di Armando Polito
Il Vesuvio prima e dopo l’eruzione del 16 dicembre 1631 in due incisioni del francese Nicolas Perrey tratte da Gianbernardino Giuliani, Trattato del Monte Vesuvio e de’ suoi incendi, Longo, Napoli, 1632 (https://doi.org/10.3931/e-rara-10365)
Non sono pochi i salentini che nel corso dei secoli si sono occupati in prosa o in versi di ciò che nell’immaginario collettivo dell’intero pianeta è il simbolo di Napoli, dopo la pizza e il mandolino1. Nella sterminata schiera, poi, dei testi scientifici un posto preponderante è senz’altro occupato da quelli che si occuparono della catastrofica eruzione del 1631. Tra essi è da annoverare quello il cui frontespizio presento di seguito.
A parte la rarità2, il volume già nel titolo, conformemente all’uso del’epoca chilometrico, presenta qualcosa di insolito e, dunque, originale, cioè il pronostico di effetti maggiori, basato su concomitanze astrologiche riassunte nella figura di p. 20.
Non sono un medico o un filosofo o un astrologo (tanto meno eccellentissimo): forse so, più probabilmente presumo di sapere qualcosa di letteratura propriamente detta e ancora meno di filologia, e per questo lascio a lettori più qualificati di me il giudizio sul valore scientifico di tutto il Discorso, che ognuno potrà agevolmente leggere dal link prima segnalato per le tavole.
Mi limiterò, perciò, a prendere in considerazione e ad approfondire solo alcuni dettagli. Comincio dall’autore dicendo che le notizie sono estremamente scarne e non sapremmo nemmeno che era di Galatone senza il Galateo del provvidenziale e pretenzioso (per via dei titoli, ma allora non c’era la specializzazione spinta di oggi, cosa che, d’altra parte, aveva pure i suoi aspetti positivi …) frontespizio. debbo precisare, però, che la famiglia Porraca Spinola è di chiarissima origine genovese e che essa vantava anche uno zecchiere (Agostino). Di seguito una moneta del 1563 con la sua sigla (AS) nel verso.
Dal frontespizio apprendiamo pure che l’opera è dedicata è al nobile fiorentino Vincenzo Sirigatti, il cui stemma appare bene in vista, mentre dalla dedica interna che, stranamente breve, occupa solo le prime due pagine, apprendiamo che Vincenzo era dotato di rare e gentili maniere, ammirate e amate da tutti non solo in questa Provincia, dove al presente si ritrova, ma molto più di lungi e poco dopo l’autore dichiara di aver composto il Discorso in volgar lingua contro ‘l mio Genio, come V. S. e molti sanno , acciò in questa pubblica occasione ogn’uno publicamente goda l’utile, e ‘l diletto insieme. Insomma il nostro aveva intenzione di scriverlo in latino, poi prevalse l’intento divulgativo (di mercato, diremmo oggi, se non fosse che testi simili restavano pur sempre di nicchia). E quanto ad esibizione di titoli sbattuti nel frontespizio a concorrenza non sarebbe stata certamente da meno. Basta considerare il frontespizio che segue, tratto da https://doi.org/10.3931/e-rara-23442.
Nel titolo, qui ancor più chilometrico, spicca il greco ῥιγοπύρετον che per il suo significato (febbre con brividi) conferisce una connotazione quasi umana al vulcano in eruzione e poi l’autore (Vincenzo Alsario della Croce) dopo essersi dichiarato di Genova, sventola la sua brava caterva di titoli: Professore di medicina pratica all’Università della Sapienza, già camerlengo segreto di Gregorio XV, ora camerlengo onorifico del papa Urbano VIII. Ma torniamo al volume del salentino.
Alla dedica seguono, secondo una prassi consolidata in pubblicazioni del genere, quattro componimenti elogiativi (tre sonetti ed un epigramma in distici elegiaci) che riproduco e, laddove è necessario, commento.
Il primo sonetto, dedicato Al Signor Vincenzo Sirigatti, è di Francesco San Pietro di Negroa.
Tu che del nobil Arno i tersi Argenti
rendi adorni di Glorie, e di splendoei,
tu che virtù difendi da furori
di nemica Fortuna, e d’empie genti,
tu col tuo chiaro nome, ch’eran spenti
questi d’Astrologia raccolti fiori
per dotta man sacrati hor à tuoi honori
solo ravvivi con affetti ardenti
così ben pare sculto in lettere d’oro
perche il Vesuvio hà svelto arsi macigni
et omicide vampe à i vicin Campi;
e quando fia, che Marte non più avvampi
e la Pace trionfi del suo Alloro,
e gli altri influssi à noi rotin benigni.
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a Da identificare forse con Lagonegro, in Basilicata.
Gli altri due, dedicati all’autore, sono di Pietro Angelo De Magistris Galateob Academico Ociosoc detto il Tranquillo.
Sparse armato il Vessuvio à danni nostri
con Tremoti d’orror fiamme voraci,
ceneri spaventose, onde fugaci,
theatro infausto di Prodigi, e mostri.
E ‘l Tuon, che diè da suoi Tartarei Chiostri
rimbomba hor ne’ tuoi scritti aurei, e veraci,
e i baleni veggiam viè più vivaci
co’ lampi, e rai de’ tuoi purgati inchiostri.
Ammira il Mondo le raggioni, e l’arte
de la tua dotta Penna, e ‘l tuo lavoro
de gli Astri le Virtù pinge in gran parte.
Prendan dal tuo bel dir l’alme ristoro,
e contempli ogni cor nelle tue carte
la Cenere hor cangiata in pioggia d’Oro.
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b Di Galatone.
c L’Accademia degli Oziosi era stata fondata a Napoli nel 1611.
T’impennò l’ali à la Celeste Metaa
girando ogn’hor con regolati errorib,
e dando all’almac tua lampi, e splendori
ogni Stella, ogni Segno, ogni Pianeta.
E già con dir facondo, e mente quieta
de le Ceneri sparse, e de gli ardori
sveli il ver, cause adduci, incendi i corid
con tua Virtù qual degna aurea Cometa.
Da foco di Vessuvio è il mondo offeso
quasi infermo di febre, e in sì ria sorte
in fumo si dissolve il mortal peso;
deh fà (volgendo al Ciel tue luci accorte
di quelle fiamme sempiterne acceso)
pronostichi di Vita, e non di Morte.
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a Consentì alla tua scienza astrolofica di innalzarsi
b In senso etimologico: movimenti.
c animo
d susciti discussioni
L’epigramma, indirizzato a Vincenzo Sirigatti, è di anonimo, ma, dietro la dicitura cuiusdam perfamiliaris (di uno molto amico) non mi è difficile supporre che si nasconda l’autore dell’opera, in un’ulteriore dichiarazione di modestia …
Magnus Alexander sic Mundo sculptus ab uno
Lisippo, atque uno pictus Apelle, datur,
praeclarum, SIRIGATTE, tuum sic Spinola nomen
ingenio clarus (perlege) non maculat.
Traduzione: Così si tramandaa che Alessandro Magno fu scolpito dal solo Lisippob e dipinto dal solo Apellec, così, o Sirigatti, Spinola illustre per talento (finisci di leggere) non macchia il tuo nome illustrissimo.
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a Plinio, Naturalis historia, VII, 38: Idem hic imperator edixit ne quis ipsum alius quam Apelles pingeret, quam Pyrgoteles scalperet, quam Lysippus ex aere duceret (Quest’imperatore medesimo stabilì che nessun altro potesse raffigurarlo con la pittura se non Apelle, con la scultura in marmo se non Pirgotele, con quella in bronzo se non Lisippo).
b Scultore greco del IV secolo a. C.
c Pittore greco del IV secolo a. C.
Vi lascio immaginare quanto desidererei conoscere il pensiero del dedicatario, sempre che l’opera sia stata da lui letta …
E, in chiusura, non posso non ricordare il contributo etimologico che sul nome del vulcano il nostro offre a p. 4: Mons Vaesevus da Vae, cioè guai, e Saevus, cioè crudele, perché guai a chi lì fabrica, ò coltiva, o confida habitare, veggendosi poi esso o suoi discendenti all’improviso perder così la robba, e la vita. Essa ricalca nella prima parte quella del contemporaneo Camillo Tutini3, che, riprendendo una tradizione popolare, sosteneva che Vesuvio è da Vae suis (Guai ai suoi!) partendo dalla considerazione che la sua attività distruttiva storicamente aveva preceduto o seguito disgrazie per la popolazione. Confesso che nella miriade di proposte etimologiche avanzate e citate in molti lavori questa del salentino la leggo per la prima volta, anche se mi pare anch’essa una paretimologia. Un tocco di originalità, che pur con riserva sto campanilisticamente sottolineando (forse per farmi perdonare qualche spunto ironico al quale nemmeno qui ho saputo rinunciare) o semplicemente una mia lacuna di letture su questo argomento e non solo?
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1 Vedi, per esempio, https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/11/07/salento-vesuvio-poesia-pellegrino-scardino-san-cesario-lecce/
https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/11/03/nardo-vesuvio-anno-piu-anno-meno/
Ad integrazione della produzione in versi in riferimento all’eruzione del 1631 di cui al terzo link appena segnalato a breve in un altro lavoro saranno aggiunti altri contributi di letterati salentini.
2 L’OPAC ne registra solo 4 esemplari.