Dialetti salentini: ceddhi e addoieddhi, due botte di ironia

di Armando Polito

Ci sono parole logorate nel loro spirito nativo dall’uso e dal tempo. È il caso delle due di oggi, la prima un pronome indefinito, la seconda un avverbio di luogo. Solo l’indagine etimologica è in grado di recuperare parzialmente il valore perduto, ma non credo che questo post sia in grado di farlo evocare nell’uso, se non, fugacemente, in chi per un motivo o per un altro si sia imbattuto nella sua lettura. Prima di iniziare sento il bisogno di ringraziare Giuseppina Cacudi, mia cugina, che recentemente su Facebook mi ha posto una domanda relativa all’origine della seconda parola. E, siccome lì la mia risposta è stata piuttosto lapidaria, mi è sembrato opportuno spendere qui qualche parola in più.

Ceddhi che,a quanto mi risulta, è in uso solo a Nardò, significa nessuno. Si può restare sorpresi all’inizio dalla desinenza tipica del plurale dei nomi maschili. Infatti ceddhi esiste come omografo, ma è plurale di ceddhu, sostantivo, corrispondente all’italiano uccello, del quale condivide l’etimo: dal latino tardo aucellu(m), a sua volta da *avicellus, diminutivo del classico  avis. L’originario dittongo iniziale au che in italiano ha dato u sembra essersi volatilizzato in ceddhu. Ciò è avvenuto per un fenomeno abbastanza diffuso, che si chiama deglutinazione (in latino deglutinare significa staccare), vale a dire la perdita all’inizio di una parola del suono originario inteso come articolo o altra particella. Nel nostro caso: l’uccello>lu cello>lu ceddhu>ceddhu.

È tempo di lasciar volare via l’uccello e di passare a ceddhi pronome. Chi direbbe che è ciò che rimane del nesso latino quem velles (chi tu volessi o vorresti)? E la cosa è ancora più chiara nella variante ciuveddhi , in uso in altre zone del Salento, in cui non si è verificata la sincope di –ve-.

Per comprendere l’ironia anticipata nel titolo basterà pensare a queste poche battute:

– Combà, ci n’c’era alla festa -? (- Compare, chi c’era alla festa? -)

– Nn c’era ceddhi – (- Non c’era nessuno -)

L’ultima battuta equivale a – Non c’era (nemmeno) chi vorresti tu -, come se il pensiero dell’interlocutore contasse poco o nulla.

Parente strettissimo di ceddhi è addoieddhi, che significa da nessuna parte, in nessun posto. È ciò che rimane della locuzione latina ad de ubi velles (alla lettera a da dove tu volessi o vorresti) attraverso un intermedio *addovieddhi (la variante dduveddhi è in uso a Salve); e qui l’ironia, che in ceddhi  era affidata a quem velles,  si condensa in ubi velles e s’incrementa nella contraddittorietà di ad che significa verso (complemento di moto a luogo) e de che significa da (complemento di moto da luogo), quasi a denunziare uno stato di confusione mentale che sfocia nel concetto di assenza insito nell’avverbio.

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6 Commenti a Dialetti salentini: ceddhi e addoieddhi, due botte di ironia

  1. Buongiorno Prof.Armando,
    ricordo a Novoli usavamo dire inserendo la lettera H :

    iou su sciutu ma nun c’era ceddhri

    Ta ggiù tittu ca nu bbai propriu adduieddhri

    un saluto da Torino Ersilio Teifreto

  2. Ceddhi si usa anche a Melendugno, dove si usa anche addhucheddhi (non so se ho scritto bene)

  3. Oltre a “ceddhi” e “addoieddhi”, è segnalato per Nardò da Luigi Maria Personè un altro costrutto di “velles”, ovvero, “cciubieddi” col significato di “qualche cosa”. Anche Rohlfs nella “Grammatica storica della lingua italiana” riporta per il Salento, in merito al tipo covelle, la voce “ciubbeddi” con stesso significato.

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