di Armando Polito
BBUNATU
Ha il suo corrispondente italiano formale più esteso in abbonato come sinonimo di non tenuto in considerazione (come in errore abbonato o abbuonato).
CARNIALE
Ha l’esatto corrispondente italiano in carnevale, di cui costituisce la personificazione. il riferimento evidente è al c<rattere bizzarro, strano, grottesco delle maschere.
CHIÀPPARU
Corrisponde all’italiano cappero, in riferimento allo scarso rilievo economico che esso aveva in passato, quando ogni famiglia ne faceva provvista raccogliendolo dalle numerose piante presenti sul territorio. Oggi le cose sono radicalmente cambiate ed un vasetto di capperi, per lo più d’importazione, ha un prezzo relativamente salato, come la salamoia che lo conserva.
CRÙSCIULU
È il nome neretino del corbezzolo. Altre varianti salentine: rùsciulu, rùssulu, frùsciulu. Per ilsignificato metaforico vale quanto detto per chiàpparu; Per l’etimo vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/04/07/crusciulu/
FATU
Ha il corrispondente italiano in fatuo,che è dal latino fatuu(m)=stupido, insipido.
LAMPASCIONE
Ormai il nome del bulbo è passato tal quale nel vocabolario italiano. Valgono pure per esso le osservazioni fatte a proposito di chiapparu,. Aggiungo che io non trascurerei pure la suggestione indotta indotta dalla sua forma abbastanza simile ad una gonade; non a caso la locuzione m’ha rruttu li lampasciuni corrisponde all’italiano mi hai rotto i coglioni. Per l’etimo della voce vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/03/05/il-lampascione-in-quattro-puntate-1-4/
MACU
Il suo corrispondente italiano è mago, con riferimento non alla sua presunta abilità ma alla reale o presunta stranezza dei suoi comportamenti. Mi pare poco attendibile l’ipotesi che macu sia da Maccus, maschera fissa della commedia latina rappresentante il tipo dello sciocco ghiottone che le prende sempre; sembra strano, infatti lo scempiamento –cc->-c– quando la tendenza del dialetto salentino in genere è quella opposta del raddoppiamento consonantico. Machi è il soprannome collettivo degli abitanti di Casarano.
MUCCULONE
Ha il suo corrispondente italiano formale in moccolone, che è sinonimo di moccioso, cioè ragazzino che si atteggia ad adulto. La voce neretina ha un percorso semantico perfettamente inverso, perché, partendo sempre come accrescitivo di moccolo (a sua volta diminutivo del latino muccus, variante di mucus) questa volta si tratta di un adulto che ha atteggiamenti da ragazzino.
OCCAPIERTU
A prima vista parrebbe avere il suo corrispondente italiano in boccaporto, se non fosse che quest’ultimo deriva dalla forma più antica boccaporta, formato da bocca e porta. ll nostro ha in comune solo il primo componente, mentre il secondo (piertu) corrisponde all’italiano aperto. A questo punto è il caso di fare qualche riflessione sulla sua composizione. Non credo che bocca possa essere interpretato come un accusativo di relazione o alla greca del tipo italiano, un tempo molto ricorrente in poesia (e riferito prevalentemente al gentil sesso (la situazione drammatica cui esso si riferiva non era degno di un uomo …) sciolta le trecce, perché occapiertu (a sua volta da occa piertu, alla lettera bocca aperto) presupporrebbe la soppressione dell’articolo e l’inversione di posizione tra il participio passato e il sostantivo. Mi sembra più plausibile, invece, assimilarlo all’italiano celebroleso, cerebroleso, in cui cerebro, dal latino cerebru(m), è forma letteraria per cervello, a sua volta dal latino cerebellu(m), diminutivo di cerebru(m).
In omaggio al principio che prima di dare direttamente a qualcuno dello stupido1 o solo pensare che lo sia sarebbe opportuno studiare bene la situazione, ni piace ricordare il più grande (non c’è dell’ironia in quest’aggettivo e, detto da un non credente, è tutto …) occapiertu salentino: San Giuseppe da Copertino.
Di seguito la fonte.
Domenico Bernino, Vita del Venerabile Padre Fr. Giuseppe da Copertino, Recurti, Venezia, 1726, p. 3: … e spessamente avveniva, che ritrovandosi nella Scuola con altri Fanciulli, all’udire il suono dell’Organo, o il canto, che il suo Maestro insegnava a Scolari più provetti, egli cadutogli di mano il Libro, con la mwente in alto sorgesse a maggiori cose, e restasse immobile di corpo, fisso d’occhi verso il Cielo, e con la bocca alquanto aperta, onde da’ Condiscepoli meritasse il soprannome con cui lungo tempo fu indicato con desso, di Boccaperta.
Crudeltà dei ragazzi di un tempo, quasi innocente di fronte a quella dei bulli di oggi …
PEU
Corrisponde formalmente all’italiano pio, ma con evidente degenerazione semantica, la stessa che oggi sta rendendo buono o onesto sinonimi di fesso …
TURDU
Anche in italiano tordo è usato nel significato metaforico di stupido, con riferimento alla facilità con cui l’uccello può essere accalappiato. Stesso destino per il merlo, l’allocco, il pollo, l’oca.
Non presumo di aver fornito l’elenco più o meno completo delle voci che nel sialetto salentino designano lo stupido e di esse l’indiscutibile interpretazione. Perciò sarà graditissimo qualsiasi intervento integrativo e/o correttivo. Lettore, non deludermi!
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1 Mi piace ricordare che stupido è dal latino stupidu(m), aggettivo deverbale da stupere, che può avere valore transitivo o intransitivo. Nel primo caso può significare guardare con stupore, ammirare, nel secondo rimanere stupito o rimanere immobile o, detto dell’acqua, ghiacciare. L’aggettivo stupidus/a/um ha ereditato dal verbo il significato neutro di base che si concretizza in quello di sbalordito ma poi slitta verso quelli progressivamente negativi di intontito e di sciocco. Questo destino accomuna tutti gli aggettivi col suffisso –idus/a/um e valga come esempio per tutti madidus/a/um, deverbale da madere=esserbagnato, che dal significato iniziale di grondante acqua slitta a quelli di ubriaco o, addirittura, di marcio o di corrotto. Ritornando a stupido, forse dovremmo tener più presente il significato di partenza, per non perdere la capacità di stupirci, per esempio, davanti ad un tramonto o allo stupore (tutt’altro che stupido …) di un bambino di fronte a qualcosa che lo attrae per la prima volta. Essere creduloni, ci tengo a precisarlo,è altra cosa e, per la parte culturale del fenomeno, dovrebbero intervenire sinergicamente la famiglia e la scuola.
Interessante la raccolta! Devo suggerirne altri, che mi pare siano pertinenti. Toccherà a te poi spiegarne il significato e, dove possibile, trovare l’etimologia.
Baccallà
Curru, curru mpannatu
Babba li cani
Babba li mussci
Luengu pi nienti
Maccarrone
Occa ti fae
Tursu
Rebbambitu
e soprattutto, e qui ti voglio, caro professore: pirlangòi
CURRU, CURRU ‘MPANNATU
Una volta tanto la similitudine non coinvolge un animale, ma un giocattolo, cioè la trottola. “Curru” è dal latino medioevale “curlu(m)”. Ecco come il lemma è trattato nel glossario del Du Cange (la traduzione è mia): “CURLUS. Italis Curlo vel Curro, Palanga vel verticillum. Chron. Placent. ad ann. 1376. apud Murator. tom. 16. Script. Ital.col. 527: Faciebant tributare districtuales et etiam cives et forenses, qui transibant per dictum episcopatum; et habebant Curlos in domibus eorum, et capiebant homines et ipsos tormentabant, et faciebanl ipsis facere redemtionem (CURLUS. In itaiiano curlo o curro, cilindro o fusaiolo [disco di materiale pesante in cui si infila l’estremità inferiore del fuso per regolarizzarne la rotazione]. Cronaca di Piacenza fino all’anno 1376, in Muratori, tomo XVI dI Scriptores italici, colonna 527: Facevano pagare il tributo agli abitanti del distretto e pure ai cittadini e agli stranieri che passavano per detto episcopato; ed avevano nelle loro case cilindri [di tortura] e catturavano gli uomini e li torturavano e li obbligavano a pagare.
Credo sia evidente il nesso tra l’inquietante “curlo” o “curro” medioevale e il giocattolo dell’infanziadi un tempo, entrambi deverbali da “cùrrere”=correre. Potrebbe suscitare perplessità che come sinonimo di “stupido” sia usato il semplice “curru” o la locuzione “curru ‘mpannatu”. Nel primo caso l’allusione è alla monotonia del movimento, nel secondo (in cui “‘mpannatu”=addormentato è da “in”+una forma denominale da “panno”; ricordo che “impannata” si chiamava il telaio di legno su cui veniva fissato un panno o un foglio di carta spessa, usato per chiudere e oscurare le finestre) alla sua assenza, dunque una trottola che non gira.
BBABBA LI CANI
Tradurrei con “Guarda con la bocca aperta i cani”. “Bbabba” è da “bbabbare”=restare come un babbeo; “babbeo” è dalla radice onomatopeica “ba-” allusiva alla balbuzie o alla stupidità. D’altra parte, quando non sappiamo cosa rispondere, non diciamo “bah”? …
BABBA LI MUSCI
Vale quanto detto per “bbabba li cani”, con sostituzione a questi ultimi di “musci”=gatti, forse voce onomatopeica di richiamo più che corrispondente all’italiano “mici” (pure esso di natura onomatopica).
LUENGU PI NNIENTI
Alla lettera: “lungo per niente”, variante del detto “tantu luengu, tantu fessa” (tanto lungo, tanto fesso).
MACCARRONE
vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/01/16/lu-maccarrone-il-maccherone-il-suo-etimo-e-duro-come-il-grano-di-cui-dovrebbe-esser-fatto-12/ (questa è la prima parte, in calce alla quale vi è il link alla la seconda, in cui è trattato l’argomento specifico.
OCCA TI FAE
Alla lettera “bocca di fave”. Nei commenti purtroppo non è consentito allegare foto, ma credo sarà sufficiente osservare una fava e meravigliarsi come ancora nessuno abbia pensato di usare il suo profilo per un emoticon a significare prima facile stupore e poi stupidità.
TURSU
Corrisponde all’italiano “torso”, con riferimento al fatto che questa parte della pianta generalmente viene scartata o data in pasto agli animali. Nessi più specifici, in tal senso: “tursu ti rapa”=torso di rapa e “tursu ti rapacaulu”=torso di cavolo.
REBBAMBITU
Corrisponde all’italiano “rimbambito” formato dal prefisso ripetitivo “ri-” + la preposizione “in” + una forma deverbale da “bambo”, che è da una radice onomatopeica “bamb-“, da considerare sviluppo del “ba-” messa in campo per “bbabba li cani”.
PIRLANGOI
Credo sia deformazione (forse per incrocio col lombardo ed emiliano “pirla”) più o meno recente di “spirlingoi” attestato dal Rohlfs solo per Nardò. Lo studioso tedesco rimanda a “spirlìnchiu” (registrato per veri centri del Salento ma non per Nardò)=uomo lungo e magro, il che ci riporterebbe a quanto già detto per “luengu pi nnienti”; “spirlìnchiu”, tenendo conto della variante “spirlingu”, è dal latino “perlongu(m)”=lunghissimo, superlativo di “longus”. Da notare nell’italiano “spilungone” la scomparsa della -r- del prefisso superlativizzante “per-” di “perlongus”.