di Mario Colomba
L’approvvigionamento dei materiali
La piazza principale del paese era fisicamente suddivisa in due parti a livello differenziato. la presenza di un piano sopraelevato di un gradino che raccordava la “colonna” con il Sedile, sede storica del Circolo cittadino, limitava la parte semideserta che era di esclusiva pertinenza del Circolo per il passeggio dei soci.
La zona più estesa, ma a quota inferiore, compresa tra l’ex Pretura e l’imbocco di via Duomo, era gremita di persone. vi stazionavano i fattori, i caporali e i numerosi braccianti agricoli alla ricerca di un ingaggio e per ricevere le disposizioni necessarie allo svolgimento delle lavorazioni da eseguire il giorno successivo.
l’area più ristretta, nei pressi dell’imbocco di Corso V. Emanuele II, costituiva il luogo d’incontro degli operatori delle altre attività produttive, degli artigiani, dei trasportatori, ed in genere dei fornitori di materiali da costruzione (conci di tufo, tufina, calce in zolle, acqua, ecc. ) In quel luogo, in un arco di tempo limitato a poche ore, venivano assegnati da parte dei maestri, gli ordinativi della fornitura, presso i vari cantieri, dei materiali necessari. Operazioni che, in caso di pioggia, si svolgevano nel locale del vicino bar.
Il trasporto
I conci prodotti venivano trasportati dalla cava fino al luogo di impiego a mezzo di carri (traìno) a due ruote, senza sponde, trainati da uno o, raramente, due cavalli (valenzino).
I conci venivano disposti sul pianale di carico del carro (littera) con modalità costante; generalmente tutto il pianale veniva ricoperto con due strati sovrapposti di conci. Il carico, compreso il peso del conducente (trainieri), veniva equilibrato rispetto all’asse delle ruote per non gravare eccessivamente sulla schiena dell’animale.
L’unità di misura del carico era il viaggio, che corrispondeva a 6 conci da 20 cm o a 4 conci da 30 cm di spessore.
L’andatura dei cavalli era al passo e, per questo, il materiale prevalentemente usato proveniva da luoghi distanti non più di 3-6 km. (una o due ore) dal luogo di impiego. Le cave di tufi erano ubicate nella zona di Torremozza, Tagliate, Corillo, Mondonuovo, ecc.
Un materiale di particolare pregio era la Carparina di Nardò– pietra di colore paglierino e di modesto peso specifico unito a notevole resistenza meccanica; veniva cavata solo da alcuni strati del banco di cava e solo in determinate località.
Anche per il notevole costo del trasporto, l’uso della pietra leccese proveniente dalle cave di Cursi o del carparo delle cave di Gallipoli-Alezio, era limitato a circostanze particolari imposte da motivi statici o decorativi ed alle lastre usate per le pavimentazioni solari (chianche).
Economia della produzione
La caratteristica principale era il riciclaggio di tutti i materiali di scarto: non si buttava niente.
Nel corso del processo costruttivo c’era sempre la possibilità di impiegare i materiali provvisoriamente scartati, tanto che, alla chiusura di un cantiere, spesso, si doveva sgomberare solo l’attrezzatura.
Tutto ciò dipendeva molto dalla diffusa sensibilità al risparmio che coinvolgeva tutti gli addetti, convinti della maggiore incidenza del costo dei materiali nell’economia generale, rispetto a quello della mano d’opera, relativamente a più buon mercato.
Per dare poi un’idea della sinergia che doveva esistere tra il muratore che metteva in opera i conci e lo squadratore che li preparava, cito ad esempio un particolare:
Il muratore, nel mettere in opera i conci di un filare, stendeva preliminarmente con la cazzuola uno strato di malta; tale strato, di spessore longitudinalmente costante, aveva trasversalmente, (per la conformazione della cazzuola con cui inevitabilmente si esercitava una maggiore pressione con la punta che assottigliava di più la malta stesa) uno spessore maggiore sul lato interno rispetto alla posizione del muratore.
Per evitare il fuori piombo della faccia del concio determinato dalla disuniformità trasversale dello strato di malta, era opportuno che la superficie dell’assetto del concio venisse tagliata leggermente “sottosquadro” di qualche millimetro, corrispondente al maggiore spessore della malta che risultava stesa verso l’interno.
Questo accorgimento era importante perché evitava al muratore la produzione di sforzi supplementari necessari per risollevare il concio già “assettato” tutte le volte che era obbligato a ridurre lo spessore eccessivo della malta sul bordo interno dell’assetto, velocizzando contemporaneamente la posa in opera del concio e quindi migliorando la produttività. In effetti, tutte le “astuzie” che venivano adoperate tendevano ad un unico superiore scopo: realizzare manufatti il più possibile perfetti, anche perché la perfezione pagava. Per esempio, la regola di realizzare corsi di muratura senza ondeggiamenti tornava utile non solo perché denotava una migliore qualità, ma anche perché rendeva più facile la costruzione del corso successivo. Infatti, la presenza di una ingobbatura del profilo orizzontale del corso in corrispondenza del giunto verticale tra due conci, a causa del naturale sfalsamento, provocava instabilità del concio superiore che “ballava”, ruotando sul punto di contatto che o doveva essere spianato o produceva un eccesso di pressione con pericolo di frattura del concio.
L’eliminazione del difetto comportava uno sforzo fisico supplementare che, se ripetuto durante la giornata lavorativa provocava un affaticamento che comprometteva la quantità della produzione.
Qui le parti precedenti dello stesso Autore:
Maestri e maestranze nel cantiere edile a Nardò e nel Salento. La produzione edilizia
L’arte del costruire nel Salento. Strutture murarie di copertura: archi e volte
Maestri e maestranze nel cantiere edile a Nardò e nel Salento
L’arte del costruire. Il cantiere edile a Nardò e nel Salento
L’arte del costruire nel Salento. I materiali da costruzione
Salve
Adoro i vostri articoli
Li trovo interessantissimo.
Io vivo nella Paucetia e vorrei chiedervi se vi è una fondazione omologa in terra di Bari.
Cordialità
Francesco Spilotros
Mola di Bari (BA)