di Armando Polito
“Fantastico” è l’aggettivo più usato come sinonimo di “stupendo“, “bello“, ma pure per indicare “ciò che è frutto della fantasia“. Alla nostra grotta si addicono entrambi i significati e, se per spiegare il primo, basta visitarla o accontentarsi dell’album che apre questo post, per il secondo bisognerà ricorrere alla storia e alla filologia.
Diversi sono, come si vedrà, pure per formazione, i personaggi coinvolti e il rispetto della cronologia, anche se non mancheranno riferimenti ancora più lontani nel tempo, vuole che inizi con un vescovo, l’ultimo di Castro, cioè Francesco Antonio Duca (o Del Duca), La grotta era certamente già nota al popolo, ma il prelato ebbe quanto meno il merito di pubblicizzarla adeguatamente, forse con l’intento furbesco di dare lustro alla sua diocesi. D’altra parte siamo nel secolo XVIII, lo stesso in cui a Nardò Giovanni Bernardino Tafuri partoriva false cronache antiche e documenti simili. Della sua esistenza il vescovo mise al corrente il sovrano corredando la notizia della sua interpretazione, che attribuiva più all’uomo, cioè al mitico Idomeneo, col tempio di Minerva da lui ivi realizzato, che alla natura il pregio di quel sito.
Il lettore che ha interesse troverà nell’appendice documentaria che correda in fine questo post il testo integrale delle tre lettere (così come apparvero pubblicate, oggi diremmo in tempo quasi reale, sulla Gazzetta di Parma) dal vescovo scritte e indirizzate due a Ferdinando IV (il 17 ed il 24 settembre 1793) ed una alla Nunziatura di Napoli il (15 ottobre dello stesso anno).
L’eco della “scoperta” fu vasta e duratura. Ecco come a distanza di cinque anni ne parla Giuseppe Maria Alfano in Istorica descrizione del regno di Napoli diviso in dodici provincie, Manfredi, Napoli, 1798, pp. 121-122: L’odierno Vescovo, Monsignor D. Francescantonio del Duca, facendo uso da’ suoi vasti, e colti talenti nella Storia naturale, e nella scienza delle antichità ha scoperto fra le viscere di una Montagna, nominata Zinzanusa il famoso Tempio di Minerva, tanto mentovato da Virgilio; quello appunto, che Strabone nel lib. 6 de Salentinis disse, parlando della Fortezza dedicata a Minerva. Hic vero fuit , et Minervae templum dives olim, et Scopulus, quem vocant promontorium Japigium, multum procurrens in mare contra Ortum Hybernum. Il detto Prelato ne avanzò subito una relazione alla Maestà del Sovrano sotto il dì 17 Settembre, ed altra a’ 30 Ottobre dello scorso anno 1793, rappresentando, che questa Montagna racchiude nel masso una Grotta, la di cui apertura scorgesi dal mare, che la circonda. Questa Grotta si estende moltissimo; essendosi camminata direttamente circa 300 passi, e circa un miglio con le tortuosità, e per le laterali strade si è giunto in una Galleria grandissima, ed altissima, e non si è entrato, perché vi è fango, e vi si sente una puzza assai fastidiosa. Non si sa dove conduca la divisata Galleria, e quali altre vie ci sieno. Si sono scoverte molte stanze, pozzi, e fonti d’acqua buona. Entrandosi in una stanza vi sono quattro grosse colonne di circa tre palmi di diametro, poste in regolar ordine, ed una di esse distesa a terra, Vi sono poi innumerabili altre colonne, grosse e picciole, tutte cristallizzate, che col lume delle candele risplendono come i brillanti. Vi sono delle lapidi, che cuoprono, e chiudono Sepolcri, nascondigli, ed altre aperture. Moltissime produzioni vi si scorgono d’ogni grandezza, lavorate tutte dall’arte, o dalla natura. Vi è una mensa, ne i lati della quale son poggiate in regolar situazione due colonnette per ogni lato. Vi è sospeso in aria (sebbene attaccato nel suo incominciamento al muro laterale) un baldacchino, ed indi si vede calare un panneggio tutto lavorato con pomi, ed altri intrecci; formando un padiglione di delicato gusto; e non si è passato innanzi, perché si attendono le sovrane disposizioni.
A distanza di venti anni, sempre dalla “scoperta”, Domenico Romanelli, citando l’Alfano solo alla fine, scriveva in Antica topografia istorica del regno di Napoli, Stamperia Reale, Napoli, 1818, p. 33, nota a: Gli avanzi del tempio di Minerva a Castro si sono scoverti in una montagna appellata Zinzanusa. Qui in una lunga grotta scavata dall’arte, dove non si respira, che un odore solfureo, si sono trovate gallerie, stanze, pozzi, moltissime colonne, mense e marmi lavorati, che richiamavano l’attenzione di monsign. del Duca a farne nel 1793 un rapporto al governo.
Prima di proseguire, a beneficio del lettore che non abbia ancora preso visione delle tre lettere, ricordo che il vescovo, dalla posizione dubbiosa sulla Zinzulusa opera dell’uomo oppure della natura espressa nelle prime due, passa nella terza all’assoluta certezza, che, però, non esclude l’ambiguità, nel senso che secondo lui, si tratterebbe senz’altro del tempio di Minerva con un arredo, per così dire, misto, cioè in parte naturale ed in parte artefatto.
Come si evince dai brani che ho citato, né l’Alfano né il Romanelli si lasciano sfiorare dall’ombra del dubbio, il primo, forse, troppo condizionato dai vasti, e colti talenti nella Storia naturale, e nella scienza delle antichità del prelato.
Eppure tra i due s’inserisce, cronologicamente parlando, un brindisino, Teodoro Monticelli. Nato a Brindisi nel 1759 era un tipo che passava con una disinvoltura pari solo alla competenza dalla teologia all’apicoltura, dalla mineralogia alla vulcanologia. Nell’attuale era della frantumazione del sapere mi chiedo spesso se la conseguente specializzazione professionale non sia il portato del prevalere della formazione scientifica rispetto a quella umanistica, con un ribaltamento totale rispetto al passato, che non è stato certo avaro di conquiste in ogni campo. E penso, per esempio, a quando il buon medico di famiglia era in grado di diagnosticare le più svariate malattie, mentre oggi, a meno che non si tratti di un banale raffreddore, ti manda dritto dritto da uno specialista (che, magari, non fa nemmeno al caso tuo …).
Indietro, purtroppo, non si torna, ma anche gli scettici debbono riconoscere che la cultura umanistica era, prima che fosse scientemente e, direi … scientificamente, umiliata, in grado di conferire una marcia in più che, nel prosieguo degli studi, fossero anche di taglio esclusivamente scientifico, garantiva un’apertura ed un’elasticità mentale in grado di valorizzare l’eventuale innato intuito sempre al servizio di uno spirito profondamente critico.
Senza scomodare Leonardo da Vinci, fino al secolo scorso non era difficile incontrare figure di studiosi che si sono cimentati in campi che tra loro non sembrano avere nulla in comune. E torno a Teodoro con lapidarie ma significative informazioni.
Monaco benedettino, fu professore di morale nell’Università di Napoli negli anni 1792-94; imprigionato per sei anni nell’isola di Favignana per aver partecipato alla rivoluzione del 1799, fu nel 1808 nominato professore di chimica nella stessa università, della quale sarà poi rettore nel 1826-1827.
Siccome il numero e la qualità delle pubblicazioni oggi è il criterio, almeno teorico, per sancire la degnità (e la dignità …) accademica di un insegnante, se il nostro fosse vissuto ai nostri tempi, avrebbe potuto aspirare a buon diritto almeno a tre cattedre contemporaneamente.
È raro che tutti o i principali lavori di un autore, risalenti a tempi diversi, trovino ospitalità in una pubblicazione detta in gergo opera omnia, mentre egli è ancora in vita; se questo avviene, lungi dal tradire la volontà di attendere un po’ (giusto il tempo che muoia, per intenderci …) per evitare di dover sprecare carta, inchiostro ed energia per altri flop editoriali, è per riconoscimento dell’importanza degli studi fin lì fatti. E di questo privilegio godette Teodoro (morirà nel 1845) con Opere dell’abate Teodoro Monticelli, Stabilimento tipografico dell’Aquila, Napoli 1841-18431.
Per la seconda parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/02/24/zinzulusa-una-grotta-e-un-toponimo-tra-fantasia-e-realta-2-2/
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1 Un esemplare è custodito nella Biblioteca comunale “Achille Vergari” di Nardò. Di seguito riporto i titoli inclusi in ognuno dei tre volumi.
VOLUME I
Su l’economia delle acque da ristabilirsi nel Regno di Napoli (quarta edizione; la prima era uscita nel 1809). Trattato ispirato a lungimiranza anche politica, esemplare ed attualissimo alla luce dell’emergente coscienza (?) ecologica.
Memoria del cav. Teodoro Monticelli sull’origine delle acque del Sebeto, di Napoli antica, di Pozzuoli, ec. letta nella tornata de’ 15 giugno 1828 del Real Istituto d’incoraggiamento alle scienze naturali, ed inserita nel 5 volume degli Atti di detto Istituto (prima edizione 1830)
In agrum Puteolanum Camposque Phlegraeos commentarium (prima edizione nel 1826)
Su la pastorizia del Regno di Napoli
Del trattamento delle api in Favignana (la prima edizione è del 1807)
VOLUME II
Descrizione dell’eruzione del Vesuvio avvenuta ne’ giorni 25 e 26 dicembre dell’anno 1813 (seconda edizione; la prima era uscita nel 1815)
Rapporto del segretario perpetuo della Reale Accademia delle Scienze sulla eruzione del Vesuvio del (sic) dì 22 al 26 dicembre 1817 letto nella tornata del 9 marzo 1818
Relazione sulla doppia paraselene osservata dal signor Egg in Piedimonte d’Alife il 1° maggio 1817 estratta dal secondo volume degli atti della Reale Accademia delle Scienze di Napoli
Relazione umiliata a S. M. dalla Reale Accademia delle Scienze onde impetrare il permesso di analizzare le acque minerali e termo-minerali del Regno riferita nel secondo volume degli atti della Reale Accademia delle Scienze di Napoli (il volume citato era uscito a Napoli nel 1825).
Notizia di un’escursione al Vesuvio, e dell’avvenimento che vi ebbe luogo il 16 gennaio 1820, quando il francese Coutrel vi precipitò in una di quelle nuove bocche. Letta alla Reale Accademia delle Scienze nell’adunanza del 20 gennaio
Escursioni fatte sul Vesuvio in compagnia d’illustri soggetti, e celebri dotti stranieri dal 1817 al 1820
Memoria sopra le sostanze vulcaniche estratta dal secondo volume degli atti della Reale Accademia delle Scienze di Napoli
Memoria su le vicende del Vesuvio letta nella tornata del 10 di Agosto 1827 ed approvata con rapporto nella tornata del 18 dicembre detto anno
Memoria sulla lava della Scala rimessa alla Società Reale Geologia di Londra, cui come socio estero appartiene l’autore
Osservazioni dello stato del Vesuvio dal 1823 al 1829
Altre escursioni fatte sul Vesuvio
Risposta alla lettera del celeberrimo sig. barone Alessandro De Humboldt
Del zoogeno e della fibrina, pretese scoperte del commendatore de Gimbernat ne’ vapori del Vesuvio e nelle acque di Senogalla in Ischia
Storia de’ fenomeni del Vesuvio avvenuti negli anni 1821, 1822 e parte del 1823 con osservazioni e sperimenti. Questo lavoro era già uscito nel in tedesco col titolo Der Vesuv in seiner Wirksamkeit wahrend der Jahre 1821, 1822 und 1823, nach physikalischen, mineralogischen und chemischen Beobachtungen und Versuchen dargestellt, Schonian’sche Buchhandlung, Elberfeld, 1824 ed ancor prima in francese col titolo Observations et expériences faites au Vésuve pendant une partie des années 1821 et 1822, Cabinet Bibliographique et Typographique Rue S. Liguori num. 41, Napoli, 1822. A riprova della stima che i colleghi vulcanologi avevano per lui, va ricordato che nel 1831 Henry James Brooke chiamò monticellite un minerale scoperto sul Vesuvio.
VOLUME III
Philippi Caolini vita (1a edizione nel 1812)
Elogio di Vincenzo Petagna
Note lette nella Reale Accademia delle Scienze nella tornata del 13 marzo 1832
Prodromo della mineralogia vesuviana (scritto con Nicola Covelli; la prima edizione era uscita nel 1825)
Fuori restano:
Analisi del fango dell’Etna, s. l, s. n., s. d. (scritto con Nicola Covelli)
Theoremata ex mathesi, ac philosohia selecta quae D. Theodorus Monticelli in tyrocinio regalis coenobii S. Crucis de Lycio auditor sub auspiciis Xaverii Marincola facit, cathedram moderante D. Petro Maria Kalephato, De Dominicis, Napoli, 1776. Del volume l’OPAC registra solo un esemplare custodito nella Biblioteca pubblica arcivescovile “Annibale De Leo” di Brindisi.
Propositiones theologico-dogmaticae, morales, et canonicae quas publice discutiiendas proponit D. Theodorus Monticelli congr. Coelestinorum ord. S. Benedicti monac. et in collegio S. Eusebii de urbe sac. theol. audit. sub assistentia D. Raphaelis Chiumaroli, et D. Xavierii Bassi theologiae lectorum, Barbiellini, Roma, 1780. La pubblicazione risale al periodo in cui il Monticelli era nel collegio di S. Eusebio a Roma per gli studi di teologia, filosofia e matematica ed aveva, quando il lavoro uscì, 21 anni.
Catechismo di agricoltura pratica, e di pastorizia per la pubblica istruzione de’contadini del Regno di Napoli, Cons, Napoli, 1792. Anticipando l’analisi di problemi ancora oggi irrisolti (o risolti male …), individuava la necessità di maggiore libertà di mercato, della riduzione delle tasse, dell’introduzione di nuovi macchinari e colture, di interventi strutturali (bonifiche, rimboschimenti ecc).
Descrizione della grotta della Zinzanusa, ossia dell’antico tempio della dea Minerva in Castro Minerva ne’ Salentini, s. n., Napoli, 1807 (estratto dal Giornale enciclopedico di Napoli).
Atlante della mineralogia vesuviana, Tramater, Napoli, 1825 (con Nicola Covelli)
Memorie sopra alcuni prodotti del Vesuvio ed alcune vicende di esso, Stamperia Reale, Napoli, 1844
I titoli riportati danno un quadro eloquente delle molteplici scienze che il Monticelli coltivò con rigore metodologico e del prestigio internazionale di cui godette, come mostrano le decine di corrispondenti, tra cui sovrani e uomini politici, letterati e scienziati italiani, europei e statunitensi, nonché le onorificenze conferitegli da numerose società e accademie, italiane e straniere, di molte delle quali fu membro.
Per la seconda parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/02/24/zinzulusa-una-grotta-e-un-toponimo-tra-fantasia-e-realta-2-2/
APPENDICE DOCUMENTARIA
Le tre lettere inviate dal vescovo di Castro a Ferdinando IV
a) prima lettera del 17 settembre 1793 (dalla Gazzetta di Parma, venerdì, 6 dicembre 1793)
b) seconda lettera (prima parte) del 17 settembre 1793 (dalla Gazzetta di Parma, venerdì, 13 dicembre 1793)
c) seconda lettera (seconda ed ultima parte) del 17 settembre 1793 e terza lettera del 13 ottobre 1793 (dalla Gazzetta di Parma, venerdì, 20 dicembre 1793)
(Scia istutu comu nu zinzulusu)
da pezze ecchie strazzatu ecc…
Ersilio Teifreto un saluto da Torino
Zinzinusa è l’area dove è localizzata la grotta. Da questo toponimo ha preso il nome la grotta. Zinzinusa perchè piena di giuggiole. Ai turisti, le prime guida cominciarono ad appioppare la storia degli zinzuli e tutto andò distorto.
Nella seconda parte vedremo se le cose possono stare incontrovertibilmente così. A me qualche dubbio rimane.