di Armando Polito
Salenzio Itomeo il suo nome pastorale. Abate, entrò nell’Arcadia il 20 giugno 17081. Per Salenzio non è azzardato supporre un riferimento al Salento, quasi una forma aggettivale sostitutiva di Salentino, anche in funzione distintiva rispetto al milanese Pietro Antonio Crevenna, entrato in Arcadia il 2 maggio 17042, il cui nome pastorale era Salento Elafieio. Ma non credo sia estraneo neppure il Salentium di Leadro Alberti (XV-XVI secolo), per il quale rinvio a https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/12/16/tuttal-piu-me-lo-bevo-ma-non-me-la-bevo/, in linea con gli stessi moderni equivoci rilevati per Tommaso Maria Ferrari. Per Itomeo il riscontro è con il monte Itome in Messenia. Riporto due passi di Pausania (II secolo d. C.)3:
Καὶ γὰρ τοῦ Διὸς τὸ ἐπὶ τῇ κορυφῇ τῆς Ἰθώμης τέμενος …
(E infatti il santuario di Giove sulla cima dell’Itome …)
Ἐς δὲ τὴν κορυφὴν ἐρχομένῳ τῆς Ἰθώμης, ἣ δὴ Μεσσηνίοις ἐστὶν ἀκρόπολις, πηγὴ Κλεψύδρα γίνεται. Πάντας μὲν οὖν καταριθμήσασθαι καὶ προθυμηθέντι ἄπορον, ὁπόσοι θέλουσι γενέσθαι καὶ τραφῆναι παρὰ σφίσι Δία. Μέτεστι δ᾽ οὖν καὶ Μεσσηνίοις τοῦ λόγου. Φασὶ γὰρ καὶ οὗτοι τραφῆναι παρὰ σφίσι τὸν θεόν, Ἰθώμην δὲ εἶναι καὶ Νέδαν τὰς θρεψαμένας, κεκλῆσθαι δὲ ἀπὸ μὲν τῆς Νέδας τὸν ποταμόν, τὴν δὲ ἑτέραν τῷ ὄρει τὴν Ἰθώμην δεδωκέναι τὸ ὄνομα. Ταύτας δὲ τὰς νύμφας τὸν Δία, κλαπέντα ὑπὸ Κουρήτων διὰ τὸ ἐκ τοῦ πατρὸς δεῖμα, ἐνταῦθα λοῦσαι λέγουσι καὶ τὸ ὄνομα εἶναι τῷ ὕδατι ἀπὸ τῶν Κουρήτων τῆς κλοπῆς. Φέρουσί τε ἀνὰ πᾶσαν ἡμέραν ὕδωρ ἀπὸ τῆς πηγῆς ἐς τοῦ Διὸς τοῦ Ἰθωμάτα τὸ ἱερόν.
(Per chi va sulla vetta dell’Itome, che per i Messeni è la rocca, c’è la sorgente Clessidra. Cosa difficile anche per chi prende a cuore la questione è contare tutti quelli che pretendono che Zeus sia nato e cresciuto presso di loro. Il discorso riguarda pure i Messeni. Infatti anche questi dicono che il dio è cresciuto tra loro, che nutrici sono state Itome e Neda, che da Neda è chiamato il fiume e che l’altra abbia dato il nome Itome al monte. Dicono che queste ninfe lì abbiano lavato Zeus, che era stato nascosto dai Cureti per timore del padre, e che il nome alla fonte sia derivato dall’inganno dei Cureti. E ogni giorno portano l’acqua dalla fonte al tempio di Zeus Itomata)
Di lui non ho notizia di opere singole pubblicate, ma della sua attività di poeta rimangono numerose tracce in varie raccolte.
Due sonetti sono in Michele Federigo d’Althann vescovo di Vaccia, cardinale di Santa Chiesa, Viceré di Napoli, ecc. acclamato in Arcadia col nome di Teadalgo Miagriano Componimenti degli Arcadi della Colonia Sebezia, e d’altri non Coloni, Mosca, Napoli, 1724, pp. 63 e 102:
Signor, da l’uno a l’altro estremo Polo
andran di nostra Arcadia i pregi alteri,
e riverranno in lei que’ dì primieri, in
cui sublime ergean suoi cigni il volo.a
Se l’antico splendor tutto in Te solo
oggi riveste, e gli onorati, e veri
sentier riprende, onde un dì fia b che speri
girnec più chiaro il nostro eletto stuolo,
or qual darem ghirlanda al tuo valore?
Ch’a sommi Eroi non basta il crin fregiarsi
di lauro, o palma, o d’altro pari onore.
Dee sol di tue Virtudi ‘l serto farsi,
onde splender vedremo ogni Pastore
più che d’auro, e di gemme in fronte sparsi.
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a e ritorneranno in lei quei primi giorni in cui i poeti dell’Arcadia dettero splendida prova di sé. Michele Federico d’Althann era entrato nell’Arcadia nel 1722.
b sarà
c procedere
Spirti d’onor, che ‘n riva al Tebroa ancora
d’Arcadia amanti intorno a lei godete,
deh sul Sebetob a rimirar movete,
qual degno Eroe le nostre selve onora!
Quel, cha Virtude il Regno orna, e ristora,
il gran TEODALGOc, or non sdegnar vedrete
un serto umil, ch’in queste piagged liete
rozza man di Pastor tesse, ed infiora.
Vedrete ancor, come la fronda e ‘l fiore
pregio racquisti a la sua fronte intorno,
e prenda qualità dal suo valore.
Ma no, restate; e ‘l rivedrete un giorno
d’altro ben degno Ovil Sommo Pastore
sul Vatican di maggior serto adorno.e
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a Tevere
b Antico fiume di Napoli.
c Come recita pure il titolo della raccolta, Teadalgo Miagriano era il nome pastorale di Michele Federico d’Althann.
d contrade
e Questi ultimi tre versi non furono profetici, perché Federico non fu papa.
Quattro sonetti sono in Rime degli Arcadi, Antonio de’ Rossi, Roma, 1717, tomo VI, pp. 283-285
Quell’io, ch’un tempo nell’età ferventea
vissi morendo al folgorar d’un guardo b,
che balenando ognor lume bugiardo,
fè d’impuro desioc l’anima ardente,
or d’altra etaded altro pensiero in mente
tepido accoglioe, e più d’amor non ardo,
che di ragione il moto lento, e tardo
contra il caldo d’amor fu sol possente:
così del van desio l’anima sciolse
il tempo, e fu dal tempo il fuoco spento,
che né forza, né luogo allor ritolse;
e alfin del lungo suo vaneggiamento
l’effeminato mio pensier raccolse
frutto sol di vergogna, e pentimento.
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a l’età giovanile
b sguardo
c desiderio
d dell’età matura
e accolgo
Il faggio è questo, in cui Serranoa incise
sotto il nome di Fillib i vari moti
del gran Pianetac, e i corsi a lui sol noti
delle stelle da noi tanto divised:
il sasso è questo, ove talor s’assise
cantando delle cose i semi ignotie,
come il tuon si formi, e come rotif
il fulmine sul monte in varie guiseg.
Or più nol veggioh, ch’a trovar sua stella
nel Ciel è gitoi, ove spess’io rimiro,
e chiamo Morte, che m’unisca a quella,
sovente al dolce luogo il passo giro,
e poiché non poss’io l’anima bella,
mi stringo al faggio, e al sasso, e poi sospiro.
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a Nome di pastorello inventato.
b Pastorella amata da Serrano.
c Giove
d lontane
e le origini sconosciute
f ruoti
g in vari modi
h non lo vedo
i andato
Di quell’ardor, che sparso in ogni parte
del petto mio, sì dolcemente appresi,
canto; e del bel, di cui forte m’accesi,
in amoroso stil vergo le cartea.
Quanto possibil sia l’ingegno, e l’arte
alzar vogl’io, per far chiari, e palesi
i raib, che dal bel volto al cor discesi,
fiamme, e dolcezze anc nel mio cor cosparted.
Ardito mio pensier dispiega l’ale,
passa le nubi omaie libero, e sciolto,
né ti sgomenti il volo, alto, e mortale,
poiché, quando da morte i’ f sarò colto,
forse avverrà, che viva, ed immortale
la mia fiamma ne resti, e ‘l suo bel volto.
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a scrivo versi d’amore
b raggi
c Sic per han.
d cosparse
e ormai
f io
Poiché di tristo umor gravida il ciglio,
la Real Donna, che in Liguria impera,
vide l’Italia in quella parte, ov’era
del proprio sangue il bel terren vermiglio,
– Qual fia – proruppe – quel più saggio figlio
di tanti, e tanti infra l’eletta schiera,
ch’or nel mio soglio asceso, a me l’intera
pace riserbi nel comun periglio! -.
Indi volgendo maestoso, e tardo
in quel, che la cingea, stuolo d’Eroi,
sovra di te, Signor, fermò lo sguardo,
e rimembrando i fatti egregi tuoi,
disse: – Le giuste brame, ond’io tutt’ardo,
tu solo, o Figlio, oggi adempir ben puoi.
La Real Donna potrebbe essere Genova e il Signor/Figlio Giovanni Antonio Giustiniani doge dal 1715 al 1717.
Della considerazione in cui il Mattei era tenuto da Giambattista Vico è prova nella raccolta da lui pubblicata nel 1721, della quale riproduco il frontespizio.
Alle pagine 109-146 si trova un lungo componimento del Vico nel quale (vv. 324-432) sono nominati i poeti4 il cui contributo fu inserito nella raccolta e ai vv. 401-402 si legge: il Mattei che valore/ha del nome maggiore. E, quasi a compensazione del valore senza notorietà, il Vico apre la raccolta proprio con un sonetto del nostro, che precede, addirittura, la dedica nuziale del grande napoletano. Non lascia adito a dubbi la nota che si legge in calce.
Ad un Ritratto dell’Eccellentissima Signora Marchesana di Sant’Eramo.
L’altera fronte, il bel celeste aspetto,
e ‘l volto imitator dell’alta mente
sù questa tela a noi rendon presente
Donna, ch’eccelsi spirti accoglie in petto.
Ma il grave onor, l’Angelico intelletto,
l’almo valor del senno, e la possente
forza del brio chi mai sì degnamente
ritrar potria conforme al gran Subietto?
E pur qui l’Arte la Natura hà vinta,
s’ogni virtù di lei vive, e innamora,
e vera appar, non che adombrata o finta.
Tal forte Idea compone, orna e colora,
l’eroica Immago, che se ben dipinta,
maraviglia, e rispetto esige ancora.
Questo nobil sonetto giunto, già data fuori la Raccolta, si è stimato ben fatto qui collocarlo.
E alle pp. 59 e 104 due sonetti del leccese.
Il laccio, ondea furb presi i cori alteric
di questi Eroi, la su nel Ciel s’ordìo
per man d’Amor, sommo Signore, e Dio
di Giove istesso, e de gli Dei più ferid,
santa Onestà lo strinse, e i suoi severi
modi a’ vezzi d’Amor soavi unìoe,
e molcef intanto un nobile desìo
i degni affetti lor casti, e sinceri.
Vieni dunque Imeneog con lieti auspici,
e su l’almeh già strette in un raccolti
versa de’ tuoi favori il bel tesoro.
Quindi vedrem da nozze sì felici
nascere i figli, e rinnovare i volti,
e i fatti egregi de’ grand’Avi loro.
__________
a da cui
b furono
c fieri
d fieri
e unì
f delizia
g Nell’antichità classica era il dio delle nozze e, come nome comune, l’ epitalamio, il canto nuziale che si cantava in coro mentre si accompagnava la sposa alla casa del marito. La voce è dal latino hymenaeu(m), che è trascrizione del greco ὑμέναιος (leggi iumènaios), a sua volta da ὑμήν (leggi iumèn), che significa membrana, imene.
h anime
Io veggioa in mezzo al bel talamob d’oro
sparger nembi di gioia, e far soggiorno
Amor, sua Madrec, delle Grazie il coro,
et Imeneod col vago cinto adorno,
et accese in festivo alto lavoro
mille facie cambiar la notte in giorno,
e Donne, e Cavalier con bel decoro
muover le danze, e cento applausi intorno.
Veggioa la pompaf in apparir fastosi
Eig vinto, et Ellah del trionfo alterai
i duo ben degni, e fortunati Sposi.
Odo al suon di più Lire, e in vaga schiera
cantar nobili Cignil: Eroi famosi
o qual Germem il Sebeton attende, e spera!
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a vedo
b stanza nuziale
c Venere
d Vedi la nota g del sonetto precedente.
e fiaccole
f sfarzo
g lo sposo
h la sposa
i fiera
l poeti
m discendenza
n Antico fiume di Napoli.
(CONTINUA)
Per la prima parte (premessa): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/
Per la terza parte(Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto)
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie)
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria, Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce):
Per la tredicesima parte (Domenico De Angelis di Lecce):
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce):
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
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1 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Roma, Antonio de’ Rossi, 1711, p. 371.
2 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, op. cit., p. 361; per completezza va detto che qualche decennio dopo il pisano Carlo Lanfranchi Chiccoli assumerà il nome pastorale di Salento Scopeo.
3 Ἑλλάδος περιήγησις, IV, 3, 9: Καὶ γὰρ τοῦ Διὸς τὸ ἐπὶ τῇ κορυφῇ τῆς Ἰθώμης τέμενος … (e infatti il santuario di Giove sulla cima dell’Itome …)
4 Oltre a Giulio Mattei sono (per quelli che fecero parte dell’Arcadia aggiungo il nome pastorale): Nicola Capasso, Nicola Cirillo, Nicola Galizia, Giacinto di Cristofaro, Gioacchino Poeta (Clealgo Argeateo), Matteo Egizio (Timaste Pisandeo), Francesco Manfredi, Casimiro Rossi (Vatilio Elettriano), Giuseppe di Palma, Francesco Buonocore, Gennaro Perotti (Filomato Nemesiano), Agnello Spagnuolo (Fidermo Falesio), Niccolò Sersale, Niccolò Salerno (Pirgeo Libadio), Andrea de Luna d’Aragona (Varisto Pareate), Andrea Nobilione, Vincenzo Tristano, Francesco Valletta, Giuseppe di Cesare, Silverio Giuseppe Cestari (Salvirio Tiboate), Giuseppe Aurelio di Gennaro, Vincenzo Viscini, Andrea Corcioni, Basilio Forlosia, Giulio Mattei, Marcello Vanalesti (Spimelio), Francesco Salernitano, Giovanni Maria Puoti, Casimiro Rossi (Vatilio Elettriano), Pietro Metastasio (Artino Corasio), Casto Emilio Marmi, Anton Maria Salvini (Aristeo Cratio).