di Armando Polito
La preziosità di un qualsiasi oggetto in genere è legata alla sua età, unicità e valenza documentaria di un’epoca o della vita di una singola persona. L’esempio più eclatante è fornito dall’arte nelle sue varie manifestazioni e prodotti, ma anche un semplice, si fa per dire, frontespizio può avere un peso superiore a quello che, almeno teoricamente, gli si potrebbe attribuire. Sotto questo punto di vista le attuali pubblicazioni probabilmente avranno poco da dire ai posteri e la cosa può sembrare paradossale, viste le enormi potenzialità, con riferimento anche al modesto impegno finanziario, che i moderni sistemi di stampa offrono rispetto a qualche secolo fa, quando un frontespizio degno di questo nome richiedeva il contributo, già in fase di creazione, di un disegnatore e di un incisore; dei più accreditati in tale lavoro rimane traccia, leggibile in calce ai frontespizi o alle tavole interne del volume, nei loro nomi preceduti rispettivamente da delineavit (disegnò) e sculpsit (incise). Oggi il grafico più scalcinato può fruire di un repertorio pressoché sterminato nella scelta di un’immagine e truccarla da originale, quando non gli va di crearne una propria, con l’ausilio del pc, in brevissimo tempo e senza spese; in passato, al contrario, la preparazione di un rame (su un disegno precedentemente fornito) era cosa laboriosa, complessa, lunga e costosa; eppure, nonostante questo, nessun frontespizio attuale mi sembra poter competere con quelli del passato.
Passo a dimostrarlo dopo aver riprodotto quello del titolo, cioé quello del poema eroico Storie di guerrieri e d’amanti in nuova impresa nella città di Taranto succedute, Giacomo Carlino ed Antonio Pace, Napoli, 1596, del tarantino Cataldo Antonio Mannarino (1568-1621)1.
Nella fascia superiore due figure femminili alate reggono il ritratto del poeta incastonato in uno scudo in cui, però, non compare nessun elemento nobiliare, non potendone egli vantare, a differenza della moglie. Il dettaglio è molto importante perché è l’unica sua immagine, a quanto ne so, pervenutaci ed ha un riferimento temporale ben preciso, come si legge nella fascia sottostante: D(otto)r CATALDO ANT(ONIO) MĀNAR(INO) D’AN(NI) 28. L’età indicata corrisponde perfettamente a quella che il poeta aveva nel 1596, cioè alla data di pubblicazione dell’opera.
Segue una seconda parte contenente il titolo, ai cui lati campeggiano due altre figure femminili e sotto al quale compare lo stemma di Alberto I Acquaviva d’Aragona, cui il poema, come dichiara lo stesso titolo, è dedicato.
In basso gli estremi editoriali e non solo: Appresso Giac(omo) Carlino et Ant(onio) Paci Napoli 1596 Mart(in) vān buytēn sculp(sit).
Scopriamo che dal punto di vista editoriale non si badò, per così dire, a spese, perché per il frontespizio venne scomodato così, un incisore del calibro dell’olandese Martin van Buyten, che all’epoca spopolava insieme con Abraham Tummermans. Non a caso, fra l’altro, da loro furono realizzate le tavole dei manuali (di seguito i frontespizi) di scrittura di Sempronio Lancione, calligrafo e magister scribendi romano.
Proseguo nella descrizione del frontespizio e spero che qualcuno individui il significato allegorico delle due figure femminili che campeggiano ai lati del titolo. io non ci sono riuscito ma credo che all’epoca nella realizzazione di un frontespizio con figure allegoriche non si potesse prescindere dal filone dei simboli ed emblemi, che nel secolo XVI e nel successivo ebbe enorme fortuna2. Solo per dare un’idea riproduco due tavole (libro V, simbolo CXXXI p. CCXC e libro II, simbolo XXXIII, p. LXXII) da Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum libri quinque, Società Tipografica Bolognese, Bologna, 1574. Lo faccio senza la pretesa di dimostrare alcunché, ma solo per mettere in rilievo alcuni dettagli compositivi in comune tra loro ed il nostro frontespizio e per lasciare ad altri più qualificati di me il compito di individuare le due figure femminili che nella seconda tavola del Bocchi, Virtù ed Onore, appaiono solo col nome che campeggia su una porta.
Tra il titolo e i già descritti estremi di stampa in basso, infine, lo stemma del dedicatario, Alberto I Acquaviva d’Aragona.
Va rilevato che il volume del Mannarino è impreziosito, come lo stesso frontespizio preannunzia, da dieci tavole di anonimo autore; credo, comunque che, per motivi stilistici, i relativi rami non siano attribuibili a Martin van Buyten.
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1 L’opera è scaricabile integralmente da https://books.google.it/books?id=GlhE0wonMocC&pg=PA27&dq=Storie+di+guerrieri+e+d%27amanti+in+nuova+impresa+nella+citt%C3%A0+di+Taranto&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjd1s6Ip9TfAhXq2OAKHYbACEsQ6AEILjAB#v=onepage&q=Storie%20di%20guerrieri%20e%20d’amanti%20in%20nuova%20impresa%20nella%20citt%C3%A0%20di%20Taranto&f=false. Il Mannarino fu autore abbastanza prolifico. Oltre all’opera citata diede alle stampe:
Canzone all’illustriss. e revendiss. monsignor Alfonso cardinal Gesualdo, vescovo d’Ostia. Giovanni Iacomo Carlino & Antonio Pace, Napoli, 1596
Il pastor costante favola boschereccia, dedicata al signor Marc’Antonio Musettola cavalier napolitano, Giulio Cesare Ventura, Bari, 1606
Apologia in resposta del parere, publicato sotto nome di Giovanni Battista Leoni, sopra la fauola boschereccia, detta il Pastor costante, di Cataldo Antonio Mannarino. Con due tavole. Con un discorso, nel fine, del dottor Vincenzo Marini, detto tra gli Accademici Messapij il Cleantico, Giovanni Battista Sottile, Napoli, 1608
La Susanna, tragedia sacra, con quattro intermedij dell’historia di Susanna hebrea, Bernardo Giunti e Giovanni Battista Ciotti, Venezia, 1610.
L’Erminia. favola boschereccia. Bernardo Giunti e Giovanni Battista Ciotti, Venezia, 1610
Rime. divise in quattro parti, Tarquinio Longo, Napoli, 1617
Storia di Mesagne a cura di Giuseppe Giordano, Damiano Angelo Leucci e Domenico Urgesi, Società storica di Terra d’Otranto ; [Mesagne] : Sulla rotta del sole-Giordano, 2018. Si tratta della trascrizione dal manoscritto custodito presso la Bibilioteca Nazionale di Napoli (Mss., XIV.G.18/2) di un opuscolo successivo al matrimonio, celebrato il 28 marzo 1592, con la nobile Porfida De Rossi, in seguito al quale il Mannarino si trasferì nella vicina Mesagne. Di questo centro il codice contiene una dettagliata pianta topografica, una sorta di anticipazne di un interesse per il valore storico (valido anche per il futuro) dell’immagine-documento, ilò che è confermato dalla tavola oggi in esame, la quale, d’altra parte, è solo quella iniziale, precedente il primo canto, mentre altre nove altre nove accompagnano i restanti nove canti del poema.
2 Solo alcuni titoli usciti prima del 1596:
Andrea Alciati, Emblematum libellus, Wechel, Parigi, 1534
Giovanni Sambuco, Emblemata, Planti, Anversa, 1564
Adriano Giunio Medici, Emblemata, Plantin, Anversa, 1565
Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum libri quinque, Società Tipografica Bolognese, Bologna, 1574
Paolo Giovio, Dell’imprese militari et amorose, Rouille, Lione, 1574
Claudio Paradino, Symbola eroica, Plantin, Anversa, 1583
Giovanni Mercerio, Emblemata, s. n., s. l., 1592
Cesare Ripa, Iconologia, Eredi di Giovanni Gigliotti, Roma, 1593
Iacopo Boissard, Emblematum liber, Francoforte sul Meno, 1593
Scipione Bargagli, Imprese, Francesco de’ Francesxchi, Venezia, 1594