di Armando Polito
In uno dei suoi primi racconti del 1946, Balletto delle fanciulle del Sud, Vittorio Bodini così lo definisce: “… frenesia infantile del riso femminile per nulla, detta igghiu, forse da illud, non da ictus: il pronome neutro latino ne renderebbe la cieca spinta d’un’indistinguibile sessualità.”
Posso condividere, per questo fenomeno che in italiano è chiamato ridarella, il riferimento (che può sembrare soggettivamente maschilista ma lo è oggettivamente, storicamente) alla sessualità femminile (nota antropologica che ha dei punti di contatto col fenomeno del tarantismo inteso come espressione particolare dell’isterismo1), ma per nulla la proposta etimologica. Lasciando da parte ictus (sia del Bodini o citazione da qualche studio letto o scambio di opinioni da lui avuto), che non sta né in cielo né in terra per motivi semantici e fonetici, debbo dire che illud (che significa quella cosa) è certamente suggestivo sul piano semantico con la sua generica allusività ma non regge su quello fonetico perché ha dato nel salentino come esiti iddhu nel Leccese e iddu nel Brindisino e non si capisce per quale motivo in questo caso avrebbe dovuto dare ìgghiu, se non interpretandolo come una sorta di deformazione eufemistica, fenomeno ricorrente nella terminologia sessuale (per esempio cacchio, e ancor più cavolo, per cazzo).
Secondo me ìgghiu deriva dal latino ìlium2, che significa bacino, fianchi, basso ventre, inguine. Il passaggio fonetico –liu->-gghiu– è lo stesso di filium>fìgghiu.
Credo che la mia proposta soddisfi entrambe le esigenze: la semantica (inguine conferma per altra via la mia condivisione, come formulata all’inizio, della valenza antropologica della proposta del Bodini) e la fonetica.3
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1 La parola deriva da isterico, a sua volta dal latino tardo histericus, trascrizione del greco gr. ὑστερικός (leggi iustericòs), derivato da ὑστέρα (leggi iustera), che significa utero, per l’antica teoria che l’isterismo fosse tipico delle donne e causato da una malformazione uterina. Non a caso le nozze erano uno dei rimedi popolari suggeriti a colei che, nubile, ne mostrasse i sintomi, come se la causa fosse la, oltretutto presunta, inattività sessuale. Risulta non pervenuto il consiglio che veniva dato alla donna che anche dopo le nozze conservava gli spiacevoli sintomi.
2 Dalla variante ileum è derivato in italiano ìleo (nome di un tratto dell’intestino tenue e anche di un osso del bacino).
3 Per completezza d’informazione debbo dire che in Antonio Garrisi, Dizionario leccese-italiano, Capone, Cavallino, 1990 per ìgghiu non è riportato l’etimo ma al lemma igghiare (di seguito riprodotto) viene messo in campo il solito incrocio (uno di quelli che ho avuto occasione più di una volta su questo blog di definire pericolosi …).
FILOLOGIA, ANTROPOLOGIA, E “ARCHEOLOGIA”. Il riso, la “ridarella”, il “pesce vivo”, e il “pesce morto”….
CHIARITO CHE “ìgghiu deriva dal latino ìlium, che significa bacino, fianchi, basso ventre, inguine. Il passaggio fonetico –liu->-gghiu– è lo stesso di filium>fìgghiu” E CONSIDERATO CHE l’interpretazione proposta soddisfa “entrambe le esigenze: la semantica (inguine conferma per altra via la mia condivisione, come formulata all’inizio, della valenza antropologica della proposta del Bodini) e la fonetica”, allora, è BENE andare più a fondo nelle profondità della MEMORIA antropologica e culturale dell’umanità mediterranea (quantomeno) e ampliare l’orizzonte della riflessione fino al gesto di Baubò (https://it.wikipedia.org/wiki/Baubo)!
In questa direzione, forse, si comprende di più e meglio quanto “in uno dei suoi primi racconti del 1946, Balletto delle fanciulle del Sud, Vittorio Bodini” cercasse di ricomprendere: “… frenesia infantile del riso femminile per nulla, detta igghiu, forse da illud, non da ictus: il pronome neutro latino ne renderebbe la cieca spinta d’un’indistinguibile sessualità”. Egli aveva compreso non solo il legame tra il riso femminile, la sessualità, e la vita, ma aveva cominciato a intuire probabilmente anche quanto fosse la distanza che passa – una questione filologica e teologica di lunga durata! – tra ICTUS (https://it.wikipedia.org/wiki/Ictus), ICHTHUS (https://it.wikipedia.org/wiki/Ichthys), e IGGHIU. Isterismo, Tarantismo: non solo Freud, ma anche Ernesto De Martino non hanno lavorato invano. E “igghiu” lo ricorda…
Federico La Sala
Ma perchè nessuno legge i dizionari degli altri paesi? Dalle mie parti, in provincia di Brindisi, esiste ‘vigghiu’ con lo stesso significato; è perciò palese che per cercare l’etimologia bisogna partire da ‘vigghiu’ e che ‘ilium’ non c’entra niente e che, ancora, ‘igghiu’ ha perso la ‘v’ come succede spesso se si confrontano le parole dei dialetti del Salento centrale con quelle dei dialetti del Salento meridionale.
Ma perché lei, prima di partire a testa bassa solo per demolire, rinunzia alla parte più originale ed interessante di ogni intervento, quella propositiva? Dovrebbe sapere, poi, che il fenomeno della “v” iniziale ballerina non vale solo quando essa sarebbe caduta (secondo lei) dalla parola primitiva ma anche quando essa viene aggiunta; un esempio per tutti, corrispondente all’italiano “ortica”, che è dal latino urtic(am): vurdìcula/urdìcula; il primo attestato nel Leccese, nel Brindisino e nel Tarantino, il secondo nel Tarantino e nel Brindisino.
Peccato però che nel caso di ‘urdicula/vurdicula’ quella ‘u’ sia una vocale labiale e quindi una sua pronuncia più labiale (in questo caso più vicina alla ‘v’) sia giustificata, mentre una pronuncia più labiale per una vocale palatale (cioè la ‘i’) sia impossibile. Ecco il perchè è stato ‘igghiu’ a perdere la ‘v’, e non ‘vigghiu’ ad acquisirla. Poi ognuno può fare le ipotesi strampalate che vuole. Rohlfs con molta intelligenza si è astenuto dal darne un etimologia
Impossibile? Oltre ad “urdìcula/vurdìcula” esistono le varianti “irdìcula” e “virdìcula” e solo mettendo in campo un incrocio con “erde/verde” potremmo essere certi che “virdicula” è nato prima di “irdìcula” e non viceversa. Ad ogni modo il vocabolario del Rohlfs, con tutto il rispetto possibile, non è un testo che, come il Vangelo, richiede nel lettore un atto di fede e spesso anche lui sembra non volersi assumere responsabilità e gettare la pietra e nascondere la mano. Nel caso in questione, al lemma “igghiare” (saltare del bue tafanato, andare in brio) rinvia a “vigghiare”, a “vigghiare” (essere in calore, della vacca o del toro) rinvia a “igghiare” e a “vigghiu”; a “vigghiu” (brio, allegrezza, estro del cavallo) rinvia ad “igghiu”; ad “igghiu” (brio) rinvia a “vigghiu”, senza mai, come lei nota, dare etimologia. Non è la prima volta che questo balletto si verifica e che in uno dei lemmi coinvolti manchi l’etimo, cosa che più di una volta mi è capitato di notare, anche quando esso è sicuro (e non si tratta di parola che ha il suo corrispondente formale in italiano). Lo stesso vocabolario, a poca distanza da “igghiu” riporta “ìgghji” (inguini, addome) con etimo il latino “ilia” (inguini). “Strampalato” supporre che il singolare “ilium” abbia dato origine a “ìgghiu” e che il Rohlfs si sia ben guardato dal proporre lo stesso etimo per “ìgghiu” in virtù della sua (di lei) osservazione fonetica, che nel caso di “irdicula/virdicula” solo un incrocio certo potrebbe far certamente valere? Al di là, comunque, delle trafile, non solo fonetiche, imprevedibili che coinvolgono alcuni vocaboli, lei avrebbe un’ipotesi, magari “strampalata”, sull’etimo di “vìgghiu”?
Condivido al 100%, anche se il termine non mi era noto, probabilmente perché non in uso nella zona di mia esperienza e interesse, dove, se fosse esistito, avrebbe avuto la forma “iju” (come “fiju”).
E’ proprio vero che, per quanto il cordone ombelicale venga tagliato e il filo non si veda più, ogni “f-igghiu” sembra sempre bello a “so matri” (a mamma sua)! O no?!
P. S. “Ilium” e”F-ilium”. Sulla portata di questa connessione, messa in evidenza dal lavoro del prof. Armando Polito, a mio parere, è bene richiamare non solo la donna (nell’evangelo di Luca) che grida “«Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!»” ma anche la “risposta” di Gesù (del “Figghiu”, il “Figlio” diventato come il “Padre”) “«Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!»” e, al contempo, sollecitare a liberare la sua risposta dai lacci di un biologismo “preistorico” che nelle interpretazioni dominanti ancora la segnano. La sua Parola rinvia, a ben vedere, non solo e non affatto al Dio di un Padre o di una Madre biologici ma al Verbo, al Logos del “Dio è amore” (“Deus charitas est”), e non alla Legge del “Dio è mammona” (“Deus caritas est”)! Filologicamente, antropologicamente (non “andropo-logicamente” o “gineco-logicamente”!) e “archeologicamente”… O no?!
Federico La Sala
Non mi addentro in argomenti che non sono nè di mia pertinenza, nè di mia competenza.
Del termine IGGHIU non mi permetto di scomodare le sue origini e le sue appartenenze, mi limito solo a far notare che a Nardò quel termine indica uno stato di euforia e di eccitazione che sfoggia in risate ed in piacevoli stati d’animo che sprigionano allegria e buon umore. un sinonimo di IGGHIU potrebbe essere il termine di STRINCULU che si manifestano soprattutto tra i bambini quando sono in vena di esternare le loro gioie
…… L’E’ BBINUTU LU IGGHIU……L’HA PIGGHIATU LU STRINCULU……….
mi associo : alla significazione del Prpf.Calabrese – rispecchia molto la versione locale Neretina anche nel nostro territorio di – -Monteroni – Arnesano -Carmiano – Novoli – piacevolissime sempre queste ” arheologie ” cordialità a tutti Voi – peppino .