di Fernando Scozzi
“Era un giorno tranquillo e ridente”, così inizia l’inno alla Madonna del Miracolo, unica fonte scritta di quell’avvenimento straordinario di cui furono testimoni i nostri avi 151 anni fa. Una comunità, quella melissanese, costituita nel 1869 da poco più di 1.000 persone che si dedicavano ad un’agricoltura di sussistenza. Un tessuto urbano che esprimeva chiaramente la povertà della frazione: poche casupole affacciate sulla campagna, la parrocchiale di Sant’Antonio ed una casa a due piani, di proprietà dell’ex-feudatario, che agli occhi dei melissanesi sembrava un castello.
Assenti i proprietari terrieri che preferivano abitare nei più confortevoli paesi limitrofi. Né l’eversione della feudalità prima e l’unificazione nazionale poi avevano portato alcun miglioramento sociale ed economico; anzi, la politica accentratrice perseguita dallo Stato unitario comportò la chiusura della farmacia, dell’ufficio di conciliazione e perfino dell’ufficio dello stato civile della Frazione. Un paese, quindi, che non era ancora uscito dalle nebbie del Medioevo e nel quale il solo punto di riferimento era la Fede cristiana, l’unica istituzione la parrocchia.
La devozione per il Santi, come negli altri paesi del Mezzogiorno, permeava la vita di tutti i giorni e si manifestava non solo in chiesa, ma anche fra le mura domestiche dove le famiglie si raccoglievano in preghiera dinanzi a piccole statue commissionate da alcuni devoti “per grazia ricevuta” ed accolte di casa in casa. Tra queste, c’era un’immagine lignea della Madonna Immacolata che il 24 febbraio 1869 si trovava presso l’abitazione di Vito Fasano. L’ultracentenaria Luisa Margari, ultima testimone oculare, così raccontava l’avvenimento: ”Quella mattina, nulla lasciava presagire l’imminente, furioso scatenarsi degli elementi. Più tardi, all’improvviso, incominciarono ad addensarsi su Melissano delle nubi sempre più nere, pregne d’acqua e di grandine, foriere di una spaventosa catastrofe. In pochi minuti, nell’immensa nube nera a forma di cono si produsse un vortice turbinoso. Tutto divenne buio, mentre nei paesi limitrofi splendeva il sole. Dai campi la gente osservava sconvolta volare per aria turbinosamente, come pagliuzze, pesanti fascine. Un vento violentissimo, inizio del ciclone, rovesciò i muri degli orti quasi fossero canne, i guizzi di una luce sinistra ed il pauroso rombo del tuono si alternavano al crescendo delle raffiche del vento, mentre grida di terrore si sentivano qua e là. La furia degli elementi pareva stesse per risucchiare il piccolo paese quando, all’improvviso, il vento si placò, le nubi si diradarono ed il sole tornò a splendere in cielo. Un grido di letizia per il ritorno della vita si diffuse in un baleno da un capo all’altro dell’abitato dopo un’ora di furia infernale. Miracolo! Le campane suonarono a festa. Melissano, infatti, era scampata ad un cataclisma, in un istante, per un prodigio, vecchi, donne, bambini ed uomini ritornati subito dai campi corsero in casa dei Fasano dov’era la piccola statua della Madonna. Lì videro attoniti e sbigottiti che il volto della Vergine, madido di sudore, veniva asciugato con un fazzoletto.” Da quel giorno, l’immagine miracolosa divenne patrimonio della Comunità melissanese e fu custodita nella chiesa della confraternita. La parrocchia istituì una festa ed il Consiglio Comunale di Taviano deliberò l’istituzione di una fiera nella ricorrenza della solennità della Vergine del Miracolo.
Ma, avvenimenti del genere non erano una novità. A Casarano, nel 1842, San Giovanni Elemosiniere salvò il paese dalle piogge torrenziali che minacciavano i raccolti e la stessa popolazione. Anche in quel caso, il sudore che bagnava il viso della statua del Santo fu asciugato con un fazzoletto, mentre le nubi si diradavano ed il sole ritornava a splendere. Nel 1866 la Madonna Addolorata liberò i tavianesi da un’epidemia di colera e l’anno successivo, San Giorgio Martire e Santa Cristina salvarono dalla peste, rispettivamente, Matino e Gallipoli.
Il 24 febbraio 1869, dunque, un miracolo anche a Melissano, un evento prodigioso che contribuì ad affermare l’esistenza di una Comunità dimenticata da tutti, ma non da Dio ed impegnata proprio in quel periodo a gettare le basi per il suo sviluppo. Alcuni anni dopo, infatti, la distruzione dei vigneti francesi (causata dalla fillossera) indusse gli industriali d’oltralpe a chiedere grandi quantità di vini pugliesi e quindi anche a Melissano si verificò una rivoluzione colturale di notevole portata. Il trionfo della viticoltura consentì la formazione di una classe agraria interessata allo sviluppo socio-economico ed all’autonomia amministrativa del paese. Melissano divenne polo di attrazione per numerosi braccianti ed artigiani dei paesi limitrofi, mentre con le risorse finanziarie provenienti dalla commercializzazione del vino fu edificata la nuova chiesa parrocchiale, simbolo della Fede operosa dei melissanesi che erano riusciti a superare la situazione di oggettivo svantaggio rispetto ai paesi limitrofi.
Oggi, invece, i vigneti e gli uliveti sono fagocitati dal deserto che avanza tra l’indifferenza dei più e la sofferenza dei pochi che ricordano ancora il paesaggio materno e di tanto in tanto si avventurano, come fantasmi, per quella campagna dalla quale i loro avi hanno tratto le risorse per lo sviluppo di Melissano. Il cordone ombelicale che univa il territorio al paese è stato tagliato. Ormai non bastano nemmeno i miracoli.
Davvero preziosa per le future generazioni questa pagina della nostra Melissano.
Complimenti a Fernando Scozzi. E’ il riassunto della storia di Melissano; una Comunità ancora oggi molto devota alla Madonna del Miracolo.
La stesura è encomiabile.Da ragazzo sapevo del fazzoletto che asciugo’ il sudore o le lacrime della Madonna.Oggi 20 febbraio 2021 ho appreso quanto altri Santi hanno contribuito a miracoli.La commemorazione è importante per le nuove generazioni.
Grazie mille Fernando x i bellissimi avvenimenti che fanno parte della nostra tradizione
Complimenti a Fernando Scozzi, professore eccellente, e grazie per le sue testimonianze ed i suoi preziosi scritti sulla nostra storia, che spesso non conosciamo.