di Domenico Ble
Il Crocifisso in cartapesta, conservato a Latiano, all’interno della cappella dei Misteri, nella chiesa di Sant’Antonio, secondo quanto riportato nel Vol. III, Beni Culturali di Latiano, è opera di Eugenio Maccagnani [1].
Lo scultore ha rappresentato Gesù in croce privo di vita; la drammaticità del momento è evidenziata dal capo chinato verso il basso, dalla presenza della ferita sul costato e dalle braccia tese per il peso del corpo esangue, che si inarca nella caduta.
Il maestro ha lavorato minuziosamente nella resa dei particolari, fra cui in particolare la raffigurazione delle ferite inferte dagli aguzzini sul corpo straziato, grondante sangue, la corona di spine, la barba, i capelli, il panneggio del perizoma.
La tragicità del supplizio è esaltata dalla mirabile anatomia umana, particolarmente riuscita in alcuni particolari corporei come le costole che si intravedono e la muscolatura ben equilibrata e proporzionata.
Rispetto alle altre statue facenti parte del gruppo scultoreo dei Misteri, il Crocifisso ha una fattura stilistica differente e di grande pregio, anche perché attraverso le forme, le quali sono ben calibrate, si riesce a percepire ed a sentire il dramma epocale. La si può far rientrare tra la pregiata produzione scultorea in cartapesta salentina del XIX e XX secolo.
L’opera fu aggiunta ai restanti manufatti probabilmente nello stesso periodo in cui furono realizzate quelle raffiguranti Gesù nel Getsemani, il Cristo alla colonna, l’Ecce Homo e la Vergine Addolorata, anche queste in cartapesta, ma di fattura evidentemente inferiore.
Non sembri superfluo ricordare come la produzione in cartapesta conobbe l’inizio del successo già a partire dal XVIII secolo, e particolarmente con Mauro Manieri, celebre architetto della stagione del “barocco leccese”, cui sono attribuiti un S. Pasquale Baylon a Gallipoli, un S. Nicola da Tolentino a Manduria, il gruppo conservato al Museo Castromendiano di Lecce raffigurante S. Elisabetta, la Beata Michelina e S. Ludovico da Tolosa [2]. Il successo della tecnica, era racchiuso anche nel non eccessivo costo, rispetto alle contemporanee sculture in legno o marmo, le opere in cartapesta erano inferiori di costo, ma con un grande pregio artistico.
Il vero apice di tale arte giunse nel XIX secolo. L’apprezzamento sempre più crescente, la nascita di numerose botteghe a Lecce e in tutto il Salento, fecero della cartapesta un’arte ben consolidata, che continuò fino a buona parte del XX secolo. In questo panorama di grande fervore artistico ritroviamo la famiglia dei Maccagnani, in particolare Antonio e il nipote Eugenio, due figure di grande rilievo, distanti anagraficamente l’una dall’altra.
Antonio, la cui produzione fu molto apprezzata, nacque nel 1807 e apprese l’arte della cartapesta presso la bottega di Pietro Sorgente [3]. Eugenio nacque nel 1852 ed ebbe la prima formazione presso la bottega dello zio paterno Antonio, rispetto al quale la fortuna artistica fu maggiore, tanto da avere notorietà a livello nazionale ed internazionale, grazie anche al curriculum di tutto rispetto. Partì come cartapestaio, ma divenne abile e celebre come scultore del marmo.
Si perfezionò a Roma, presso l’Accademia di S. Luca, nel 1878 partecipò con sue opere all’Esposizione universale di Parigi, nel 1880 all’Esposizione nazionale di Torino, nel 1883 all’Esposizione internazionale di Roma; nel 1884, sempre a Roma, lavorò al Vittoriano.
Numerosi sono anche i suoi monumenti pubblici, fra cui il celebre Monumento equestre a Giuseppe Garibaldi e il busto di Vittorio Emanuele III per la Camera dei Deputati, oltre a vari monumenti funerari e opere a tematica sacra [4].
[1] Beni Culturali di Latiano. Le chiese e il patrimonio sacro. Vol. III, 1993, Biblioteca Comunale di Latiano, p. 176;
[2] G. DE SIMONE, Tesori di carta. Le raffigurazioni sacre in cartapesta nelle chiese antiche di Lecce, Edizioni del Grifo, Lecce, 2002, p. 16;
[3] G. DE SIMONE, 2002, p. 144;
[4] A. IMBELLONE, Maccagnani Eugenio in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 66, 2006, p.