di Marcello Gaballo e Armando Polito
GNURICAMIÉNTU Cianosi. GnuricamIèntu è da gnuricàre=annerire, a sua volta dal latino nigricàre=esser nero, da niger=fosco
GNURICAMIÉNTU TI SOLE Abbronzatura ed elastosi solare. Per l’etimo di gnuricamièntu vedi il lemma precedente. Terapia: empiastro di prezzemolo. Si coglie l’occasione per ricordare che a natura, fra i tanti rimedi, fornisce anche quelli utili per la pulizia delle pelle, che dai nostri avi la si voleva bianca e lucida, comu queddha ti li signure, ritenendo la pelle scura e abbronzata un segno di popolanità e propria delle contadine. Le nostre nonne raccoglievano la linfa della vigna ancora verde in un vasetto ben pulito, per spalmarlo poi, in modiche quantità, sulle macchie della pelle esposta a lungo al sole cocente; I chicchi ancora verdi dell’ orzo, stemperati nel latte, danno un liquido lattiginoso che veniva utilizzato per togliere le impurita’ delle pelle, rendendola cosi’ piu’ lucente; la lanuggine che riveste la parte interna del baccello delle fave verdi veniva sfregata ogni sera sul viso per ravvivarne il colorito e qualcuno otteneva lo stesso risultato col succo fresco delle minuncèddhe (cocomeri). Ancora: la farina di fave e quattro semi freddi mischiati col latte tiepido rendevano piu’ chiara la pelle, togliendo quelle antiestetiche macchie che si formano dopo l’ esposizione al sole; un ultimo cosmetico si otteneva nel seguente modo: si raccoglieva ed essiccava la pianta della malva in tutte le sue parti e si faceva bollire col decotto di lengua ti cane o lengua ti pècura (piantaggine); col liquido ottenuto si detergeva la pelle macchiata dal sole, che così diventava piu’ chiara e lucida.
GNURICATÚRA Ecchimosi. Per l’etimo vedi gnuricamièntu. Terapia: empiastro di prezzemolo.
INTISCIAMIÉNTU Eczema da freddo. Da intisciàre che corrisponde, con slittamento semantico attivo (screpolare col vento) all’italiano di basso uso venteggiare=tirare vento. Terapia: frizioni serotine con olio d’oliva e cera.
ISSÍCA Vescica, classico esito dei sistemi correttivi di una volta che prevedevano l’uso della curèscia (corregia, cintura dei pantaloni) o, peggio ancora, della ugghina (nerbo di bue), forma aggettivale dal latino medioevale bùbula=bue. Issica, rispetto al corrispondente italiano vescica presenta maggiore fedeltà fonetica, a parte la geminazione di –s-, al latino vesica.
MBRIÁCULA il Rohlfs registra la voce per Squinzano (Le) e Lizzano (Ta) col significato di “infiammazione, gonfiore del dito, giradito”, per San Cesario di Lecce (Le) con quello di neo, voglia e, nel plurale mbriàcule, probabilmente per Brindisi, come testimonianza letteraria tratta dal Libro di Sydrac (codice del XV secolo) nel significato di “vescicole sulla pelle, così dette perché curate dal popolo con zaffi imbevuti di vino”; lo studioso, inoltre, invita ad un confronto “con il calabrese mbriàca, mbriàcula=giradito, dal latino tardo ebriàcus=ubriaco”. Va aggiunto che mbriàcula è, perciò, diminutivo femminile di mbriàcu=ubriaco, corrispondente all’italiano di basso uso imbriàco, che è dal citato latino ebriàcus attraverso la trafila ebriàcu(m)>*ebbriacu(m) (geminazione di –r-)>*embriàcu(m) (dissimilazione –bb>-mb-)>imbriàco (passaggio e->i– e regolarizzazione della desinenza); da quest’ultimo, poi, per aferesi di i– è nato il neretino mbriàcu.
MILUNGIÁNA Bernoccolo. Corrisponde all’italiano melanzana (dall’arabo badinjan, con influsso di mela), in palese uso metaforico. Terapia: simile a quella della cilona (vedi).
MINNÉDDHA Fibroma pendulo. Diminutivo di menna=mammella, voce per la quale il Rohlfs invita ad un confronto “con il siciliano e calabrese minna” (variante, fra l’altro, presente nel Leccese),“ di origine onomatopeica”. Non è da escludere, invece, il legame con la radice indoeuropea men– collegata all’idea di sporgenza, alla base, fra gli altri del latino mèntula=pene (da cui il salentino mènchia) e adminìculum= puntello (da cui il neritino minnìcculu=capezzolo). Terapia: asportazione domestica che ne prevedeva la recisione tramite rapido strozzamento del peduncolo utilizzando un filo di cotone molto resistente.
‘MPICICACCHIAMIÉNTU Eritema da calore. Da ‘mpicicacchiàre, forma semanticamente riduttiva (come, in italiano, bruciacchiare da bruciare) di ‘mpicicàre=rendere nero come la pece, sporcare, composto da in=dentro e *picicàre, verbo denominale con infisso iterativo –ic– da pice (a Nardò pece), dal latino pix=pece, a sua volta dal greco pissa con lo stesso significato.
MPODDHA Bolla più o meno piccola sulla pelle, provocata dalla puntura di un insetto o dallo sfregamento ripetuto della mano contro un oggetto (chi prova ad usare per la prima volta una zappa per un certo periodo di tempo inevitabilmente incorrerà in questo inconveniente). Il Rohlfs non propone nessun etimo, ma c’è da credere che lo abbia fatto per l’assoluta corrispondenza all’italiano ampolla [dal latino ampùlla(m), diminutivo di àmphora, a sua volta dal greco amforèus=anfora, voce composta da amfì=da ambo le parti, intorno e fero=porto (non sapremmo decidere se con riferimento alla sua natura di contenitore privilegiato nello spostamento di merci o alle due anse)]. Da notare nella voce neretina la caduta di a– per aferesi (in tal caso andrebbe più correttamente scritta ‘mpoddha) o più probabilmente per deglutazione perchè scambiata come componente di articolo (*l’ampoddha>la mpoddha>mpoddha).
MPODDHE AN BOCCA Stomatite. Per mpoddhe vedi mpoddha. E’ usata anche la locuzione occa ardùta (vedi).
MPODDHE MPODDHE Pemfigo. Vedi mpoddha; da notare come la geminazione della voce serva ad indicare la pluralità di elementi che compongono il fenomeno, come succede in italiano negli aggettivi per una delle formazioni del superlativo (esempio: lento lento).
‘MPURAGNAMIÉNTU Follicolite purulenta. Da mpuragnìre, da un latino *impuraneàre (formato da in=dentro e *puràneus=purulento, dal classico pus/puris=marciume), da cui *impuragnàre che, a sua volta, con aferesi di i– e cambio di coniugazione con passaggio –a->-i– attraverso una forma intermedia *mpuragnère, ha dato ‘mpuragnìre.
MURÍDDHU Morbillo. Dal latino medioevale morbìllu(m)=piccolo morbo, diminutivo del classico morbus=morbo, con sincope di –b– attraverso una forma intermedia murvìddhu (attestata ad Aradeo).
MURTICÉDDHA Pelle d’oca. Diminutivo di morte (come botticella da botte). La voce era usata per lo più nell’espressione è ppassata la murticèddha (alla lettera è passata la piccola morte) ad indicare l’effetto (la pelle d’oca) di uno spavento non proprio mortale ma nemmeno tanto leggero. Il neretino per indicare la stessa senzazione usa anche la locuzione sta mmi rrìzzicanu li carni=mi si stanno arricciando le carni; rrizzicàre è da rizzu=riccio, probabilmente dal nome dell’animale terrestre o marino, che è dal latino errìciu(m), a sua volta da er/eris.
NECA Candidosi orale o stomatite da Candida. Da nèvica, con sincope di –vi-.
NEU Nevo o neo. Come l’italiano nevo, dal latino naevu(m), con sincope di –v– intervocalica nella voce dialettale e nella corrispondente italiana neo.
‘NFUCAMIÉNTU TI FACCE Rossore cutaneo da ipertensione. ‘Nfucamièntu è da ‘nfucare, a sua volta da un latino *infocàre (con sostituzione, rispetto al classico offocàre, di ob con in=dentro), con aferesi di i– e passaggio –o->-u-.
(CONTINUA)
*GNURICAMIÉNTU Cianosi. GnuricamIèntu è da gnuricàre=annerire, a sua volta dal latino nigricàre=esser nero, da niger=fosco* …. tuttavia, nell’area quasi lucana della provincia di Salerno, con “an-nuricare” si allude anche a una dinamica di soffocamento, legata generalmente al bere e al mangiare ( un blocco del respiro – un brutto involontario “nodo” alla gola), che può produrre “cianosi” (una colorazione bluastra scura) e, in casi gravi, portare alla morte (una colorazione “nera”).
Si tratta di due voci diverse, anche se l’effetto finale può essere simile. Ad “annuricare” corrisponde il nostro “nnuticare”, che, al pari del vostro e a differenza di “gnuricamientu”), non è da “negro/nera” ma da “nodo”- Da manuale, poi, nella vostra voce, il passaggio d>r (*annudicare”>”annuricare”.
CARO ARMANDO prof…
sei stato battuto sul tempo! Stamattina sono andato in farmacia e ho chiesto lumi a una giovane e gentilissima dott.ssa, originaria della città di Palmariggi ( = “Tu che reggi la palma” – cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Palmariggi). Illustrata la questione, mi ha subito (non solo date le medicine di cui avevo bisogno, ma anche) chiarito le idee e data la risposta, con precisione: al vostro “annuricare”, ha detto, corrisponde il nostro “nnuticare”!!!
Ovviamente avevo intuito che alla base del “nostro” “an-nuricare” c’era il nodo (“nurico”), ma ho preferito inviare lo stesso la nota, per sollecitarti a gettare maggiore luce sulla “vostra” “parola” per un più forte “gnuricamiéntu” (una più forte “abbronzatura”, sottolineatura del significato) e, al contempo, per cogliere occasione di rinnovare i miei più vivi complimenti per il magistrale lavoro tuo, del dott. Marcello Gaballo, e dell’intera Redazione!!!
Federico La Sala
Grazie.