Un “miracolo” a Santa Maria del Casale di Brindisi
Il ritrovamento delle aureole d’argento del XIV secolo
di Giovanni Boraccesi
Inaspettata e quanto mai gradita è la ricomparsa sulla scena artistica pugliese, dopo novantatré anni dalla sparizione, di due preziosissime aureole d’argento in principio sistemate sull’icona della Madonna col Bambino, del tipo Hodeghitria, conservata nella chiesa di Santa Maria del Casale di Brindisi, un edificio eretto dal principe Filippo I d’Angiò di Taranto (1294-1331) tra la fine del Duecento e gli albori del Trecento. Nel 1924 le aureole di questa immagine mariana, un affresco a suo tempo quasi certamente rimosso con la tecnica dello stacco a massello per essere sistemato su un più sontuoso altare marmoreo di gusto barocco e verosimilmente sbriciolatosi nell’ultima rimozione, furono trasferite nel Museo Archeologico di Taranto da dove si persero le tracce.
È stata l’occasione dell’inaugurazione delle nuove sale espositive del castello svevo di Bari, il 3 ottobre scorso alla presenza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, a portare alla conoscenza del pubblico e alla visione dei visitatori le preziose aureole, nel frattempo finite nella cassaforte della Soprintendenza tarantina. Proprio in una sala del maniero barese, in ragione di un pannello illustrativo, se ne ricostruisce l’incredibile vicenda.
Le aureole brindisine, assieme ad altri perduti elementi anch’essi d’argento come il rotulum e le mani degli effigiati, costituivano una sorta di riza soprammessa alla sacra immagine. Lavorate a sbalzo e a incisione, presentano una ricchezza e varietà di ornati fitomorfi, in particolare foglie e girali, che a suo tempo ebbi modo di confrontare con altri reperti dell’Italia settentrionale, in particolare la Copertura di evangeliario del Tesoro di San Marco a Venezia, ma anche il Reliquiario del Sacro Chiodo, sempre nel Tesoro di San Marco; la cornice di due rilievi della Pala d’oro del duomo di Caorle; il frammento di cornice della Cassetta reliquiario dei Santi Senesio e Teopompo dell’abbazia di Nonantola. Proprio la citata Copertura di evangeliario, elaborata a Tournai tra il 1230 e il 1240 e giunta nella città lagunare già nel XIII secolo, divenne subito notissima e fonte di ispirazione di molti orafi del luogo, che in particolare ne imitarono gli squisiti motivi decorativi.
L’aureola del Bambino, inoltre, si arricchisce di otto identici clipei che racchiudono due pavoni affrontati all’Arbor Vitae, a loro volta circondati da un’iscrizione che solo ora, da una visione diretta del manufatto, si riesce meglio a leggere: A QVI FLOREM TENENT, evidentemente da interpretare come allusione al fiore di giglio di casa d’Angiò, dunque al suo probabile committente Filippo principe di Taranto. Entrambe le aureole si presentano oggi piuttosto malandate, ragion per cui se ne chiede un appropriato intervento di restauro.
Sotto quest’aspetto dei recuperi delle opere d’arte, la Puglia è stata fortunata negli ultimi tempi, visto che grazie al Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nel 2008 si è rinvenuto a Parigi il Crocifisso in avorio (XII secolo) rubato nel novembre del 1983 dalla cattedrale di Canosa mentre nel 2013 è stata la volta della medievale Stauroteca (reliquiario della Santa Croce) trafugata nel 1977 dalla chiesa di San Leonardo a San Giovanni Rotondo, quest’ultima recuperata a Firenze.
L’analisi delle due aureole brindisine sarà trattata da Giovanni Boraccesi, studioso di oreficeria pugliese. Tale intervento sarà preceduto da una relazione di Giulia Perrino, cultore della materia presso l’Università di Bari, dal titolo I principi di Taranto e la devozione per la Vergine del Casale.
L’intera manifestazione, che si svolgerà il 13 marzo alle ore 17,30 presso il Museo Archeologico “Francesco Ribezzo” di Brindisi, è stata organizzata dalla locale Associazione Amici dei Musei, nella persona della presidente Franca Mariani ed in collaborazione con il Museo stesso.