di Marcello Semeraro (Società di Storia Patria per la Puglia – sez. di Brindisi)
Curiosando, per delle ricerche in corso, negli archivi francesi, mi sono imbattuto in un magnifico sigillo appartenuto a Ugo (+1296), conte di Brienne (dal 1261) e di Lecce (dal 1271), figlio cadetto di Gualtieri IV, conte di Brienne e di Giaffa, e di Maria di Lusignano[1], sigillo che ha dato il la a questa ricerca (fig. 1).
Fra i più importanti vassalli dei conti di Champagne, i Brienne, in linea con gli usi riscontrabili presso l’alta aristocrazia europea, si servirono di sigilli già a partire dalla metà del XII secolo, imitando in ciò le abitudini dei loro sovrani[2]. Quello di Ugo, conservato presso l’Archivio Dipartimentale dell’Aube[3], è un sigillo rotondo di cera verde brunita, di 70 mm di diametro, appeso mediante cordicelle di seta rossa a un atto del 1269/70. Di tipo equestre da guerra, esso mostra un cavaliere in alta tenuta araldica che monta un cavallo galoppante a destra, le zampe del quale, al pari della spada del guerriero, oltrepassano l’esergo. Il nostro Ugo indossa un usbergo e una cotta d’armi, ha la testa nascosta da un elmo chiuso a cielo piatto, e porta nella mano destra una spada e nella sinistra uno scudo recante l’arma dei conti di Brienne (che è d’azzurro, seminato di plinti d’oro, al leone attraversante dello stesso; fig. 2), replicata anche sulla gualdrappa del cavallo.
Sotto il ventre del destriero si intravede un giglio, figura probabilmente allusiva alla parentela del conte con gli Angioini e, dunque, con la dinastia capetingia[4]. La legenda dice: + SIGILLVM HVGONIS COMITIS DE BRENA. Il controsigillo, di 28 mm di diametro, è di tipo araldico e mostra la stessa insegna entro uno scudo gotico. La legenda recita: + SECRETVM COMITIS BRENE. Di Ugo conosciamo anche un altro sigillo, non datato in quanto staccato dal documento originario, appartenente allo stesso tipo equestre, ma di dimensioni maggiori (75 mm di diametro)[5]. In esso il cavaliere innalza un dragone come cimiero; la stesso figura, secondo una pratica documentata a partire dalla fine del XIII secolo[6], è posta sulla testa del cavallo.
Lo scudo e la gualdrappa sono armeggiati con i plinti e il leone di Brienne. La legenda, purtroppo, è andata distrutta, ma quella presente sul controsigillo di tipo araldico, nel cui campo figura uno scudo di Brienne entro una cornice esalobata, è ancora leggibile, seppur parzialmente: …BRENNE(NSIS) LICIE(NSIS) COMITIS. Da ciò risulta evidente che si tratta di impronte ottenute da matrici incise dopo l’infeudazione della contea leccese (1271).
Ad ogni modo, è la prima volta, come ha giustamente osservato Marie-Adélaïde Nielen, che un conte di Brienne fa uso nel suo sigillo dei suoi differenti titoli. Ai Brienne, è bene ricordarlo, la contea leccese era giunta a seguito del matrimonio (celebrato, per alcuni, nel 1200) fra Gualtieri III e Albiria, figlia di Tancredi d’Altavilla[7]. I sigilli esaminati in questa sede mostrano dunque un personaggio fiero del suo lignaggio, dei suoi titoli e della sua identità cavalleresca. Nella speranza di ulteriori sorprese, magari ritracciabili in qualche archivio italiano, mi è sembrato utile proporli all’attenzione degli studiosi e dei curiosi.
[1] Nel 1277 Ugo di Brienne sposò Isabella de La Roche, sorella del duca di Atene Giovanni I de La Roche e vedova di Goffredo di Bruyères, barone di Caritena, che apportò al marito la metà di questa baronia in Morea. Da Isabella ebbe due figli: Gualtieri V, l’erede, e Agnese. In seconde nozze, nel 1291, impalmò Elena Angelo Comneno, figlia di Giovanni I di Tessaglia e vedova del duca di Atene Guglielmo de La Roche (cognato dello stesso Ugo), dalla quale ebbe Jeannette. Fu anche reggente del ducato di Atene nel periodo della minore età del nipote Guido II de la Roche. Inoltre, nel 1296 fu nominato capitano generale della Terra di Otranto, con in compito specifico di difendere Brindisi e il suo porto. Cfr. W. Ingeborg, Brienne, Ugo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 14, Roma 1972, ad v.; A. Cassiano, B. Vetere (a cura di), Dal giglio all’orso: i principi d’Angiò e Orsini del Balzo nel Salento, Galatina 2006, p. XI; V.M. Talò, La Santa Casa di Nazareth da Taranto-Brindisi a Loreto, Montalto Uffugo Scalo 2019, p. 27.
[2] Per approfondimenti sulla sfragistica e l’araldica dei conti di Brienne, rimando a M.-A Nielen, Du comté de Champagne aux royaumes d’Orient: sceaux et armoiries des comtes de Brienne, in Chemins d’outre-mer. Études d’histoire sur la Méditerranée médiévale offertes à Michel Balard, éd. par D. Coulon, C. Otten-Froux et al., Paris 2004, pp. 589-606.
[3] Troyes, Archives départementales de l’Aube, Inventaire sigillographique du chartrier de l’abbaye de Larrivour, 4 H 34-13.
[4] Come di ricava dal fatto che Carlo I d’Angiò soleva qualificarlo come «consanguineus» (cfr. Ingeborg, Brienne, Ugo cit.). Questa caratteristica di inserire un elemento figurativo sotto il ventre del cavallo era già stata adottata da Erardo di Brienne, signore di Ramerupt (+1246). Si imitava, con ciò, una moda introdotta dal conte Tebaldo IV di Champagne (si veda Nielen, Du comté de Champagne cit., p. 596).
[5] Ivi, p. 601.
[6] Cfr., in merito, L. Hablot, Manuel d’héraldique emblématique médiévale, Tours 2019, p. 195.
[7] B. Vetere, Dal giglio all’orso attraverso il leone dei Brienne e la stella dei del Balzo, in Dal giglio all’orso cit., p. IX.