di Armando Polito
Non so voi, ma io in casa sono quasi continuamente, quando ricevo la visita di una delle mie due figlie (non dico auale …) a spegnere interruttori, tv ed altri apparecchi che utilizzano l’energia elettrica; mi debbo precipitare pure, quando si accende il riscaldamento, che porte e finestre siano adeguatamente chiuse, in modo, cioé, che nessuna carassa (apertura) faciliti la dispersione del calore.
Tutt’al più sarà opportuno scarassare (socchiudere) una porta o finestra per qualche manciata di secondi al fine di consentire il ricambio dell’aria in un ambiente. In estate la stessa azione prolungata nel tempo avrà il fine di alleviare l’afa facendo circolare l’aria o, se limitata all’imposta, di far entrare più luce.
Carassa è anche la lesione, la crepa dell’intonaco o di un muro e, nel caso in cui quest’ultimo sia a secco, lo spazio che rimane tra pietra e pietra, rifugio per lucertole o uccellini per sfuggire ad un gatto o ad un nostro simile.
Per quanto riguarda l’etimo comincio proprio da scarassare, che ha origine da un inusitato *carassare con prostesi di s- intensiva; se quest’ultima è ciò che resta della preposizione latina ex; *carassare è dal latino charaxare che ha i significati di grattare, intagliare, solcare, incidere, graffiare.
Charaxare, a sua volta, è dal greco χαρἀσσω (leggi charasso), che ha i significati, parzialmente o totalmente sovrapponibili anche in assenza di fantasia sfrenata …, di affilare, aguzzare, fornire di denti, lacerare, solcare, incidere, iscrivere, cancellare.
Nessuna meraviglia, dunque, se nel latino medioevale charaxare assume il significato di scrivere ma anche quello contrario di cancellare (in fondo si tratta di due raschiature con finalità diverse), Lo stesso latino medioevale, poi, registra charaxatura (o caraxatura) e charaxia (o caraxia) col significato di scrittura o cancellatura. Ancora meno meraviglia suscita il fatto che il nostro carattere è dal latino charactere(m), a sua volta dal greco χαρακτήρ (leggi caractèr), che, manco a dirlo, è da χαρἀσσω.
Dubbio è, invece, che una radice ridotta di χαρἀσσω (χαρ-) abbia dato vita a χάρρτης (leggi chartes), dal quale il latino charta ha dato l’italiano carta. A questo punto, comunque, non appare certo casuale la metafora agricola dell’indovinello veronese (vedi nota 1 in https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/08/15/indovinelli-leccesi-sotto-lombrellone-13/).
In conclusione: carassa è deverbale da *carassare. Il suo asterisco (che in filologia indica voce non attestata) non vale per Scorrano in cui sarebbe, stando a quanto riporta Giuseppe Presicce nella scheda che segue tratta da http://www.dialettosalentino.it/carassare.html.
Debbo ora fare qualche precisazione su quanto relativamente all’etimo ha scritto chi se ne è occupato prima di me1. Ecco come la voce risulta trattata dal Rohlfs.
bene, meno, apparentemente, quel χαράξαι (leggi charàxai) che potrebbe appare incongruente in quanto l’infinito aoristo di χαρἀσσω. Credo che sia stato tirato in ballo per giustificare il passaggio –ξ->-x- in charaxare, salvo, poi, il passaggio –x->-ss– in carassa.
Incomprensibile, invece, risulta, per quanto riguarda questo dettaglio, quanto si legge nel Garrisi.
Si tratta di una maldestra (altro non dico …) evidente citazione del Rohlfs, il cui χαράξαι (caràxai) è diventato, in seguito ad un doppio terremoto fonetico, carazài!
Per completezza e a conferma che il mondo è piccolo, aggiungo una nota che rende meno distante il nord e il sud, nella fattispecie il Salento e il Piemonte, e non solo. Mi riferisco ad un tipo di coltura della vite un tempo praticato nel Monferrato, quello italianizzato in a tre carasse (l’illustrazione è tratta da http://www.viten.net/files/9a1/9a13df24f760fe9b3ae8224263ce3546.pdf).
Innumerevoli sono le varianti di carasse (tutte nel significato di paletto) e l’elenco che segue, senz’altro parziale dà l’dea della diffusione della voce. Derivano da un intermediario latino *caratium, trascrizione del greco χαρἀκιον (leggi charàkion) che significa sostegno, appoggio, diminutivo di χάραξ (leggi charax), che significa palo di sostegno (specificamente per viti in Aristofane, Tucidide e Luciano), palizzata, trincea, pianta spinosa. La voce ha la stessa radice (χαρακ-) di χαρἀσσω con passaggio dall’idea di fendere, spaccare a quella della separazione dello spazio, che è il fine del palo e ancor più di una palizzara.
Pignola (Potenza) carraccë
Avigliano (Potenza) carrazze
Rivello (Potenza) karráttsë
Trecchina (Potenza) karráttsu
Potenza carraccia
Albano Laziale (Roma) e Trivigno (Potenza) karrátts
Triora (Imperia) caratsa
milanese carasc
genovese carassa
Bronte (Catania), Frazzanò (Messina) carrazzu
bresciano caràs
francese echalas (molto probabilmente secondo intermediario,. dopo il latino *caratium, delle varianti settentrionali.
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1 Gerard Rohlfs, Vocabolario dei sdialetti salentini (Terra d0Otranto), C ongeo, Galatina, 1976
Antonio Garrisi, Dizionario leccese-italiano, Capone, Cavallino, 1990
Avrei aggiunto un altro termine molto usato nel nostro dialetto “Carottu”.
Lo avrei già fatto, se ci fossero state con “carassa” un’affinità semantica più spiccata e e una comune base etimologica.
Professore, i suoi contributi sono sempre puntuali, dotti e illuminanti. Grazie per la citazione.
I complimenti, quando giungono da persone competenti ed appassionate come lei, sono particolarmente graditi. Spero solo di meritarli, almeno qualche volta.
saggezza e anche lungimiranza di capace ” svelatura ” di nostra cultura sono preziose affermazioni per chi non ricorda o non conosce e mi unisco al Prof. Presicce – a dotti e illuminanti – con stima e affetto a tutti Voi – peppino . p.s.- aggiungo solo che -” carottu – riguarda fori o buchi ciò lo si riscontra in ambito Magliese – nel Poggiardo e S.Cesaria cordialità sempre peppino