di Armando Polito
Pèsule è la variante di Nardò e tutto ciò che dirò vale anche per quella di Lecce (pìsuli) e di Scorrano (pìsule).
Pèsule nell’uso ricorre raddoppiata nella locuzione pèsule pèsule in frasi del tipo pigghiamu stu saccu pèsule pèsule (prendiamo questo sacco sollevandolo di peso). Nonostante l’azione comporti l’uso della forza, la locuzione contiene quasi ula raccomandazione di farlo con circospezione, direi con delicatezza che non esclude la rapidità d’esecuzione, impressione intensificata dalla parola sdrucciola. Si tratta, come vedremo, di un aggettivo con funzione avverbiale, com’è successo all’italiano piano, soprattutto nella locuzione piano piano. La voce nel Rholfs1 è presente nel lemma pìsuli:
Apparentemente non c’è proposta etimologica, ma, tenendo conto del fatto che ciò avviene abitualmente quando uno dei sinonimi usato nella definizione è il perfetto corrispondente italiano, va considerato il pèsolo più volte ricorrente, anche se non collocato in prima posizione, come, invece, mi sarei aspettato. Pèsolo è voce ormai obsoleta dal latino pènsile(m), su cui a breve tornerò.
Nel Garrisi2:
Non ho mai incontrato in nessuno dei dizionari consultati nella mia vita il ricorso massiccio al fenomeno dell’incrocio come avviene in questo del Garrisi, in cui, fra l’altro non trovano ospitalità il punto interrogativo, né l’asterisco (segno distintivo delle voci ricostruite), né gli avverbi forse o probabilmente, né, per i verbi, il modo condizionale.
Rilevo anzitutto che pisum in latino significa pisello ed è la trascrizione del greco πἱσον (leggi pison) con lo stesso significato. Lascio al lettore giudicare quale rapporto potrebbe esserci tra il pisello e pìsuli. Nelle intenzioni del Garrisi, però, pisum dovrebbe essere voce latina volgare invece del classico pensum; perciò un bell’asterisco avrebbe dovuto precedere sia pisum che il suo diminutivo pisulum.
Si salva, invece, la voce latina pensilis=pensile, pendente, sospeso (deverbale da pèndere3=pesare), dal cui accusativo pensile(m) deriva il nostro pèsule; la perdita di n è dovuta ad incrocio, questa volta sì, con l’italiano peso (che è da pensum, a sua volta da pèndere3).
Nel Presicce4:
Il pisu proposto dal Presicce (come l’italiano peso dal già ricordato pensum anch’esso deverbale dal citato pèndère) suppone, come già nel Garrisi, un diminutivo *pìsulu(m)=piccolo peso, che non appare congruente dal punto di vista semantico e nemmeno fonetico, perché ci saremmo aspettato pìsulu (come l’italiano pèsolo) e non pìsule, la cui terminazione, invece, è perfettamente giustificata da pènsile(m).
Spero di essere riuscito a rappresentare efficacemente quanto fin qui detto nel diagramma che segue.
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1 Gerard Rholfs, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d’Otranto), Congedo, Galatina, 1976.
2 AntonioGarrisi, Dizionario leccese-italiano, Capone, Cavallino, 1990.
3 Pèndere (terza coniugazione) ha il suo gemello, difettivo di alcune forme e che segue la seconda coniugazione, in pendère=pendere.
4 Giuseppe Presicce, Il dialetto salentino come si parla a Scorrano (http://www.dialettosalentino.it/a_1.html)
5 Nei mulini, per lo scorrimento dell’acqua. In dialetto neretino il dislivello è detto, con vocabolo derivante sempre dalla radice di pèndere/pendère, pindìnu.
in agro di Arnesano – Magliano -Carmiano -Novoli : da sempre è ” pisule pisule ” :grazie per lo specifico letterario e cordialità sempre-peppino.