Un evento importante per la Cattedrale neritina, da giorni sotto le luci e i riflettori della RAI, che l’ha scelta per riprendere la consueta Messa domenicale.
Domenica 13 maggio infatti la troupe RAI1, già in città da diversi giorni, riprenderà per trasmettere in diretta la celebrazione officiata dal parroco don Giuliano Santantonio.
L’inedita occasione punterà anche a far conoscere le meraviglie racchiuse nel maggiore monumento cittadino, sul quale si sono sovrapposti oltre mille secoli di storia.
L’attuale Cattedrale difatti sorge sul sito un tempo occupato dal complesso basiliano di Sancta Maria de Neritono, cui Goffredo il Normanno nel 1061 concede numerosi privilegi. Nel 1080 si inizia a ricostruire la nuova chiesa, consacrata il 15 novembre 1088 ed affidata dallo stesso Goffredo ai monaci benedettini (1090), i quali istituiscono nel monastero cattedre di letteratura greca e latina, di eloquenza e di matematica.
Nel 1413 Giovanni XXIII (1410-1415), il pontefice scismatico Baldassarre Cossa, eleva a Diocesi la Contea di Nardò e a Cattedrale la chiesa monastica di S. Maria de Neritono, costituendo vescovo l’abate Giovanni de Epiphanis; in quell’occasione, Nardò diviene sede di episcopato.
Nel 1433 vi predica San Bernardino da Siena, chiamatovi da mons. Giovanni Barella. La sede neritina conserva il rito greco, accanto a quello latino, sino al vescovato di mons. Ambrogio Salvio (1569-1577).
Con decreto del 12 ottobre 1803 la Cattedrale è dichiarata Chiesa Regia e il 20 agosto 1879 monumento nazionale. Il 2 giugno 1980 viene elevata a dignità di Basilica Minore dalla Santa Sede, mentre il 30 settembre 1986 mons. Aldo Garzia è nominato vescovo della nuova circoscrizione diocesana di Nardò-Gallipoli.
Nel corso dei secoli la Cattedrale è oggetto di numerose trasformazioni. Originariamente edificata in pietra leccese in stile romanico-normanno, presentava una larghezza pressoché uguale a quella attuale, aveva un portico anteriore e terminava all’altezza dell’attuale presbiterio. Internamente era suddivisa in tre navate scandite da pilastri ed archi a tutto sesto, terminanti ognuna con un’abside. Risale alla fine del XIII secolo la ricostruzione del campanile in carparo (staccato dal corpo della chiesa) di forma quadrangolare. I terremoti che interessano Nardò tra il 1230 e il 1249 danneggiano la navata nord della chiesa, che viene ricostruita con archi a sesto acuto in carparo, con capitelli e cornici delle semicolonne addossate ai pilastri in pietra leccese.
La seconda trasformazione del tempio si colloca intorno alla seconda metà del XIV secolo: le navate sono allungate, mediante tre archi a sesto acuto, con l’aggiunta del coro e delle due cappelle laterali.
L’addizione di nuove cappelle, addossate alle pareti laterali, prosegue fino all’inizio del XV secolo.
Il terremoto del 1456 provoca il crollo della parte superiore della torre campanaria, danneggiando anche la chiesa, che il vescovo Ludovico De Pennis fa ristrutturare, avviando importanti lavori di consolidamento. Le capriate lignee delle navate laterali sono sostituite con volte a botte, mentre le pareti di rivestimento vengono in parte affrescate.
Dopo la battaglia di Lepanto (1571) la Cattedrale subisce ulteriori modifiche durante l’episcopato di mons. Ambrogio Salvio (1569- 1577). Successive modifiche sono apportate dai vescovi Lelio Landi e Girolamo De Franchis (1617-1634); Orazio Fortunato (1678-1707) sostituisce il pavimento, trasforma la porta rivolta verso la piazza e realizza il controsoffitto. Al posto dell’altare di San Martino il presule commissiona nel 1680 il cappellone dedicato a San Gregorio Armeno.
All’inizio del XVIII secolo la Cattedrale è nuovamente pericolante e in molti ritengono che l’antica chiesa dovesse essere abbattuta e ricostruita ex novo. Il vescovo Antonio Sanfelice (1708-1736), sensibile al valore storico ed artistico del vetusto edificio, commissiona il restauro al fratello Ferdinando (1675-1748): il celebre architetto apporta importanti modifiche e nel 1725 ricostruisce la facciata dell’edificio e riveste con stucchi buona parte della struttura.
Considerato l’urgente bisogno di restaurare la chiesa, anche a seguito dei danni riportati dal sisma, mons. Michele Mautone (1876-1888) progetta di demolirla per ricostruirla integralmente.
È il suo successore, Giuseppe Ricciardi (1888-1908), a promuovere i nuovi lavori di restauro il consolidamento degli affreschi medievali e dell’intera struttura; il rifacimento del tetto ligneo sulle navate minori, dopo la demolizione delle volte esistenti. Sono inoltre ricostruiti le absidi minori, il ciborio, gli affreschi del presbiterio ad opera di Cesare Maccari e la maggior parte delle cornici e dei capitelli. Furono anche sostituite le capriate sulla navata centrale e furono realizzate le arcate lungo il fianco meridionale. Tra il 1977 ed 1982, sotto l’episcopato di Mons. Mennonna, la chiesa è nuovamente oggetto di lavori di restauro durante i quali si procede a rifare il pavimento, consolidare e sostituire le coperture, restaurare gli affreschi, l’organo, il campanile e la facciata.
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