di Armando Polito
La voce è usata da tempo solo nella locuzione trasire ti spichettu, corrispondente all’italiana entrare di straforo, intrufolarsi. Essa trae origine dal lessico sartoriale, in cui spichetto è sinonimo di gherone (dal germanico gairo=punta del giavellotto), lembo triangolare di stoffa applicato in passato (quando anziché buttare si adattava …) alle cuciture laterali di un capo di vestiario, specialmente una camicia, per aumentarne l’ampiezza1. Trasire2 ti spichettu, perciò, è il frutto di un doppio slittamento metaforico (punta del giavellotto>pezzo di stoffa triangolare o gherone>inserirsi come un gherone).
Lo stesso processo è ravvisabile nell’italiano intrufolarsi, che ha comportato un doppio slittamento metaforico in quanto composto da in (=dentro)+trufolare =frugare, rimestare, denominale da un latino *tufer, variante del classico tuber (da cui tubero), incrociato, per di più, con grufolare (è il raspare il terreno col muso cercando cibo e grugnendo, tipico del maiale e del cinghiale). Ed a tuber pare collegarsi tartufo, che per i più deriva da terrae=della terra+*tufer/tuber 3 e con quest’etimo è connesso anche trifolare, essendo da trifola, voce settentrionale alterazione del latino tardo tubera (plurale, usato con valore collettivo, del classico tuber). A coronamento di questo festival degli slittamenti semantici concludo dicendo che, partendo dai connotati sotterranei e nascosti di ogni tubero e del tartufo in particolare, quest’ultimo poteva sfuggire al periodo letterario che segna il trionfo della metafora, cioè il Barocco? E così esso è pure l’appellativo riservato a chi ostenta falsa bontà e devozione religiosa, inventore Molière con il suo Le Tartuffe ou l’Imposteur. Ancora una volta il mondo vegetale scomodato per stigmatizzare un difetto umano. Ma almeno il tartufo, quello vero, può rivendicare nei confronti dei suoi simili vegetali come la zucca, il cetriolo, il finocchio, una quotazione di mercato di altissima rilevanza …
La lunga parentesi dedicata al tartufo mi stava quasi facendo sfuggire il fatto che nulla ho detto sull’etimo di spichettu4. Tolto l’evidentissimo suffisso diminutivo (il triangolo di stoffa deve giocoforza essere molto piccolo rispetto alla camicia da allargare), rimane spic-, tema del latino spica=punta (e lo spichettu è di norma un triangolo isoscele), da cui il nostro spiga, spigolo, e spicchio. In italiano sarebbe stato spichetto e infatti, anche se i moderni vocabolari non lo registrano, spichetto s’incontra in pubblicazioni del passato. L’immagine che segue è tratta da Tariffa generale della riscossione de’ dazi doganali nel Regno di Napoli, Stamperia reale, Napoli,1789, p. CXIX.
Tenendo conto che il palmo è equivalente a poco più di 26 cm e la canna a 2,10 m, ne risulta una stoffa che in larghezza ben si prestava a ricavarne aggiunte; e questo sarebbe sufficiente ad escludere che il riferimento sia alla tessitura spigata. Che spichetto, poi, sia l’italianizzazione di una voce napoletana o, comunque, meridionale me lo fa pensare il fatto che esso ricorre anche al di fuori del Regno di Napoli, come mostra l’immagine successiva tratta da Capitoli del Consolato dell’arte della seta di questa nobile, fedelissima ed esemplare città di Messina, Chiaramonte e Provenzano, Messina, 1727, p. 26.
E, infine, a sostegno dell’origine napoletana, in Vocabolario napoletano-toscano domestico di arti e mestieri di Raffaele D’ambra, Chiurazzi, Napoli, 1873, p. 487.
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1 In araldica è una pezza triangolare delimitata da due linee che si incrociano al centro dello scudo; in marina è un rinforzo applicato alla vela nei punti di maggiore sforzo e logorio
2 Dal latino transire=entrare, composto da trans=oltre+ire=andare.
3 Il calabrese tiritùfulu sembra confermarlo.
Ricordo quannu se costruia lu prisepiu sirvia simpre nu stuezzu te spicchettu, lo specchio
dava l’illusione di vedere l’acqua dove si abbeveravano gli animali.
Invece uardannu la terza porta scarassata a Novoli sentivo dire: ( cumpa pe mie ncete nu spiruai te luce).
da spiraglio es…una porta parzialmente aperta,
contro il virus teniamo duro Salentini gente mia,
un saluto da Torno
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