Del melanismo del Geco comune (o, in alcuni casi, del suo mimetismo al contrario)
di Sandro D’Alessandro
La possibilità di cambiare colore si accorda bene con le caratteristiche del Geco, che è un animale relativamente lento, corpulento a maturità ed inadatto a mantenere a lungo un incedere di una certa velocità.
La sua andatura a scatti lo rende un animale facilmente predabile da tutta una serie di organismi, per cui esso si avvantaggia non poco di una capacità come quella del mimetismo; il discorso è ovviamente analogo se lo si riferisce all’esigenza che il Geco ha di non essere scorto dalle sue potenziali prede. Per contro, in modo diametralmente opposto, il Geco “non teme” di apparire ben evidente, scurendo la sua colorazione nel corso dei suoi bagni di sole che lo rendono estremamente visibile.
In ciò si potrebbe forse ravvisare un mimetismo che lo affianca ad animali velenosi, come avviene ad es, per i falsi serpenti corallo, che, imitando la colorazione del temibile “cugino”; possono godere di una relativa tranquillità da parte dei predatori. Così, mentre animali inermi hanno tutti i vantaggi nel passare inosservati, altri animali in possesso di ben altre potenzialità offensive evidenziano anzi la loro presenza con una livrea più appariscente; una terza categoria di animali, pur non essendo dotata di mezzi offensivi, assomiglia a tali animali “pericolosi”. Allo stesso modo, il Geco melanico assume la somiglianza con un Anfibio, la Salamandra, che alcuni predatori evitano di predare in quanto provvista di tossine nella sua cute.
Come ben documentato nelle foto che fanno parte integrante del paragrafo che segue, il Geco ha quindi la possibilità di adattare il proprio colore a quello dell’ambiente in cui esso si trova. E, cosa ancora più notevole, esso lo fa in maniera pressoché immediata, adattandosi all’istante al colore del substrato sul quale è l’animaletto.
A ben considerare, esistono tutti i presupposti perché un animale come il Geco sia, fra tanti animali terrestri, uno di quelli in grado di trarre maggior vantaggio da una caratteristica del genere.
Il cambiamento di colore e quella strana funzionalità delle zampette dei Gechi (tutti)
Innanzitutto, è, insieme agli altri Gekkonidae, l’unico Vertebrato terrestre in grado di salire su superfici pressoché lisce. E mentre sale, su un muro o su un albero, il Geco è allo scoperto, pertanto è facilmente individuabile.
La possibilità di assumere una colorazione che lo renda poco appariscente o del tutto invisibile nel contesto ambientale in cui esso si trova ha pertanto un’importanza molto rilevante.
Esistono, è vero, altri Rettili che salgono sugli alberi, come ad es. alcuni Serpenti in misura maggiore o minore arboricoli, ma questi, oltre ad avere delle potenzialità offensive che il Geco non ha, hanno movimenti più fluidi, mentre il Geco, con i suoi movimenti a scatto, risulta ben più facilmente scorgibile. Poi, spesso, il Geco si ferma. Evitare di essere individuato è quindi per lui di fondamentale importanza.
La duplice funzione di predatore e preda: dai rifugi oscuri ai muri privi di riparo
Ancora, il Geco compartecipa della già ricordata duplice natura di animale “da tana” e di animale che vive allo scoperto, per quanto le sue attività si esplichino ben maggiormente allo scoperto: la tana assolve alle sue esigenze di protezione nei confronti di predatori o di riparo nei confronti degli estremi termici legati ad una eccessiva insolazione. Essendo spesso allo scoperto, e pertanto facilmente visibile, diventa pertanto ben opportuno per il nostro Geco potersi celare alla vista degli altri organismi ad esso correlati ecologicamente in qualche maniera (prede, competitori, predatori…).
Rispetto al “Cyrtodactylus”, altro Gekkonide “trasformista” a livello di colorazione, il Geco comune è un animale più tendenzialmente notturno, e nelle ore di piena insolazione tende spesso a rifugiarsi in zone al coperto o all’ombra; a differenza del primo, che è in grado di raggiungere buone velocità e di mantenerle per un certo periodo, esso è inoltre più goffo nei movimenti, con fughe si risolvono in scatti destinati a raggiungere mete poco lontane.
Allo stesso modo, la scarsa illuminazione del suo tipico periodo giornaliero di attività – che si protrae ad una fase crepuscolare o schiettamente notturna – fa sì che esso non abbia la necessità, come invece avviene in modo diametralmente opposto per il “Cyrtodactylus”, di inseguire le prede, né debba avere uno scatto bruciante: gli è sufficiente nascondersi, modificando l’aspetto del suo corpo e la sua colorazione[1].
Alla luce di queste diverse caratteristiche, va da sè che il metodo di caccia che meglio si adatta al Geco comune è la caccia “all’agguato”, tecnica predatoria in cui l’animaletto risulta sicuramente avvantaggiato dalla possibilità di sfruttare in qualche modo il fattore sorpresa.
E la possibilità di cambiare colore, conformandosi all’ambiente circostante, è di certo un elemento che va a favore dell’animale.
Non vanno trascurate, nelle considerazioni relative alla “coerenza” di una fisiologia come quella qui descritta per il Geco comune, le correlazioni con le sue dimensioni relative: il Geco è molto più grande degli Insetti, il che mal si adeguerebbe con un effetto “sorpresa”, ma la sua superficie bitorzoluta contribuisce forse a determinarne, di concerto con le proprietà mimetiche dell’animale, la scomposizione dell’immagine, che viene percepita probabilmente dagli ocelli[1] dell’entomofauna come una “montagna” inanimata e immobile.
Si potrebbe ipotizzare che la superficie corporea del Geco – superficie che, come le foto documentano, si caratterizza per molteplici protuberanze variamente colorate – possa sortire una specie di “effetto confusione” nell’Insetto che il Rettile si appresta a predare. Il fatto poi che tali protuberanze possano essere variamente colorate potrebbe indurre un maggior disordine nella percezione visiva dell’Insetto stesso.
La possibilità di mimetizzarsi da parte del Geco Comune è pertanto conforme con la loro possibilità di salire su superfici verticali prive di ripari e la cui “frequentazione” richieda quindi una qualche protezione per le più piccole creature che lo percorrono abitualmente. Si tratta di ambienti che, ancorché privi di “nascondigli” che non siano le varie colorazioni dovute a Muschi e Licheni, configurano come estremamente vantaggiose le possibilità da parte alcuni organismi ivi presenti di sfruttare tali formazioni vegetali come “riparo”. E l’unica di tali possibilità è quella di potersi mimetizzare con esso, meglio ancora se la creatura che lo fa abbia la possibilità di adattare, oltre che la colorazione del corpo, anche la forma del corpo stesso tramite la presenza delle già menzionate appendici, che si prestano in modo a volte sorprendente a ricalcare le asperità del territorio.
Nel caso di organismi necessariamente legati a substrati “terrestri”, al suolo o in prossimità di questo, in un ambiente in cui le differenti colorazioni sono determinate dalla presenza di vegetazione, pietre, anfratti, ecc., la possibilità di cambiare colore non è strettamente necessaria per nascondersi[2].
Le cose sono ovviamente diverse sulle superfici, spesso uniformi, di costoni rocciosi, muri, tronchi, ecc., di norma non offrono né rifugi né ripari per potersi occultare; se pure non appare determinante la possibilità di predare nel corso degli spostamenti su tali superfici (cosa che il Geco comune è comunque in grado di fare), è opportuno, o per lo meno vantaggioso, non rivelare in modo evidente la propria presenza nel corso dei tragitti allo scoperto. Ed il poter fruire di variazioni cromatiche può essere spesso risolutivo, al fine della mancata individuazione da parte della preda (e/o del predatore).
A conferma di quanto riferito sopra, si mette qui in evidenza che tutti gli organismi in grado di adattare il proprio colore assumendo le stesse tonalità dell’ambiente in cui vivono sono sempre in grado di spostarsi nelle tre direzioni dello spazio, o perché vivono in un ambiente acquatico (Sepia, Octopus, Solea, ecc.), o perché sono in grado di arrampicarsi su alberi o su superfici verticali (Chamaeleon, Gekkonidae spp., ecc.).
[1] Occhio semplice degli insetti e di altri artropodi, che consta di una lente e di uno strato cellulare sensibile (rètina); negli insetti sono tipicamente in numero di tre, situati nella regione dorsale del capo, fra gli occhi composti (http://www.treccani.it/vocabolario/ocello/)
[2] – questa possibilità non è tuttavia tale da ingenerare nell’animale un senso di protezione legata ad una illimitata fiducia nel proprio mimetismo: benché debitamente occultati dalla concordanza del proprio colore con i colori del substrato, a differenza dei ben più flemmatici Camaleonti, che confidano fino alla fine nel proprio mimetismo, i Gechi comuni sono prontissimi a fuggire ed a rifugiarsi in qualche buco del terreno o dei tronchi stessi.
Per la prima parte:
Nuove scoperte sullo straordinario mondo dei Gechi (prima parte)
Per la seconda parte:
Nuove scoperte sullo straordinario mondo dei Gechi (seconda parte)