di Pier Paolo Tarsi
Hassan è nato dove le pietre hanno un’altra consistenza, dove gli strati della roccia si arroventano al sole del vicino Sahara e i muri delle città emanano un bagliore bianco, candido come le vesti di chi attraversa da secoli il silenzio del deserto.
Dal Marocco, dove Hassan appunto nasce, non ci separa ma ci unisce il mare, e le mani pregne della medesima antica pazienza dei tanti sud, gravide di arte e di passione come quelle di questo ragazzo, sono una riformulazione unica di questo primordio di comunione antica e qui rinnovata, incisa e scolpita nella tenera pietra nostrana, quella leccese.
In principio, è stato scritto, era l’azione: l’uomo, da sempre, si va attuando e facendo da sé modificando ciò che incontra; col suo fare il mondo delle cose va costituendosi in spazi abitabili e nicchie di significati che lo definiscono e lo specificano come essenza culturale per natura. Ed è un semplice corollario di questo principio generale l’evidenza che Hassan va facendo e tessendo con le sue proprie mani la propria essenza o identità di artista e artigiano salentino, seppur venuto da lontano.
Ricalcando pratiche e mestieri che noi andiamo invece perdendo, va definendosi come la parte più intima del nostro essere salentini mentre noi già la smarriamo, e lo fa dialogando e plasmando proprio la materna e più tipica pietra che la nostra terra offre. Doni del deserto, trasportateci, come sempre le cose più preziose, dal mare, le sue mani apprendono e acquisiscono quanto di meglio hanno compiuto prima di lui quelle mani che hanno edificato nei secoli chiese e altari nostrani; ne emulano i gesti, gli inciampi e le perizie, l’improvviso impuntarsi, il deciso sferzare o i carezzevoli sfreghi, delineando così profili e incidendo la sostanza della pietra leccese di cui le sue opere sono fatte.
Hassan vive a Copertino ed è pertanto un suo figlio venuto da lontano, giunto qui a ripercorrere le tecniche e le forme della nostra tradizione artigianale, a renderci fieri così in questo rispecchiarci nella bellezza delle nostre opere che ora è lui a mostrarci e svelarci, partecipandone e rinnovandone la creazione nei suoi lavori. Non occorre alcuna retorica dell’inclusione quando è la sintassi stessa delle mani a plasmarla, a tesserla, agendo secondo saperi e pratiche culturali emerse nel Salento ma che appartengono, semplicemente, a chi le attua, arricchendole inoltre di una luce abbagliante che viene da un altrove. Le pratiche non conoscono confini, solo artefici, e le essenze, le identità, non conoscono frontiere, solo persone, attori che le incarnano e le pongono così in essere, rigenerandole in un dinamismo perpetuo e rimettendole in movimento col prestito della propria carne ed esistenza, delle proprie mani. Ecco a voi, allora, semplicemente Hassan Forssane, artigiano della pietra leccese venuto dal Marocco.
venne dal MAROCCO e fu nostro – complimenti -dott.- Tarsi – e – Lei – ha perfettamente ragione quando commenta di rispecchiarci nei Nostri manufatti – aggiungo – certamente gloriosi – e- irrepetibili – che la sintesi d’arte di Hassan ci obbliga a rivedere – cordialità sempre – peppino martina