di Armando Polito
È il varco che consente di entrare in un podere recintato, per esempio, da un muro a secco. Suo padre, etimologicamente parlando, è il latino vadum, che significa secca, bassofondo, acqua bassa del fiume, del mare, di un pozzo, fondale, letto, (in senso figurato) luogo sicuro ma anche insidia, pericolo, difficoltà, passaggio pericoloso, (al plurale) onde, acque dei fiumi o del mare. Il corrispondente italiano, con lo stesso etimo, è guado. Da notare che, mentre quest’ultimo mostra il passaggio va->gua– (lo stesso che dal germanico werra ha portato al latino medioevale guerra, da cui la voce italiana). atu, invece, presenta solo l’aferesi di v-, fenomeno molto ricorrente, anche col coinvolgimento di b-, nel dialetto salentino: per esempio alire (valere) e attisciare (battezzare). A sua volta vadum è connesso col verbo vàdere, che significa andare con celerità, avanzare rapidamente, marciare, procedere, recarsi, (in senso figurato) andare in rovina, precipitare, (detto di legge, proposta ecc.) approvare, partire, morire. Quest’ultimo significato metaforico (sottintendendo da questo mondo) lo ha pure il verbo italiano andare (se n’è andato), che da vàdere ha mediato le prime tre persone singolari e la terza plurale del presente indicativo (vado, vai, va, vanno). Infine i composti di vàdere (evàdere, invàdere e pervàdere) sono passati, tali e quali, in italiano, come la locuzione vade mecum (vieni con me) in vademecum.
Buongiorno.
Dalle mie parti, a Manduria, per indicare un varco, spesso l’ingresso di un fondo, si dice “uatu”.
qua si dice quadaru
Anch’esso da vadum (con diverso esito di v-), ma con l’aggiunta di un suffisso strumentale, lo stesso che ha generato erbario da erba, lunario da luna, etc. etc.
Buon giorno, prof. Polito. Sono Vernich Tarcisio, figlio di Amilcare. La ringrazio e mi congratulo per le sue sempre dotte ed ineccepibili lezioni etimologiche e non solo di quelle.
Le chiedo gentilmente un chiarimento riguardo all’etimo di “atu”: non potrebbe derivare dal lat. aditŭs,-ūs – accesso, (composto da ad- verso ed ire – andare) con sincope della sillaba atona “di”? Ossequi.
In prima battuta la sua proposta è ineccepibile. Tuttavia decisivo in questo caso è lo studio delle variantI, che presentano, tutte, una consonante iniziale, esito dell’originario v- di vadum: vatu a Lecce, Salve, Francavilla Fontana e Mesagne, vate a Ostuni, vete a Cisternino e a Palagiano, oltre a quadaru segnalato dal sig. Micello e a uatu dal sig. Distratis nel loro commento, varianti, queste ultime due, che non conoscevo. La più vicina all’originale latino, però, non è salentina, ma calabrese: vadu. Cordiali saluti.
A Noci(Ba) si dice uète (weet) italianizzato uato.
Al plurale diventa uatere (wat’r’)