Il “ritorno al futuro” del Salento sostenibile: muretti a secco e pajare. Dall’innovazione turistica degli anni settanta alla nuova/vecchia risorsa del turismo rurale: “Il Borgo”
di Cristina Manzo
Tu non conosci il Sud, le case di calce
da cui uscivamo al sole come numeri
dalla faccia d’un dado.
Vittorio Bodini1
Fu nelle vie di questo Borgo che nuova cosa m’avvenne.
Fu come un vano sospiro il desiderio improvviso d’uscire
di me stesso, di vivere la vita di tutti,
d’essere come tutti gli uomini di tutti i giorni.
Umberto Saba2
Il Turismo Sostenibile e Sociale è una tipologia ricca di sensibilità del tutto nuova nell’ approccio con la meta prescelta e, contrariamente a quanto si possa pensare, non è un dato scontato nella realtà dei vacanzieri e degli albergatori. Esso è frutto di un lungo lavoro di pianificazione e sensibilizzazione verso le risorse possedute dal territorio e verso l’ideologia che esse debbano essere valorizzate, rispettate e vissute nel migliore dei modi, offrendo in cambio un patrimonio inestimabile di cultura, amore, bellezza e tradizioni a chiunque accetti di usufruirne.
Il Turismo Sostenibile e Sociale è l’unica via di “scelta consapevole” che può rinnovare la crescita storico-culturale e anche economica di un territorio unico come quello del Salento, preservandone qualità e prerogative, perché solo una cura attenta per l’ambiente può assicurarne il futuro, e al tempo stesso solo una prestazione di qualità può assicurare la presenza e la fidelizzazione dei “viaggiatori consapevoli” nel lungo termine.
Il Salento, da molti anni, è la meta preferita di turisti italiani e stranieri che arrivano da tutte le parti del mondo per godere del suo meraviglioso mare, dei paesaggi bucolici, del vento, del sole, del suo folclore, dell’arte e della cucina.
Il Viaggiatore di oggi, però, appare visibilmente diverso dal Viaggiatore di ieri. Con lo stress e il caos che abitano la vita moderna, le attività giornaliere sempre più intense e impegnative e gli obblighi e i limiti che ognuno si impone come valore etico del vivere, nonché come meta personale, il concedersi un viaggio diventa, a tutti gli effetti, un premio meritato che non deve deludere le aspettative di ricompensa emozionale, sia per il Viaggiatore stesso che per chi lo accompagna durante la vacanza. L’idea di viaggio, quindi, risulta essere una priorità di esigenze e un compromesso di qualità e aspettative alle quali il luogo prescelto non può e non deve assolutamente disattendere. In un mondo dove si parla sempre più di sostenibilità, di bioenergie, di ecologia e di architettura a impatto zero e, quindi, di destinazioni turistiche sostenibili, la statistica dimostra che la scelta del Viaggiatore è orientata diffusamente verso un “turismo del benessere” e un “turismo rurale” nel quale il territorio salentino sta dimostrando di poter eccellere senza alcun timore di concorrenza.
Si deve considerare inoltre che, se fino a qualche decennio fa, erano gli adulti a poter vantare il record dei viaggi, oggi questo record è detenuto senz’altro dai bambini che, già in tenera età, vengono inseriti dai “nuovi genitori” nella dimensione del “viaggio di famiglia”; e, affinché esso possa compiersi in maniera soddisfacente, deve potersene verificare l’appagamento per tutti i suoi membri.
In tempi recenti gli strumenti necessari per questa riuscita sono stati tutti i tipi di comfort possibili e, magari, una vista mozzafiato ma, oggi, la risorsa principale che rende vincente una struttura è esattamente l’opposto: la tranquillità, l’oasi di pace, la natura, la qualità della vita e delle attività relazionali e ricettive che, all’interno della stessa, tutto il personale operante riesce a profondere e a praticare; ovvero la vacanza diventa un periodo da trascorrere in una specie di grande famiglia allargata, dove gli ospiti diventano per pochi o molti giorni, (a seconda della durata del tempo disponibile), parte integrante di questa comunità, senza sentirsi neanche per un attimo ospiti ma…”di casa”. Un luogo dove quando arriva il momento del commiato è tale la commozione e la sensazione di “mancanza” che già si pensa inconsciamente a pianificarvi un ritorno, perché è come andare a trovare quei parenti lontani che ti fanno davvero sentire amato, anche quando ti separa una grande distanza.
Una vacanza che diventi attaccamento emotivo per l’accoglienza ricevuta, la simpatia dimostrata dallo staff, le attenzioni singolari “dedicate” è intrisa di mille sfaccettature che la rendono tale: quel cane che scodinzola giocoso e che per tutta la durata della vacanza diventa il “tuo” cane, l’autista della navetta che ti porta al mare mentre ti fa da cicerone, la sensazione di pace che ti avvolge nel momento del rientro, la gratitudine per il contadino che ti offre le sue primizie, per la cucina semplice e saporita dei prodotti della terra e del mare, cotti senza mistificazioni. E ancora, per i rametti profumati di spezie della macchia mediterranea che, più di ogni altra essenza, sanno restare impresse nella memoria del cuore, per le feste popolari organizzate esclusivamente per te, che vieni a visitare queste meraviglie nuove, perché tu possa sentirti parte integrante della cultura locale, del divertimento sano, genuino e generoso. Tutte qualità in cui il Salento eccelle da sempre. La sua ospitalità è, infatti, proverbiale.
Lo stile che, meglio sembra rispondere a queste aspettative e a questi nuovi canoni del turismo responsabile è proprio la vita di “Borgo”, di un borgo rurale.
Ma che cos’è un borgo rurale? Storicamente ed etimologicamente un borgo è un piccolo agglomerato di strutture abitative disposte in maniera sparsa e non molto distanti l’una dall’altra, con degli edifici destinati all’uso comune, una piazza, dei viottoli, dei campi, un pozzo, e un orto, il tutto circondato da una recinzione che ne delimita l’accesso.
Ci sono borghi antichi, da cui è nata la bellissima iniziativa dell’albergo diffuso per recuperare luoghi ormai inusitati, di elevato potenziale storico e di rara bellezza e, ci sono i borghi turistici costruiti a immagine di questi ultimi, per permettere al Viaggiatore di rivivere quell’autentica atmosfera di quiete e magia e, nel Salento, ce ne sono veramente tanti.
I più belli sorgono attorno a case patronali datate e a costruzioni preesistenti delimitate dai muretti a secco tipici del territorio, con le pajare, che sono il simbolo della nostra cultura contadina, il pozzo e un piccolo orto biologico che basti a soddisfare le necessità degli ospiti che albergano nella struttura.
Attenzione fondamentale è quella che va posta nella rotazione delle semine in base al periodo stagionale per ottenere dalla terra ciclicamente quelli che sono i suoi prodotti naturali, senza sfruttare dannosamente il terreno sempre con le stesse colture per non impoverirne le sue componenti minerali. Come ricorda un antico proverbio Navajo: “L’uomo non eredita la terra dai propri antenati, ma la prende in prestito dai propri figli”. Quale migliore accoglienza, quindi, di quella che offre un turismo rurale con il suo orto biologico a km 0, che mostra visibilmente ai suoi ospiti il rispetto per la natura? Di un borgo dove la vita scorre lenta senza orologio se non quello biologico? Di un mondo al di fuori dal mondo che rispetta in tutto ogni elemento della terra?
Le strutture murarie sono tutte erette con calce e con pietra viva proprio per avere un impatto minimo sulla natura. Sono usi e costumi antichissimi, quelli di servirsi della pietra viva nelle costruzioni rurali e bisogna essere artigiani di grande maestria per saperlo fare. Le campagne salentine sono piene zeppe di queste capanne di pietre sia di forma conica che quadrata,(che è molto più recente e innovativa come forma di costruzione) che fungevano da ristoro per le bestie e per i contadini durante la lunga giornata di lavoro nei campi. Alcune servivano per mettere al riparo gli attrezzi agricoli, altre come deposito per la paglia, il fieno o i cereali. Oggi esse rappresentano il fiore all’occhiello dell’accoglienza per il turismo rurale salentino.
La dicitura Pajaru o Pajara che si ritrova anche nella trascrizione Pagghiaru o Pagghiara indicava, secondo come la descrisse Angelo De Fabrizio (in “Quisquiglie etimologiche intorno al nome di una costruzione tipica della campagna salentina”), una costruzione in pietra a secco con copertura di paglia, ed era diffusa nei catasti onciari della provincia di Lecce. L’architettura rurale in pietra a secco nasce da uno stretto legame con le caratteristiche del suolo e dell’ambiente3.
“Il Salento è una terra tutta piana, con le capanne dei pastori dette pagliare, a forma di cappello conico, quasi piccolissimi trulli. Le costruzioni coniche orientaleggianti sembrano essere nella Puglia del Sud la forma più naturale dell’architettura. E la pianura su cui sorgono è tutta marina, spazzata dai venti tra mare e mare. I riverberi, i luccichii, i soffi dei due mari sembrano quasi incontrarsi a mezz’aria; così tutto si presenta lucido, come se fosse avvicinato da un effetto ottico, ed insieme ingannevole. Sembra anche d’essere sul mare se si alzano gli occhi, contemplando le nuvole che galoppano velocemente tra l’Adriatico e lo Ionio. Il Salento è una terra di miraggi, ventosa; è fantastico, pieno di dolcezza; resta nel mio ricordo più come un viaggio immaginario che come un viaggio vero” (Guido Piovene)4
Il borgo turistico rurale si estende in maniera diffusa e orizzontale, a differenza delle classiche strutture verticali, favorendo l’acclimatazione degli ospiti in un’atmosfera tradizionale e familiare. Muretti e pajare sono sempre presenti dove l’ambiente possiede naturalmente la materia prima e cioè la pietra di natura calcarea. Esse sono a pieno titolo parte integrante del paesaggio architettonico,
L’impatto ambientale di una pajara è molto basso per la sua assoluta integrazione con il territorio che ne annulla l’impatto visivo, essendo le strutture perfettamente e omogeneamente contestualizzate nel paesaggio rurale.
I muretti a secco si rivestono di una funzione importantissima e impareggiabile nel paesaggio rurale e nell’ecosistema: essi racchiudono al loro interno un nicchia ecologica vitale che altrimenti avrebbe difficoltà a coesistere. Un vero e proprio “binario” che permette lo scorrimento di una microfauna plurima e multiforme di insetti, piccoli rettili ed anfibi che operano spontaneamente, in modo sinergico all’agricoltura umana, per il mantenimento di un ambiente sano e a scapito di parassiti. I loro interstizi ne divengono dimora e nascondiglio, (come nel caso del bellissimo serpente “cervone”, specie protetta e in via di estinzione che è tipico della macchia mediterranea e molto diffuso nelle campagne del Salento).
La presenza di questi muretti nelle zone aride aiuta non solo a combattere l’erosione del suolo ma, riveste una importante funzione nella lotta alla desertificazione e salificazione del suolo. In loro corrispondenza si crea un microclima particolare, favorevole alle piante mediterranee che possono così, grazie alla maggiore disponibilità idrica, superare la crisi estiva.
Sono decisamente numerose le specie botaniche che crescono lungo i muri a secco. Si va dai più comuni rovi, ai cespugli di salvione giallo o di timo, ma troviamo anche il lentisco, il mirto, l’alaterno e la quercia spinosa. Ci sono poi la rosa di S. Giovanni, il prugnolo, la reseda alba e il finocchio comune con l’asparago pungente e numerose graminacee. La ricchezza maggiore di specie botaniche si ha proprio tra le fessure delle pietre ricoperte da muschi e licheni, veri pionieri della complessa ed affascinante vita che pulsa nel muro a secco. Il substrato che si sviluppa dall’azione combinata dei licheni e dai muschi permette poi la nascita di altre piante superiori. Nelle fessure, dove si ha la condensazione della rugiada, si possono incontrare diverse aspleniaceae come l’erba ruggine, nonché l’ombelico di Venere, la draba murale, numerose scrofulariaceae e le veroniche. Specie lianose, come l’edera, e la salsapariglia nostrana, ricoprono spesso i muri a secco più vetusti, offrendo, con le loro fronde ricche di fogliame, ripari ai nidi di numerose specie di passeriformi5.
L’UNESCO ha iscritto “L’Arte dei muretti a secco” nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell’umanità in quanto rappresentano “una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura”. La notizia è stata data con un post sul profilo Twitter dell’organizzazione, che si congratula con gli otto Paesi europei che hanno presentato la candidatura: oltre all’Italia, Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Nella motivazione dell’UNESCO si legge:
– “L’arte del dry stone walling riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di strutture di pietra ammassando le pietre una sull’altra, non usando alcun altro elemento tranne, a volte, terra a secco. Si tratta di uno dei primi esempi di manifattura umana ed è presente a vario titolo in quasi tutte le regioni italiane, sia per fini abitativi che per scopi collegati all’agricoltura, in particolare per i terrazzamenti necessari alle coltivazioni in zone particolarmente scoscese”. Soprattutto nelle zone costiere e nelle isole italiane i muri a secco sono così comuni che spesso si dimentica la loro importanza storica e sociale. In Puglia, per esempio, ci sono i muretti risalenti all’epoca dei messapi con una struttura a blocchi squadrati poggiati orizzontalmente, quelli patrizi che svolgevano il compito di delimitare tenute e poderi appartenuti a casati di gran nome, quelli del volgo, costruiti dallo stesso contadino a delimitazione della piccola proprietà chiamata chisùra. Ancora una volta i valori dell’agricoltura sono riconosciuti come parte integrante del patrimonio culturale dei popoli. I nostri prodotti agroalimentari, i nostri paesaggi, le nostre tradizioni e il nostro saper fare sono elementi caratterizzanti della nostra Storia e della nostra cultura”6 .
Ora, immaginate un bellissimo borgo rurale disseminato ad arte di questi muretti e di queste pajare, ognuna con un nome caratteristico che si rifà ai frutti e alle spezie della terra salentina, dislocate attorno ad una casa patronale imbiancata a calce; tutti i vialetti illuminati delimitati da pietre vive incastonate, una vicina all’altra, a formare preziose cinture murarie, alberi, cespugli, fiori, prati, piazzole lastricate e tante lanterne che ne disegnano ad arte i sentieri…un bar, un ristorante, una piscina e cani e gatti che scorrazzano felici…Un posto che risulti isolato e immerso nella pace pur restando tuttavia a due passi dal mare, a due passi dal paese o dalla città a cui appartiene e che consenta comunque ai suoi ospiti di evadere liberamente da quella pace per organizzare gite ed escursioni di qualsiasi tipo si abbia voglia. Un borgo rurale a misura d’uomo.
Quale posto potrebbe risultare più accogliente e romantico di questo per accogliere il nostro “Viaggiatore”? Il borgo diventa, così, un po’ casa e un po’ albergo, proprio per chi non ama i soggiorni in strutture scontate ma ha bisogno di sentirsi in un ambiente familiare anche, o soprattutto, quando è in vacanza. La struttura del borgo sottolinea una struttura orizzontale, e non verticale come quella degli alberghi tradizionali che di solito appaiono come dei veri condomini. La formula del borgo rurale offre un ritorno alle origini, alla vita sana, all’aria buona e alle radici che l’uomo ha con la terra, al gusto del mangiare bene con una scelta consapevole, nonché, in un’atmosfera familiare e ospitale.
Immaginate infine un’estate piena zeppa di feste, dove ogni occasione diventa un’occasione di incontro di culture e di omaggio alle tradizioni, e dove si cerca di trasmettere questa rispettosa sapienza ad ogni ospite, persino ai bambini: fare la salsa secondo la tradizione, in mezzo ai prati, cominciando di buon mattino, promuovere le nostre grandiose cantine vinicole con degustazioni di vino e di cibi locali, creare un percorso enogastronomico dove si assiste al “live” delle nonne che impastano le orecchiette, che friggono le famose pittule salentine che, in alcune zone del Salento sono conosciute come “cecamariti”, assistere al “casaro” che fa le mozzarelle davanti agli occhi increduli e adoranti degli ospiti.
Viene naturale, per esempio, lasciarsi coinvolgere dal divertentismo puro con le acrobazie di saltimbanchi, di mangiafuoco e di un’improvvisa scatenata danza di pizzica salentina o dalla musica di una tradizionale “banda di ottoni e tamburi” che attraversa le vie del borgo radunando dietro di sé tutti allegramente, e per finire, perché no, da una miriade di bellissimi fuochi d’artificio che illuminano di colore il blu cobalto del cielo. È questa la vacanza che resta impressa, quella che parla al cuore, quella che suscita emozioni uniche che riecheggiano nei ricordi del tempo come i colpi delle bacchette su quei “tamburi”… Perché in una struttura orizzontale, come quella di un agriturismo o di un borgo rurale, è veramente possibile coinvolgere tutti alla compartecipazione di un sano divertentismo e alla spensieratezza, che è quello stato emozionale che, oggi più che mai, il Viaggiatore ricerca nella sua vacanza.
Ma, per dirla meglio con le parole rilasciate in un’intervista dal noto videomaker Fabrizio Vaghi, che dapprima insieme al padre e poi da solo ha girato il mondo:
“ Ogni volta in cui incontro viaggiatori approdati nel Salento (ripeto, viaggiatori non turisti), ad affascinarmi è la potenza emotiva con cui lo raccontano, il fascino con cui lo ricordano, la meraviglia con cui riempiono il loro zaino in spalla, la verità con cui ripercorrono le tappe del loro viaggio. Ché, in questi casi, di vero e proprio viaggio si tratta, di avventura, di scoperta, di intime riflessioni e di emozioni condivise. Un viaggio che ha tanto da raccontare.
- Come vive il Salento un videomaker? Cosa provano i suoi occhi, cosa suggeriscono le emozioni, mentre vaga per il mare e la campagna, le stradine di paese e le feste popolari?
Un videomaker nel Salento non può che farsi traportare dai colori e dai profumi di questa terra, spalancare gli occhi e la mente verso il mare cristallino, le distese di uliveti, le storiche masserie, le città storiche tipicamente barocche. Un mix di emozioni che vanno catturate, vissute e raccontate.
- Ci racconti quali sono, secondo te, le bellezze custodite nel Salento? Cos’ha di magico questa terra?
Se penso al Salento la prima cosa che mi torna alla mente è Lecce, una città d’arte che mi ha sorpreso per le sue architetture scolpite nella tenera pietra locale, famosa anche per la sua tradizione della cartapesta. La magia credo che risieda nei suoi abitanti, che hanno saputo portare avanti tradizioni e usanze popolari, senza farle invecchiare o peggio ancora estinguere, penso alla taranta e alla pizzica per esempio.
- Qual è la località turistica costiera che più ti ha privato di fiato e di parole?
Senza dubbio è Gallipoli, circondata dall’acqua come una città-isola. Il suo centro storico, piccolo quanto basta, sembra essere rimasto intatto nel tempo, baciato dal sole e accarezzato dall’acqua. Curioso veramente constatare che l’unica via d’accesso al borgo sia soltanto un ponte, acqua a destra, acqua a sinistra.
- Si dice che il mal di Salento colpisca turisti e salentini costretti a vivere lontano. Cos’è che resta nel cuore del Salento?
Per rispondere con una battuta: “la voglia di tornare”.
- Ci saluti con un tuo pensiero personale o una citazione che racconti cos’è per te il Salento?
Terra di sapori, colori e meraviglie. Terra scaldata dal sole e da un popolo che sa sempre essere ospitale, cordiale e farsi amare. Questo è il mio personale ricordo del Salento7.
Note
1– Da Foglie di tabacco (1945-47), in La luna dei Borboni (1952), a cura di Antonio Mangione, Besa Editrice, Nardò (Lecce).
2– Umberto Saba Il Canzoniere (1900-1947) 1°Ed Di Lusso Garzanti 1951.
3– De Fabrizio Angelo, Quisquiglie etimologiche intorno al nome di una costruzione tipica della campagna salentina, (s. n.), a. I, pp.302.307, nell’Apulia di Eugenio Selvaggi (1910.1914), nella sezione glottologia e dialettologia, p.325, fondata nel 1910 a Martina Franca in Terra d’ Otranto da Eugenio Selvaggi. Essa è stata tra le più importanti riviste di storia regionale apparse nel mezzogiorno d’Italia nei primi del novecento. emeroteca a.provincia.brindisi.it/…/1975/…/L’ApuliaDiEugenioSelvaggi
4https://culturasalentina.wordpress.com/2010/09/07/lincantevole-lecce-di-guido-piovene/
5– http://www.murettiasecco.com/muretti_a_secco_ecosistema_paesaggio/
6https://www.repubblica.it/cronaca/2018/11/28/news/unesco_muretti_a_secco_patrimonio_dell_umanita_-212865884/
7– http://www.nelsalento.com/blog/la-vacanza-nel-salento-fabrizio-vaghi/
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