di Armando Polito
La seconda foto foto è di Vincenzo D’Aurelio, che qui pubblicamente ringrazio per avermi consentito di utilizzarla per scrivere questo post. L’ho trovata sul suo profilo facebook al link
https://www.facebook.com/photo?fbid=10216317774609541&set=a.1481069759265 e, come tutte le iscrizioni datate, essa ha subito suscitato il mio interesse. Riproduco il dettaglio che ci interessa, opportunamente ingrandito compatibilmente con una definizione che non ne comprometta la lettura.
NE JUPITER OMNIBUS PLACET A(NNO) D(OMINI) 1769
L’epigrafe, collocata in via Ospedale1, è datata 1769 ma il suo studio comporta un tuffo nel passato e l’incontro con Teognide, un poeta greco vissuto fra il VI e il V secolo a. C., che in Elegie, I, 24-26 così scrive:
Ἀστοῖσιν δ’ οὔπω πᾶσιν ἁδεῖν δύναμαι·/οὐδὲν θαυμαστόν, Πολυπαΐδη· οὐδὲ γὰρ ὁ Ζεύς/οὔθ’ ὕων πάντεσσ’ ἁνδάνει οὔτ’ ἀνέχων.
Traduzione: Non posso piacere a tutti i cittadini: nulla di strano, figlio di Polipao, neppure Zeus piace a tutti né quando fa piovere, né quando tiene lontana la pioggia.
Dal tempo di Teognide ci spostiamo ora a quello di Erasmo da Rotterdam (1467-1536) e precisamente all’anno 1508, quando Aldo Manuzio pubblicò a Venezia Adagiorum chiliades2 (di seguito il frontespizio ed il colophon) di colui che forse è più noto come autore dell’Elogio della follia (titolo originale Moriae3 encomium).
Riproduco da p. 157 il brano che ci riguarda.
Trascrivo e poi traduco per poter agevolare la comprensione del commento.
Ne Iupiter quidem omnibus placet.
Theognis in sententiis, Οὐδὲ γὰρ ὁ Ζεύς/οὔθ’ ὕων πάντεσσ’ ἁνδάνει οὔτ’ ἀνέχων. Neque Iuppiter ipse sive pluat seu non unicuique placet. Hodieque vulgo dicunt. Neminem inveniri, qui satisfaciat omnibus. Nam aliis alia probantur. Et tres mihi convivae prope dissentire videntur poscentes vario multum diversa palato. Cui simile est illud evangelicum, quod in operis initio retulimus, cum de paroemiae dignitate loqueremur: Ὑλήσαμεν ὑμῖν, καὶ οὐκ ὠρχήσασθε, ἐθρηνήσαμεν, καὶ οὐκ ἐκλαύσατε.
Traduzione: Neppure Giove piace a tutti
Teognide nelle sentenze: Infatti neppure Giove piace a tutti, sia che piova, sia che non. E oggi popolarmente si dice che non si trova nessuno che soddisfi tutti. Infatti uno approva una cosa, un altro un’altra. E a me sembrano non andare d’accordo tre commensali che chiedono cibi molto diversi per il differente gusto. E mi sembra simile a questo quel detto evangelico che ho riportato all’inizio dell’opera, parlando della dignità del proverbio: Cantammo per voi e non danzaste, ci lamentammo e non piangeste.
Appare evidente la derivazione della nostra epigrafe dalla traduzione che Erasmo a suo tempo fece del proverbio estratto da Teognide, con l’unica differenza dell’assenza in quella del QUIDEM presente in questa.
NE JUPITER OMNIBUS PLACET A(NNO) D(OMINI) 1769
NE IUPITER QUIDEM OMNIBUS PLACET
Tale assenza non è irrilevante, perché pone una serie di problemi, grammaticali e non.
L’avverbio nemmeno in latino si esprime con nequidem in tmesi, cioè tagliato nei suoi componenti [nec=e non e quidem=certamente], per cui, ad esempio, nemmeno un uomo in latino è ne homo quidem, vale a dire tra le due componenti risulta sempre inserito un altro termine; infatti correttamente in Erasmo Jupiter funge, per così dire, da inserto.
Nella nostra iscrizione, mancando quidem, che non può essere sottinteso, il ne dev’essere considerato a sè stante. E allora? Intanto in latino di ne ce ne sono diversi: un ne congiunzione con valore finale (=affinché) o dopo verbi che indicano preghiera, rifiuto, timore, condizione negativa, sempre col congiuntivo (nella nostra iscrizione placet è indicativo). Oltre al ne congiunzione, poi, esiste anche un ne con valore di avverbio col significato di davvero ma anche di forse, in entrambi i casi senza alcun rapporto con il precedente e nel secondo solo come enclitica (aggiunta in coda al verbo nelle proposizioni interrogative in cui la risposta è incerta). Nel primo, in cui il significato negativo non compare neppure parzialmente, è ipotizzabile che sia trascrizione del greco ναί (leggi nai)=certamente; nel secondo di μή (leggi me)=forse. Visto, come sì è detto, che placet è indicativo, il ne dell’iscrizione può avere solo valore avverbiale e, quindi, la traduzione sarà CERTAMENTE GIOVE PIACE A TUTTI. NELL’ANNO DEL SIGNORE 1769 (da escludersi, per quanto s’è detto prima a proposito del ne enclitico nelle interrogative, FORSE GIOVE PIACE A TUTTI. NELL’ANNO DEL SIGNORE 1769. In un caso o nell’altro essa sarebbe, comunque, semanticamente diversa (totalmente la prima, parzialmente la seconda) rispetto a quella di Erasmo. Quando le epigrafi anche moderne, seppur datate, come la nostra, sono delle citazioni, non ci sono molte varianti rispetto al testo originale e, se rimaneggiamento c’è, non è tale da cambiarne o solo renderne equivoco il significato.
Quando poi, come nel nostro caso compare quello che è a tutti gli effetti un errore di grammatica, si può ipotizzare che esso sia da imputare al committente (evento presumibilmente raro in una persona che, appartenendo certamente ad un censo elevato, non avrebbe avuto alcuna difficoltà, ammesso che non conoscesse il latino, a ricorrere all’aiuto di qualcuno competente) o allo scalpellino.
Eppure sarebbe bastato aggiungere a NE una C (le dimensioni dello spazio disponibile avrebbero giustificato l’omissione di QUIDEM ma quel fonema in più sarebbe potuto entrato comodamente4) e con NEC JUPITER OMNIBUS PLACET (Né Giove piace e a tutti) il significato prima teognideo e poi erasmiano sarebbe stato salvo.
Tuttavia, a parziale discolpa della nostra epigrafe, c’è da dire che quell’omissione assassina di QUIDEM non reca la sua paternità, stando a quanto leggo in L’Esposizione di Parigi illustrata, Sonzogno, Milano, 1878, v. I, p. 22: L’Olanda ha voluto che l’architettura della facciata della sua sezione ritraesse il carattere del suo popolo, che predilige la bellezza solida e seria. Ai Paesi Bassi toccò la sorte di aprire la sfilata imponente e grandiosa delle architetture di tutti i popoli della terra, e l’aperse colla facciata d’un piccolo monumento del Secolo XVI, dove il mattone e la pietra, ammirabilmente uniti, danno l’uno all’altro lustro e splendore. in questa costruzione sono stati impiegati più di 120 mila mattoni d’una piccolissima forma e le fasce che formano si alternano colle pietre bianche scolpite, offrendoci un aspetto veramente gradevole. E una vera casa: la casa di uno di quei ricchi ed eruditi borghesi d’Olanda che vivevano due o tre secoli fa, i quali amavano la simmetria, l’ordine, la squisita pulitezza soprattutto nelle abitazioni. Ha il tetto acuminato, nascosto in parte dal corpo mediano dell’edificio che va decorato di statue e di ornati. Presso alla casa sorge una torricella graziosa, dal cui culmine si spicca l’asta, sulla quale s’arrampica il leone, stemma del paese. E lo stemma si scorge pure sulla parte più elevata della facciata, al disopra del motto: Ne Jupiter omnibus placet.
Ho definito quasi incolpevole la magra figura perché il motto senza quidem lo esibisce, come si legge, un manufatto del XVI secolo, a dimostrazione che Erasmo veniva già allora citato piuttosto disinvoltamente. Chi, poi, ha in antipatia gli Olandesì dirà che gli organizzatori avrebbero fatto meglio a scegliere e ad esporre un altro manufatto …
Anche le opera a stampa non scherzarono di lì a poco: Georg Engelhard von Loeneiss, Aulico-politica, darin gehandelt wird 1, Remlingen,, 1622, p. 101:
Georg Engelhard von Loeneiss (1552-1622) fu uno scrittore ed editore tedesco (l’immagine che segue è un’incisione custodita nella Biblioteca Universitaria di Heidelberg).
Le sue pubblicazioni si distinguono per la ricchezza delle incisioni, ma la sua opera più famosa Bericht vom Bergwerk (Rapporto dalla miniera) del 1617 appare come un clamoroso plagio (un copia-incolla ante litteram da Lazzaro Ercker e da Giorgio Agricola), pur avendo ricoperto l’incarico di amministratore della miniera e della ferriera di Oberharzer. Con queste credenziali è tutt’altro che inverosimile (anche per un tedesco, ma come lui …) che abbia citato Erasmo a memoria mangiandosi il QUIDEM. Succede, purtroppo, che l’autorevolezza reale o presunta, quando non viene sottoposta a controllo, propizia il perpetuarsi dell’errore, come mostrano i dettagli tratti da pubblicazioni successive e di altri autori.
Jacob Dentzler, Clavis linguae Latinae, König, Basilea, 1709, p. 957:
Friedrich Wilhelm Breuninger, Johann Christian Neu , Fons Danubii, A spese degli autori, Tübingen, 1719, p. 2:
Joachim Ernst von Beust, Consiliarius in compendio, Mevio, Jahr, 1743, p. 196:
Georg Engelhard von Loeneiss, Hof-Staats und Regier-Kunst, s. n., Francoforte sul Meno, 1679:
La citazione risulta, invece, correttamente incisa in questo bicchiere della prima metà del XVIII secolo come motto (ingrandito nel dettaglio) della famiglia Van Hogendorp, il cui blasone è rappresentato nella parte superiore.
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1 Aiutandomi con Google Maps credevo di aver individuato come numero civico il 45 e tale data avevo riportato nel testo. Successivamente, grazie al commento di Andrea Cagnazzo, il 41 ha preso il posto del 45 e, ispirato dal commento di Francesco D’Agostino, ho aggiunto in testa una foto d’insieme. Infine, non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di aggiungere altri documenti emersi nelle ultime ore.
2 Alla lettera: Migliaia di proverbi. Già nel 1500 Jean Philippe a Parigi aveva pubblicato di Erasmo una silloge di proverbi latini col titolo di Adagiorum collectanea (Raccolta di proverbi) ma nell’opera del 1508 risultano inserite parecchie citazioni greche, con la sua traduzione in latino, fra cui quella che qui ci interessa.
3 Non attestato in latino, è creazione erasmiana, trascrizione del greco μωρία (leggi morìa).
4 A tal proposito JUPITER (variante del più ricorrente jUPPITER) da un lato obbedisce a questa esigenza di gestione dello spazio e dall’altro a quella di mantenersi fedele al modello erasmiano.
Bellissimo articolo, complimenti!
Quest’epigrafe si trova a casa mia, in via Ospedale n.41 e non 45.
Grazie
La ringrazio e le comunico che ho già provveduto a correggere e ad inserire delle integrazioni che, credo, gradirà.
https://goo.gl/maps/6Piitgv6ePVKL776A Finestra al primo piano, al di sopra del portone d’entrata del palazzo.
La ringrazio dell’indicazione, che mi ha consentito di aggiungere in testa un’immagine d’insieme, oltre alle integrazioni dell’ultim’ora in coda.