L’Immacolata Concezione della chiesa Matrice di San Donaci, copia dell’omonima tela di Leonardo Antonio Olivieri conservata nella Cattedrale di Nardò
di Domenico Ble
A San Donaci, all’interno della nella chiesa Matrice, edificio moderno in quanto edificato nel 1899 (la data è riportata nel cartiglio posto in cima all’arco terminale della navata centrale) è conservata una tela del XVIII secolo, di autore ignoto, raffigurante l’Immacolata Concezione. L’opera non è collocata su nessun altare, ma sulla parete della controfacciata.
Al centro della tela è posizionata la Vergine Immacolata, raffigurata in piedi al di sopra di una mezzaluna rovesciata, sovrapposta ad una nube; ha il capo chino e accetta la volontà divina e con il piede destro calpesta il serpente simbolo del maligno.
Il movimento della figura della donna è evidenziato dal manto che è svolazzante alle sue spalle e dalla posa leggermente arcuata verso sinistra. Quest’ultimo particolare ricorda il modello dell’Immacolata giordanesca, conservata a Latiano nella chiesa dell’Immacolata, già analizzata in un precedente saggio e da me attribuita ad un pittore di formazione “giordanesca”[1].
Degli angeli attorniano la Vergine: quello in alto a sinistra tiene in mano la rosa bianca, un rimando alle litanie lauretane, in cui è scritto: “rosa mistica”; l’angelo in basso a destra regge il giglio, simbolo di purezza, assieme allo specchio, anche quest’ultimo simbolo mariano presente litanie lauretane: “Vergine fedele specchio della santità divina”. In alto, secondo piano a destra, un altro angelo regge il manto. Delle teste angeliche, raffigurate a coppie di due, sono collocate in alto, all’estremità di destra e sinistra.
In secondo piano al centro, conclude lo sfondo dorato, simbolo della dimensione celestiale ultraterrena.
In basso all’estremità di destra, sono presenti due iscrizioni realizzate in epoche differenti. La prima è in latino, mancante di alcuni pezzi, e c’è scritto:
“ALTARE HOC IN HONORE BEATAE MARIAE VIRGINIS SINE LABE CONCEPTAE DICATUM. A RD° ABBATE D. NICOLAO FONTEF […] CANONICO PAENITENTIARIO CATHEDRALIS ECCLESIAE […] NERITONENSI […] ANO REPARATAE SALUTIS 17[…]” (altare dedicato alla Beata Vergine concepita senza peccato. Reverendo Abbate Don Nicolao Fontef […] canonico penitenziere della cattedrale neretina […] anno di redenzione 17 […]). Il frammento dell’anno, da quel poco che si riesce a leggere, potrebbe essere il 1775, anno in cui fu celebrato il Giubileo della Chiesa Cattolica.
L’altra invece risale 1882 e riporta: “PIO DE SANTIS / Restaurò in Agosto 1882 / SOTTO IL SINDACO SIG. / FERDINANDO MARASCO BENEMERITI / CONSIG = Sig. VINCENZO VALLETTA E POMPILIO RIZZO”.
Nella prima iscrizione è menzionato il committente, vale a dire il canonico penitenziere della Cattedrale di Nardò don Nicolao Fonte. Nella stessa viene riportato anche l’altare su cui era posta la tela, ovvero quello dedicato all’Immacolata Concezione.
Riguardo al committente potrebbe trattarsi dell’abate don Nicola Fonte, rettore della chiesa di San Pietro Malearti nel centro storico di Nardò[2] e possessore del beneficio posto sull’altare su cui era collocata l’opera. Nella seconda iscrizione invece si parla del primo restauro, avvenuto ad opera di Pio De Santis nel 1882, per il volere del sindaco Ferdinando Marasco e dei consiglieri Vincenzo Valletta e Pompilio Rizzo.
Per la realizzazione dell’opera, l’autore ha osservato l’Immacolata Concezione di Leonardo Antonio Olivieri (Fig. 6), realizzata nel 1725 circa, conservata nella Cattedrale di Nardò[3]. La tela dell’Olivieri ha una impostazione differente, è maggiormente curata dal punto di vista scenografico, difatti nell’insieme è più complessa.
Nell’opera non è solo raffigurata la Vergine Immacolata, ma anche i santi, che sono collocati a semicerchio in basso da sinistra a destra. In più, in secondo piano a destra è visibile una colonna posta al di sopra di un alto basamento.
Nella tela si riscontra maggiore lucentezza dal punto di vista cromatico e il vibrante gioco di luci ed ombre è più marcato e sicuro; particolare che sottolinea la diretta formazione solimenesca.
La tela di San Donaci invece manca del particolare architettonico posto in secondo piano; è più opaca nelle tinte e non raggiunge l’elevata lucentezza presente nell’opera dell’Olivieri. Inoltre, le ombreggiature definiscono i particolari del viso e degli indumenti, mettendo in rilievo la sensazione di spigolosità presenti nella figura. Altre similitudini fra le due Vergini sono la robustezza della donna, la posa, il movimento del corpo, il gesto di ricongiungimento delle mani, il manto che svolazza in diagonale a destra alle spalle della Vergine, le spire del serpente e l’angelo con lo specchio.
L’interesse dell’opera non è racchiuso solo nell’essere una copia dell’Olivieri, ma conferma l’importanza di un fenomeno molto diffuso nelle province dell’allora Regno di Napoli e cioè quello della circolazione dei modelli dei grandi pittori napoletani. L’autore dunque potrebbe essere un pittore salentino, aggiornato sulle novità del suo tempo, attivo nella seconda metà del Settecento in area salentina.
Note
[1] D. BLE, L’Immacolata Concezione giordanesca, conservata nella chiesa dell’Immacolata a Latiano in Il Delfino e la Mezzaluna, periodico della Fondazione Terra d’Otranto – Gennaio 2018, anno V°, nn° 6-7, pp. 263-267.
[2] E. MAZZARELLA, Nardò Sacra, a c. di M. Gaballo, Congedo Editore, Galatina 1999, p. 107.
[3] M. PASCULLI FERRARA, Leonardo Antonio Olivieri a Napoli attraverso le fonti e i documenti. Un mecenatismo illustre: i Caracciolo di Martina Franca in Ricerche sul Sei-Settecento in Puglia, Vol. II 1982-1983, Schena Editore, Fasano 1984, p. 165; M. A. PAVONE, Pittori napoletani della prima metà del Settecento. Dal documento all’opera, Liguori Editori, Napoli 2008, p. 166.
Il seguente articolo è stato pubblicato sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” del 17 novembre 2019
CAPPELLA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE LA PRIMA CHIESA DI NOVOLI.
Tipologia: Cappella Odegitria Madonna Immacolata
Ubicazione: Vico Mazzotti Novoli(LE)
E’ la più antica chiesa di Novoli nonché la prima chiesa parrocchiale, in quanto tale prima della costruzione della chiesa dedicata a Sant’Andrea Apostolo. Al suo interno si conserva in particolare un importantissimo affresco bizantineggiante, un icona della
Vergine Odegitria rinvenuta nella Cappella della Mater Dei (come veniva chiamata anticamente) nel 1865, immagine tra l’altro raffigurata per alcuni periodi di tempo sullo stemma cittadino. L’affresco, collocato cronologicamente nei primi decenni del XIV secolo, rappresenta la Madonna con il Bambino con ai lati i monogrammi in lingua greca MP e OY ai lati del volto di Maria, e IC e XC a destra della figura del Bambino (il sovrintendente, architetto Riccardo Mola, lo definì “di pregevole valore”).
La cappella risulta importante anche per un altro frammento di affresco rinvenuto nel 1951, raffigurante come figura principale una donna e come secondaria un angelo, entrambi con l’aureola ed il segno della croce in testa. Questo frammento, posizionato sulla facciata esterna del muro sul quale è effigiata la Vergine, è considerato opera della stessa mano anche se meno importante se paragonato al primo. Venne intitolato “Ospitalità di Abramo”