesuiti scienziati del passato ai quali dedicano un apposito capitolo. Allo stesso modo, prendendo spunto dall’esperienza americana e dal prestigio di cui godeva come studioso padre Stefanizzi nel Nuovo Continente, gli autori offrono un altro saggio in cui elencano una serie di gesuiti missionari negli Stati Uniti, fra Ottocento e Novecento, con figure quali quelle di Vincenzo e Vito Carrozzini, Alessandro Leone, i due fratelli Salvatore e Carlo Personè, Eugenio Vetromile, ed altri, fornendo alcune interessanti notizie del tutto inedite. Padre Antonio ha vissuto da protagonista l’esperienza del Concilio Vaticano II, ed anche dopo la fine del suo impegno a Radio Vaticana, ha continuato a servire la Santa Sede come consulente del “Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali”, ed è stato fra l’altro, uno dei fondatori del Centro televisivo vaticano.
Non meno interessante si presenta la parabola umana di padre Angelo Stefanizzi, missionario per moltissimi anni in Sri Lanka. Egli parlava correntemente tre lingue: inglese, singalese e tamulico. Si dedicò all’assistenza della povera gente, in particolare dei lavoratori nelle piantagioni di the a Tamil, e all’assistenza dell’infanzia abbandonata e delle ragazze disagiate, oltre che alla tutela del lavoro, promuovendo nel territorio la formazione professionale per i giovani e avviando preziose esperienze di scuola-lavoro. Si ascrive a suo grande merito quello di avere lavorato alla pacificazione dello Sri Lanka, insanguinato per molti anni da una fratricida guerra civile e aver messo in comunicazione anche le diverse fedi religiose presenti sul territorio, cosa che gli valse l’appellativo di “Padre Gandhi” con cui era conosciuto. Padre Angelo si pone in continuità con altre figure di gesuiti missionari nell’estremo Oriente, molte delle quali segnalate da Francesco Frisullo e Paolo Vincenti in un altro capitolo del libro. In particolare, gli autori si soffermano sulle figure di missionari pugliesi e salentini come Vincenzo Antoglietta, Francesco Riccio, Giuseppe di Mesagne, Giovanni Andrea Lubelli, Giovanni Giuseppe Costa, ecc. Degna di nota, ci è parsa, all’interno di questo contesto, l’attenzione riservata ad altri due gesuiti matinesi, padre Giuseppe Angelè e padre Cosimo Guida, precursori di padre Angelo nella missione in Sri Lanka, dei quali si ricostruiscono le vicende biografiche con notizie inedite. E un utile excursus è quello che dedicano alla storia dell’isola dello Sri Lanka e della missione che ha accolto lo stesso padre Angelo.
Il volume è ulteriormente arricchito da un saggio di Livio Ruggiero sugli esperimenti scientifici dei gesuiti sull’elettricità a Lecce. Nel 1859 infatti il gesuita Nicola Miozzi accese a Lecce una lampada ad arco in occasione della visita del Re Ferdinando II. Il Miozzi aveva già effettuato un esperimento nel 1852 e queste sue dimostrazioni sono state forse tra le prime del genere in Italia. P. Miozzi insegnava fisica nel Collegio S. Giuseppe di Lecce e stimolò un grande interesse per l’elettricità in Giuseppe Candido, un giovane seminarista che si dedicò con grande passione alla costruzione di apparecchi elettrici per la sua casa, tanto da potersi considerare un precursore della domotica[2]. Per alimentare i suoi apparecchi Candido ideò la pila a diaframma regolatore, che ottenne una menzione onorevole all’Esposizione Universale di Parigi del 1867 e dal 1868 al 1874 costruì una rete di quattro orologi da torre sincronizzati elettricamente, un primato per la città. Nel 1898 Lecce realizzò un altro primato con il tram elettrico fino a S. Cataldo, che con i suoi 12 chilometri era la più lunga linea a trazione elettrica d’Italia[3]. Anche la figura dei due religiosi scienziati si pone in stretta continuità con quella di padre Antonio Stefanizzi, che ha coniugato per tutta la vita il formidabile binomio scienza e fede, sul quale ci offre una approfondita riflessione Maria Antonietta Bondanese nel saggio inserito nel volume, che vale la pena riprendere nelle sue linee essenziali per dare sostanza anche ai problemi, non trascurati e storicamente elaborati, dalla stessa Compagnia di Gesù[4].
Il Discorso sulla dignità dell’uomo di Giovanni Pico della Mirandola è il “manifesto” di un Umanesimo che valorizza l’individuo nelle sue capacità razionali senza però negarne l’intima tensione al divino. Ma la modernità, privilegiando una ragione strumentale, lascia insoluti gli enigmi dell’esistenza. Uno strumento, il cannocchiale, disincanta il mondo, infrange il thaumazein e distoglie la riflessione dal “perché” una cosa è, sulla questione del “come” essa è. Esclusa la contemplazione dal suo orizzonte, l’homo faber, che “tanto può quanto sa”, assoggettava il mondo mediante la tecnica, sospeso tra due estremi, il sogno di “addomesticare” la natura, anche la propria, e la desertificazione esistenziale della mancanza di significati. Oggi, la portata, gli obiettivi e le conseguenze della tecnologia sono così inediti da imporre una nuova dimensione della responsabilità, non più circoscritta al singolo individuo ma estesa all’agire collettivo. Occorre allora riconoscere che esistono diversi livelli del sapere, fra i quali stabilire integrazione e differenze. Cade, in particolare, questo l’assunto del saggio, l’idea della irrilevanza reciproca tra scienza e fede, esito di un’antropologia sdivinizzata che intendeva congedare il soprannaturale. Su questo versante è opportuno tenere aperta la riflessione e il confronto all’interno del mondo dei saperi umani. Questo ci viene suggerito dai due Stefanizzi, la cui densa biografia non potrà essere esaurita, per ovvie ragioni, dall’ottimo lavoro di Paolo Vincenti.
Note
[1] Per il De Geronimo si rinvia a Mario Spedicato (a cura di), Nelle Indie di quaggiù. S. Francesco de Geronimo e i processi di evangelizzazione nel Mezzogiorno moderno, Atti del Convegno di Studio, Grottaglie, 6-7 maggio 2005, Galatina, EdiPan, 2006; sul Realino si veda Luisa Cosi- Mario Spedicato (a cura di), Defensor Civitatis Modernità di padre Bernardino Realino Magistrato, Gesuita e Santo. Atti del Convegno Internazionale di Studi a quattrocento anni dalla morte (1616-2016) Lecce 13-15 ottobre 2016, Società Storia Patria Sezione di Lecce, Lecce, Grifo Editore, 2017; sul Formoso: Antonio Fernando Guida, Adriano Formoso da San Cesario di Lecce 1601-1649. Un gesuita salentino nelle Missioni del Sudamerica, Società di Storia Patria Puglia, Sezione di Lecce, Trepuzzi, Maffei Editore, 2015; sul Salpa si attende la celebrazione del convegno di Vilnius per la pubblicazione degli Atti; su de Ursis si rinvia alla recente monografia di Francesco Frisullo e Paolo Vincenti, L’apostolato scientifico dei gesuiti nella Cina dei Ming. Il missionario salentino Sabatino de Ursis, Società di Storia Patria Puglia Sezione di Lecce, Castiglione, Giorgiani Editore, 2020.
[2] Si veda, al riguardo, Livio Ruggiero- Mario Spedicato, Giuseppe Candido tra pastorale e scienza,Società di Storia Patria Puglia Sezione di Lecce, Galatina, EdiPan, 2007.
[3] Cfr. Carmelo Pasimeni, Il Tram del Mare. La tramvia elettrica Lecce-San Cataldo, Lecce, Conte Editore, 1998.
[4] Sul tema all’interno della Compagnia di Gesù vi è una solida tradizione storiografica ben documentata da Ugo Baldini, «Legem impone subactis». Studi su filosofia e scienza dei Gesuiti in Italia 1540-1632, Roma, Bulzoni, 1992; Idem, Saggi sulla cultura della Compagnia di Gesù (secoli XVI-XVIII), Padova, CLEUP,2000.