La Terra d’Otranto nel ricordo di un viaggiatore olandese del XVIII secolo, ovvero una grande occasione mancata

di Armando Polito

Jacques Philippe d’Orville nel ritratto di Jan Maurits Quinkhard (1688-1772) custodito nella Bodleian Libraries dell’Università di Oxford

 

Sarebbe riduttivo catalogare Jacques Philippe d’Orville (1696-1751), è lui il viaggiatore del titolo, come un protagonista, anche se tra i più importanti, del Grand Tour, un fenomeno che durò dal XV al XVIII secolo e che vide l’incontro tra i resti della cultura classica in Italia e giovani artisti, aristocratici e uomini di stato.

Per il filologo, storico e poeta neolatino1 olandese, infatti, il viaggio in Italia, iniziato verso la fine di aprile del 1727,  fu determinante per la sua carriera universitaria, grazie all’acquisizione accurata di tutta la documentazione possibile sulle fonti letterarie  latine e greche relative ai luoghi visitati.

Fa perciò rabbia a noi salentini che proprio il suo passaggio per la Terra d’Otranto sia stato molto fugace, aleggiando uno strano pericolo, addirittura di morte, come fra poco leggeremo. Chissà quanto e cosa di noi e sul nostro passato sicuramente l’olandese avrebbe scritto, anche se la meta privilegiata del viaggio era la Sicilia, come mostra chiaramente il frontespizio dell’opera, uscita postuma, da cui ho tratto la pagina 273, che ci riguarda, facendola seguire dalla mia traduzione!

Si  dice che dal Promontorio Lacinio fino allo Iapigio o Salentino, oggi Capo di S. Maria, c’è uno spazio di circa settanta miglia, che forma il golfo di Taranto. Al centro del golfo la vista verso l’uno e l’altro lido è gradevole. Nel pomeriggio abbiamo avvistato  Gallipoli ma non potendo fruire di un vento  favorevole  non abbiamo potuto in questo giorno entrare in porto. Infatti l’impeto del mare ci ha sospinti contro un vento  abbastanza forte per alcune miglia. In queste zone per lo più il vento cambia e verso sera suole cadere. Gallipoli pure da lontano appare abbastanza magnifica, perché tutte le pareti degli edifici sono imbiancate col gesso. Essa è sita su una piccola isola unita al continente da un ponte.  Sebbene sia antica, non mi sono imbattuto in nessun rudere, è difesa da una modesta rocca e da altre fortificazioni. Ci eravamo proposto di visitare Otranto, Brindisi, Taranto ed altre celeberrime città dell’Apulia ma ci distolsero dal proposito  gli amici, i quali affermavano che a questi posti pericolosi e in tempo  autunnale e di per sé non ci si poteva avvicinare senza incombente pericolo di morte e qui consigliavano di attendere una stagione più mite. Ma non avendo già tenuto conto abbastanza spesso di tali presagi con esito felice, preferimmo correre qualsiasi rischio piuttosto che morire di noia in questa cittadina.  Decidemmo dunque di dirigerci verso Napoli a cavallo quanto più attentamente possibile. La mattina presto del 17 agosto partiti in carrozza  giungemmo a Lecce dopo mezzogiorno per una strada molto accidentata. Vicino abbiamo lasciato a sinistra Nardò, un tempo Nerito sita in un posto ameno ed aperto. La città di Lecce ha molti abitanti, tanto elegantemente edificata che sotto quest’aspetto non la paragonerei a nessun’altra. Le case e tutti gli edifici  sono in massima parte elegantissimi in candide pietre quadrate estratte nei paraggi. Questa pietra è molto facile da estrarre: infatti comincia dalla stessa superficie della terra e non si spinge oltre i dieci piedi. Quasi tutte le città dell’Apulia fino a Barletta sono state costruite con una pietra quasi uguale, ma non tanto elegantemente. Ma avendo accelerato questo passaggio, infatti indugiare non sembrò sicuro, non abbiamo potuto osservare nulla degno di essere riferito. Partiti da Lecce all’inizio della notte, compimmo quattro tappe di un viaggio non pessimo, lasciata a destra Brindisi fino ad un luogo ridente chiamato S. Vito. Da qui fino a Bari la via è sassosa e da ogni parte ci sono oliveti.

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1 Non a caso nel corso del suo viaggio ebbe occasione di intrattenere rapporti con moltissimi soci dell’Arcadia, l’accademia romana fondata nel 1690 che al mondo classico s’ispirava: Francesco Valletta, Francesco Beretta, Francesco Farnese, Ludovico Antonio Muratori, Scipione Maffei, Giovanni Antonio Volpi, Domenico Lazzarini, Apostolo Zeno, Giovanni Battista Recanati, Giusto Fontanini, Domenico Bianchini.

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Un commento a La Terra d’Otranto nel ricordo di un viaggiatore olandese del XVIII secolo, ovvero una grande occasione mancata

  1. Molte grazie per l’importante segnalazione e buon lavoro, come al solito, sempre pieno di utili sorprese.

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