di Pier Paolo Tarsi
Siamo nel Salento, è appena iniziato il ‘500, il secolo emette vagiti, ha soltanto un anno. Un ormai anziano Antonio Ferrariis, detto il Galateo, ha da poco finito di consumare la sua frugale cena. È fatta di pochi cibi semplici, proprio come consiglia nei suoi testi di medicina e nelle lettere in cui dispensa consigli e pareri agli amici che si affidano alla sua sapienza per lenire i mali della propria carne e dello spirito. Con la scienza medica Galateo cura i primi, con la filosofia si occupa dei secondi. Fuori è ormai buio. Alla luce fioca di un lume inforca una penna, la intinge nel calamaio per scrivere una lunga lettera. È indirizzata al marchese di Nardò e conclude con queste parole: “Perciò, o nobile signore, con la tua saggezza e dottrina, non considerare spregevole per la razza, la condizione, le infermità, gli oscuri natali, per qualche misfatto dei suoi progenitori alcun uomo che non sia gravato da propri vizi”.
Erasmo non ha ancora scritto il suo Elogio della follia, Lutero non ha ancora affisso le sue tesi a Wittenberg. La modernità, ufficialmente, non è ancora del tutto iniziata.
DOC.: PER APPROFONDIMENTI*. Si legga “L’*Eremita*, l’uomo del Galateo” ….
“[…] Proprio nel 1517, anno in cui il Galateo moriva a Lecce, Lutero affiggeva sulla porta del duomo del castello di Wittenberg le sue 95 tesi, che avrebbero dato inizio alla Riforma protestante. Ribadito che la coincidenza delle date è cosa di poco o nessun conto, va anche detto che non è del tutto vano evidenziare qualche colleganza fra il figlio di un sacerdote di origine greca e il monaco agostiniano di origine sassone. Non era solo una questione di rigenerazione politica della chiesa, che in qualche modo il papato romano aveva già iniziato. C’era una più sofferta ragione spirituale che travagliava gli spiriti europei più colti e sensibili. La grande scoperta che Lutero fece e che gli consentì di superare la crisi personale fu S. Paolo e la giustificazione per sola grazia. Sia pure con altri intenti e per altre circostanze il Galateo ribadisce che la salvezza degli uomini non sta tanto nelle opere quanto nella fede. Lo dice confrontandosi con Pietro, proprio agli inizi del dialogo.
“Alcuni sono stati graditi a Dio per le opere, io per il cuore e la parola, cosa che a lui è graditissima. Le opere difatti spesso sono fatte per un secondo fine, il cuore retto invece non si discosta mai dalla verità, non inganna mai, non simula mai, tutto spera e tutto soffre. Coloro che chiamiamo ipocriti ostentano le buone azioni, non per Dio, ma per se stessi, per essere giudicati santi, buoni uomini, per raccogliere le elemosine e accedere ai seggi vescovili”.
Il *cuore retto* del Galateo non è la *sola grazia* di Lutero, ma un po’ si somigliano. Più spiccato il realismo aristotelico in uno, più spiccato lo spiritualismo platonico nell’altro. Siamo, evidentemente, su piani diversi e in circostanze imparagonabili, ma è di tutta evidenza che per entrambi la fede che si cerca di concretizzare in opere non autenticamente cristiane spiega come fosse possibile che dalla piccola favilla della vendita delle indulgenze in Germania divampasse l’incendio della Riforma in tutta Europa. Il che consente di vedere anche il Galateo in una luce più moderna, senza per questo smuoverlo di un soffio dal suo tempo e dai suoi luoghi.” **
* UN’EPISTOLA DEL GALATEO IN DIFESA DEGLI EBREI (a c. di Benedetto Croce, 1938: cfr.: https://www.fondazioneterradotranto.it/2017/05/30/antonio-de-ferrariis-galateo/#comment-63294).
** Cfr.: Luigi Montonato, “L’Eremita, l’uomo del Galateo”, Idomeneo (2017), n. 23, 107-124 (cfr.: file:///C:/Users/Asus/AppData/Local/Temp/18652-125017-1-PB-1.pdf).
Federico La Sala
DOC. 2. MEMORIA, STORIA, E FILOLOGIA. Si legga “L’*Eremita* del Galateo” …
“LE VIE DELLA VERITÀ. […] per la verifica rinascimentale, analizzare la letteratura dei cristiani offesi, a partire dal *Contra hypocritas* di Poggio Bracciolini fino all’*Isola dei papòmani* nel *Gargantua* di Rabelais. In una lettera del 2 luglio 1497 Savonarola esortò un monaco «all’animosa libertà» contro le parole abbiette, ossia agli ordini ipocriti, pur indorate dalla potestà papale, detta suprema o delle Chiavi. Chi passava dalla collera etica contro la menzogna delle parole […] alla satira beffarda, si soffermava soprattutto sull’evoluzione del titolo papale di *servo dei servi di Dio*, per dimostrare che avesse preso senso di *signore dei signori*, «dominus dominantium»: si legga l’*Eremita* di Antonio de’ Ferraris detto il Galateo. Anzi era pensiero di Michelangelo che servo dei servi si diviene in croce e perciò quel titolo compete solo a Cristo (*Rime*, n. 298). Per parte mia sono convinto dell’ironia di Raffaello quando nelle Stanze Vaticane figura Pietro scalzo e i papi Giulio II e Leone X nella pompa della gloria” (cfr. ROMEO DE MAIO, *Rinascimento senza toga*, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1999, p. 18). *
* Sul tema, mi sia consentito, cfr. I “DUE CRISTIANESIMI” E LA PROPRIA FACOLTA’ DI GIUDIZIO….: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5514#forum3146037
Federico La Sala
DOC. 3. IL GALATEO, LA VIOLENZA SULLE DONNE, E L’ICONA DELLA MADONNA DALL’OCCHIO NERO DI GALATONE….
A) DE FERRARIIS, Antonio. – Nacque a Galatone (od. prov. di Lecce), donde trasse il nome accademico di Galateo, verso la metà del secolo XV dal notaio Pietro e da Giovanna d’Alessandro. Non si conosce con sicurezza l’anno della nascita – anche se una consolidata tradizione critica, che va dal Papadia al Griggio, ha costantemente indicato il 1444 -, e solo di recente il Moro (pp. 89-97) ha proposto con valide argomentazioni il 1448.
Rimasto orfano di padre, il D. ricevette i primi rudimenti del sapere dai frati basiliani di Galatone, completando successivamente gli studi nelle scuole umanistiche di Nardò, in quegli anni il maggiore centro culturale del Salento… (cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-de-ferrariis_(Dizionario-Biografico)/).
B) Videomessaggio. Bassetti (Cei): maltrattare le donne è sacrilegio (https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/bassetti-maltrattare-le-donne-e-sacrilegio)
“Il presidente della Cei si è infine soffermato sull’icona del ‘600 della Madonna dall’occhio nero custodita nel santuario mariano di Galatone in provincia di Lecce. Un uomo lanciò una pietra contro la sacra immagine colpendo la Madonna in pieno volto, all’altezza dell’orbita destra. Immediatamente, intorno all’occhio comparve una evidente livido nero tuttora visibile. Un affresco che molti considerano il simbolo della violenza sulle donne.
«È una bellissima icona – ha concluso Bassetti – che io non conoscevo ma che vi invito a diffonderla. E questa Madonna violata, così sul suo volto stupendo, è l’immagine quasi del sacrilegio che si commette nel violare le donne. Perché ogni donna che sia giovane o anziana è sempre una sorella e una madre da rispettare. E chi non rispetta una donna non rispetta le proprie radici e non rispetta la vita».
Federico La Sala
Grazie Federico per i tuoi interessantissimi commenti. Un cordiale saluto, Pier Paolo