di Armando Polito
* Sarò contento quando finirai di perdere tempo in sciocchezze e andrai a comprarmi le crocchette, che sono quasi finite.
Correva l’anno 2000 ed il sottoscritto, ad un anno dalla pensione, non aveva perso l’atavico vizio di infarcire le sue lezioni, oltre che di riferimenti all’attualità, con le etimologie, pure di voci salentine, così come i miei allievi quello di dirottare con scaltrezza le incombenti interrogazioni verso due percorsi certamente più attraenti , soprattutto l’attualità …, della grammatica più o meno fine a se stessa, con quesiti posti da loro.
Siccome, poi, non ero (e tanto meno sono diventato) un Rohlfs, non sono mancati nella circostanza i casi in cui ho dovuto confessare la mia impotenza a dare una risposta scientificamente valida o a formulare ipotesi di una qualche attendibilità, chiedendo tempo per riflettere e/o documentarmi, rinviando la risposta al giorno dopo.
Così, in un giorno del bimillennio della nostra era, Luigi Scarlino1, mi chiese se mùsciu non fosse da interpretarsi come macchina per topi (testuali parole), con derivazione dal latino mus (genitivo muris), che significa, appunto, topo. e che è trascrizione del greco μῦς (stesso significato). L’ipotesi appariva suggestiva e semanticamente accettabile, ma restava da spiegare la parte terminale che, nel caso la proposta di Luigi fosse stata valida, avrebbe dovuto avere un valore strumentale, che di solito nel dialetto salentino è affidato ad un suffisso aggettivale2. Inoltre dal punto di vista fonetico l’esito -sci-, che nel dialetto salentino è figlio di un originario –iz- (latino baptizo/italiano battezzo/salentino attìsciu o -ps- (latino capsa/italiano cassa/salentino càscia) o –str– (latino fenestra/italiano finestra/salentino finèscia) o -ste- (latino mùsteum/italiano moscio/salentino mòsciu), faceva supporre iniziali quanto incongruenti (nel senso che non solo non c’era corrispondente italiano ma nulla pure potevano dire dal punto di vista etimologico) *mùizu/*mussu/*mustru.
Nemmeno i derivati italiani di mus (lasciando volutamente da parte quelli, tutti dell’ambito scientifico e, in particolare medico, inizianti per mio-), aggiunsi,sarebbero potuti venire in soccorso. E, dopo aver ricordato che l’inglese mouse (nel significato originario dell’animale e in quello metaforicamente derivato dell’accessorio del pc) non era altro che il latino mus, citai l’unico che al momento mi venne in mente: muscolo, dal latino musculu(m), diminutivo di mus (alla lettera piccolo topo, per i movimenti guizzanti).
Prima di passare ad altro (ma poi il suono della campanella, tanto per cambiare, non me lo consentì …) più consono al programma ministeriale …, mi balenò micio e, sapendo che è voce infantile onomatopeica, ipotizzai che pure mùsciu lo fosse, quasi una sua variante fonetica.
All’epoca la scuola, pur avendo un’aula informatizzata, che noi puntualmente frequentavamo per la realizzazione di un cd (!) su Nardò, non era connessa ad internet e nemmeno io a casa, pur usando il pc, potevo fruire di quel formidabile strumento. Perciò quel giorno, rientrato da scuola, mi abbandonai ad un gesto rituale, cioè mi precipitai a capofitto sul dizionario del Rohlfs: ebbi così il conforto della conferma dell’origine onomatopeica, e, nel riferire l’esito alla classe il giorno dopo, un pizzico di modestia mi spinse a non pavoneggiarmi troppo …
La parentesi di mùsciu terminò con l’assicurazione da parte di Luigi, su mia esplicita domanda, che la sua ipotesi non era stata indotta da lettura alcuna, nemmeno occasionale. L’accertamento era necessario pèrché qualche settimana prima in combutta con un altro allievo, Antonio dell’Anna, aveva tentato di mettere alla prova le mie capacità filologiche esibendo un documento in latino, a suo dire antico, un frammento di foglio contenente quattro righe. Di antico, ma neppure tanto, quel foglietto aveva solo la carta, perché il testo era infarcito di tanti errori grammaticali (faccio presente che già nel 2000 la traduzione dall’italiano in latino non era più prevista, mentre oggi, lasciamo perdere…) che in un attimo compresi chi ne erano stati gli autori. Gradii lo scherzo, procedemmo, tra le risate via via scemanti, alla correzione del testo e l’unico rammarico che espressi fu per il libro che, per mettermi alla prova, era stato mutilato …
Oggi, a distanza di venti anni, l’esperienza maturata nella ricerca delle fonti e l’aiuto della rete mi consentono di far rivivere provvisoriamente, prima dell’archiviazione definitiva, l’ipotesi di Luigi.
Intanto integro preliminarmente la citazione dei derivati italiani di mus con l’aggiunta a muscolo di migale (o toporagno), dal latino tardo mygale(m), trascrizione del greco μυγαλῆ (leggi miugalè), composto da μῦς (leggi miùs)=topo+γαλέη (leggi galèe)=donnola . L’integrazione non comporta progressi o cambiamenti rispetto a quanto provvisoriamente a suo tempo definito in classe.
Passo poi dal dizionario italiano al Glossarium mediae et infimae Latinitatis del Du Cange, dove trovo registrato un MUSCULUS, il cui lemma riproduco in formato immagine con la mia traduzione a fronte.
A MUSCLUS 1.
A CATUS 2
Scopro poi che il MUSCULUS del tardo latino sopravvisse nell’italiano moscolo o muscolo, attestato nel Vocabolario della Crusca (seconda edizione, 1863; trascrivo il testo perché l’immagine non è molto chiara).
La parte finale delle definizione lascia sconcertati, tanto più che muscolo oggi è anche il nome comune dei molluschi della famiglia dei Mitilidi, specialmente delle cozze. Ad ogni buon conto ecco come la macchina è rappresentata in una tavola a corredo del volume di Giusto Lipsio3 Poliorceticon sive De machinis, tormentis, telis libri quinque uscito per i tipi dell’Officina plantiniana, presso la vedova e Giovanni Moreto ad Anversa nel 1596. Essa sintetizza graficamente quanto trattato subito prima nelle pp. 49-57. La figura A rappresenta il muscolo secondo la descrizione di Cesare (Musculus Caesaris=Il muscolo di Cesare), la B (Musculus vulgi, falsus=Il muscolo del volgo, falso) secondo quella, contestata dal Lipsio, di alcuni autori di meccanica o cose militari, ingannati dalla definizione che Isidoro di Siviglia (VI-VI secolo) aveva dato del muscolo4 , nella quale l’immagine del coniglio li aveva spinti ad immaginare che la macchina bellica avesse anteriormente un rostro acuto per perforare il muro e non scavarne le fondamenta. E il Lipsio conclude: Credo in verità che è chiamato muscolo poiché a mo’ di quell’animaletto [il topo] scavavano sotto di esso la terra oppure perché i soldati, come topi, si accostavano sotto di esso cavo.
Mentre mi chiedo se la manovella che si vede all’opposto del rostro avesse la funzione di aggiungere alla percussione anche la rotazione, se non fossi più che sicuro della sincerità di Luigi (e della quasi impossibilità all’epoca, del reperimento delle fonti in tempi che non fossero biblicamente lunghi), sospetterei (dopo 20 anni, bel risultato!) che proprio la figura B e la lettura di CATUS 2 gli abbiano ispirato a suo tempo la metafora del gatto macchina contro i topi.
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1 Son riuscito a … beccarlo, con la speranza che si faccia vivo in https://www.facebook.com/SeminarioMilano/photos/a.1158761847502454/3329254307119853/?type=3&theater
2 Vedi , per esempio, ‘mbruffarola in https://www.fondazioneterradotranto.it/2015/05/28/la-mbruffalora-linnaffiatoio/ e strattarola in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/03/06/sscercule/
3 1547-1706, filosofo, umanista e filologo fiammingo.
4 Etymologiae, XVIII, 11, 4: Musculus cuniculo similis fit, quo murus perfoditur, ex quo et appellatus, quasi murusculus (Il muscolo è simile ad un coniglio , dal quale il muro viene scavato, dal quale pure è chiamato, quasi piccolo muro). Secondo Isidoro, dunque, musculus trarrebbe il nome da murusculus, diminutivo di murus. Va detto che murusculus è attestato solo in Isidoro, anche se la sua formazione ricalca quella di flosculus (da flos=fiore)=fiorellino e dello stesso musculus (da mus).
5 Poliorceticon, op. cit., p. 50.
“VENT’ANNI DOPO”: CHE “MUSCOLO”!
A OMAGGIO DEL LAVORO DEL PROF. ARMANDO POLITO E DEL DESIDERIO DI SAPERE DEL SUO ALUNNO LUIGI SCARLINO (Nardò, anno scolastico 2000), a ulteriore integrazione delle informazioni acquisite, mi permetto di segnalare – nell’odierna “aula” di “una scuola grande come il mondo(Gianni Rodari,2020: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5143) – la presenza in wikipedia della “voce”: “Muscolo (arma)” (https://it.wikipedia.org/wiki/Muscolo_(arma)).
Federico La Sala
Grazie come sempre. Hai pensato alla voce di richiamo del gatto, come per avvertirlo che c’è in giro un “mus… mus”? o pura fantasia?
A parte Nerino, quello della vignetta …, che conosce il latino (ho fatto pure la rima) meglio di me, non credo che per uno normale fosse semplice associare in tempi brevi quel suono con il suo significato. Oltretutto una voce di richiamo è quasi sempre di origine onomatopeica e popolare e in particolare questa non credo possa aver avuto un’origine così dotta.
VENT’ANNI DOPO! L’alunno (il “topo”) ha battuto a duello il prof. (il “gatto”) e il vecchio “moschettiere” ancora non riesce a capire…*
UNA “STORIA” DA “TOM § JERRY”(https://it.wikipedia.org/wiki/Tom_%26_Jerry)!SE SI PENSA PER UN SECONDO CHE, IERI COME OGGI, DI “MACCHINE CONTRO I TOPI” (https://www.amazon.it/Navaris-Trappola-Topi-Piccoli-roditori/dp/B07CY5B7B4/ref=sr_1_12?dchild=1&hvadid=79920783634086&hvbmt=be&hvdev=c&hvqmt=e&keywords=trappole+per+topi&qid=1596989764&sr=8-12&tag=amamitsp-21)SE NE COSTRUISCONO E SE NE VENDONO DI TUTTI I “COLORI” e, ancora, che non solo nella tradizione salentina la parola “micio” (“micia”, “miscia” o “muscia”) vale “gatto” o “gatta” (cfr. Qual è l’origine della parola “micio”?: https://www.purina-one.it/gatto/consigli/linguaggio/origine-della-parola-micio) e che, ancora oggi, r-esistono brevi filastrocche come questa: “Micia micella,/gatta, gattella,/che t’è arrubbato?/‘O pane e ‘o caso/Frusta llà, frusta llà”(cfr. STROPPOLE E FILASTROCCHE NAPULITANE: http://www.mondosigi.com/2016/07/stroppole-e-filastrocche-napulitane_30.html), doveva essere tanto difficile per un alunno di vivace intelligenza cogliere il legame tra il gatto, la trappola (la “macchina”) contro i topi, e la furbesca “gattaggine” del “vecchio” prof.?!
* PER CHI HA UN GATTO (“[…] Nerino, quello della vignetta …, che conosce il latino”) evidentemente non ha bisogno di una “macchina contro i topi” e non può pensare nemmeno che ne possa esistere una! Per lui “la metafora del gatto macchina contro i topi” è impensabile! O no?!
Federico La Sala
Dopo i topi ci mancavano pure le mosche … Divagazioni più o meno esilaranti a parte, il “moschettiere” non pretende di avere l’ultima parola, ma fa solo presente che l’indagine sull’etimo di una parola non può prescindere da due fattori fondamentali: la congruenza semantica e quella fonetica. Se nel nostro caso la prima appare plausibile, la seconda è totalmente assente, come mi accingo a dimostrare. II quarto link segnalato, per esempio, mi porta al blog della PURINA One, nota azienda produttrice di alimenti per gatti, che per la compilazione del testo non credo proprio si sia avvalsa della collaborazione dei migliori linguisti, anche se apprezzo espressioni tipo “potrebbe portare direttamente dal cacciatore alla preda, ovvero dal micio al topo” o ” si tratta evidentemente di una delle tante curiosità sul gatto ancora tutte da sviscerare”. Strumentale mi appare, invece, lo spazio dato alla “teoria più gettonata” e avrei gradito che fosse stato citato almeno il nome di uno studioso, al quale avrei chiesto, dopo avergli ricordato quanto detto a proposito dell’esito -sci-, come spiega la parte finale di queste voci. Anche se dovesse essere rimesso in campo il “mùsculu(m)”, pur immaginando per sincope un intermedio *musclu(m)”, mi sarei aspettato “mùschiu” e non “mùsciu” come “maschio” e non “mascio” è da “màsclum”, forma sincopata di “màsculum”, a sua volta da “mas”, il cui genitivo è “maris”, proprio come, guarda caso, “muris” è il genitivo di “mus”. Caro Federico, sono sicuro che non considererai permalosa la mia risposta al tuo commento, del quale, come sempre, ti ringrazio, non fosse altro che per il fatto di aver chiarito, almeno spero, la debolezza, secondo me, di “mùsciu” da “mus”.
VENT’ANNI DOPO! NIHIL OBSTAT…
NON C’E’ NULLA DA DIRE: ONORE AI “MOSCHETTIERI”! RINNOVO i miei personali complimenti E PLAUDO sia alla creatività del “vecchio” alunno LUIGI SCARLINO sia alla professionalità del “giovane” prof. ARMANDO POLITO!
Buone vacanze – ad entrambi!
Federico La Sala
Allora, nonostante le virgolette di “vecchio” e “giovane”, mi arrendo: ubi maior, minor cessat. Buone vacanze anche a te!
LA MEMORIA,LA MADRE DELLE MUSE! IL “MoUSE” E L’EFFETTO “SCARLINO” …
UNA “LEZIONE” DI LUNGA DURATA: “[…] non posso non ricordare la proposta fatta in classe nell’ormai lontano 2000 dal mio allievo di V ginnasiale Luigi Scarlino: mùsciu è dal latino musculu(m) perché significherebbe macchina contro i topi. Proposta suggestiva, come sembreranno alcune di cotanto maestro …, anche alla luce del significato militare ricordato all’inizio. La proposta mi lasciò perplesso all’epoca […]” (cfr. Armando Polito, “Dal topo al mouse. E “mùsciu”?, Fondazione Terra d’Otranto, 07/01/2013: https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/01/07/dal-topo-al-mouse-e-musciu/).
OGGI, “a distanza di venti anni, l’esperienza maturata nella ricerca delle fonti e l’aiuto della rete”, finalmente, il prof. può rispondere alla “provocazione” dell’allievo Scarlino e ammettere la sua vittoria-sconfitta: “Son riuscito a … beccarlo, con la speranza che si faccia vivo” (cfr. sopra – Armando Polito, Dialetti salentini: “mùsciu”, Fondazione Terra d’Otranto, 06/08/2020, nota 1).
A QUESTO PUNTO, che dire?! Molti auguri e complimenti per il cammino fatto sia al prof. sia all’alunno e un “buon lavoro” – ad entrambi!
Federico La Sala
Ti ringrazio, sicuro d’interpretare anche il pensiero di Luigi.
Potrebbe anche avere affinità con l’albanese “mace” visto che il verbo greco significa gemere , lamentarsi e in albanese il suo è lo stesso