di Domenico Ble
A seguito del recente lavoro di restauro possiamo tracciare un primo excursus pittorico della tela raffigurante San Tommaso d’Aquino conservata nella chiesa del SS. Rosario a Latiano.
Nell’opera vediamo il santo raffigurato in ginocchio e con lo sguardo rivolto verso l’alto, in direzione della colomba dello Spirito Santo, dalla quale fuoriescono i raggi luminosi. San Tommaso indossa gli abiti dell’ordine domenicano, veste bianca e mantello nero, nella mano destra tiene la penna, oggetto che ricorda il suo incessante lavoro teologico e con la mano sinistra indica la colomba; è qui raffigurato un momento di grande spiritualità, l’istante in cui l’uomo è travolto dall’ispirazione divina. Del santo, vengono rappresentati tutti gli attributi iconografici: il sole sul petto, la penna, il libro e la colomba dell’ispirazione.
Sotto la nube, su cui è posizionato il santo, si intravede il volto di un uomo barbuto, si tratta della personificazione del maligno. La scena si svolge in un luogo chiuso, lo studio del teologo, e lo si deduce dal tavolo posto in primo piano a destra.
Nella Platea Legale e Giuridica del Venerabile Convento dei Reverendissimi Padri Domenicani di S. Domenico di Latiano, redatta nel 1775 dal Regio Tavolario D. Giuseppe Ranieri Ferrari, nella descrizione della chiesa, è menzionato anche l’altare di san Tommaso d’Aquino [1]; è dunque possibile ipotizzare che questa tela, fosse già posta sull’altare e che a commissionarla fosse stato lo stesso ordine religioso.
Non si conosce l’autore, in quanto non è presente la firma, ma lo stile ricorda quello di Diego Oronzo Bianchi (1683 – 1767) [2], pittore nativo di Manduria, molto rinomato nel XVIII secolo, molto nel Salento; lo confermano le numerose opere presenti nella subregione pugliese.
Nel San Tommaso d’Aquino ritroviamo delle assonanze stilistiche con alcune opere del pittore manduriano; il legame più forte è la presenza del luminismo e dalla plasticità dei corpi, particolari venuti fuori grazie al recente restauro. Tali aspetti in Diego Oronzo Bianchi sono una costante, e tale maestria il pittore l’acquisisce osservando la pittura di Paolo De Matteis. Il celebre maestro campano fu, in un certo senso, per Bianchi il “faro” ispiratore sia a livello tecnico-pittorico che compositivo.
Michele D’Elia da conferma di questa adesione allo stile del De Matteis: “…Bianchi, è uno dei tanti componenti della famiglia di pittori manduriani che da allora in poi, per buona parte del secolo, divulgheranno a loro volta, con esiti non molto brillanti, i modi del De Matteis…” [3].
La fisionomia del santo domenicano ricorda quella del san Giovanni della Croce presente nella tela raffigurante la Madonna e i santi Giovanni della Croce e Teresa conservata nella chiesa del Carmine di Mesagne. Non solo, le è simile anche quella del san Filippo Benizi, raffigurato nella tela in cui è rappresentata la Concessione della Costitutio dell’Ordine dei Servi di Maria a S. Filippo Benizi e S. Giuliana Falconieri, conservata presso la chiesa dello Spirito Santo a Manduria.
Altra assonanza possibile è da farsi con la figura di san Carlo Borromeo presente nella tela raffiguranti i Santi Patroni di Manduria, conservata nella Chiesa Collegiata a Manduria; in tale corrispondenza è uguale anche il panneggio delle vesti.
A Latiano non è insolita la presenza del Bianchi in quanto nella chiesa dell’Immacolata sono presenti quattro sue opere: il Transito di San Giuseppe, l’Addolorata, San Giovanni Evangelista e Maria Maddalena, tutti realizzata prima del 1785 [4]
Ulteriori ricerche in futuro potranno fare ulteriore luce. Per ora, in virtù delle assonanze stilistiche, è possibile avanzare questa prima ipotesi pittorica.
[1] (Nella Chiesa del Convento vi sono erette sette Altari, due delle quali, cioè l’Altare del Rosario, e del SS.mo Nome di Gesù sono del Convento, e di queste per gli utensili e feste ne portano il peso le Confraternite. L’Altare maggiore, l’Altare di S. Margherita, e l’Altare di S. Tommaso d’Aquino sono dell’istesso Convento. L’Altare del Patriarca Domenico, e l’Altare di S. Vincenzo sono del Sig. Marchese di Latiano). Platea legale, e giuridica del venerabile conventi de’ RR. PP di S. Domenico di Latiano sotto il titolo di S. Margarita in tempo del priorato del priore e lettore Fra Vincenzo Rispoli di Mesagne. Fatta dal R. Tavolario D. Giuseppe Ranieri Ferrari, delegato della Real Camera come P. pro()ni spedite a d. 16 del mese di settembre 1775.
[2] M. GUASTELLA, Iconografia sacra a Manduria. Repertorio delle opere pittoriche (secc. XVI – XX), Barbieri Editore, Manduria, 2002, p. 34.
[3] M. D’ELIA, La pittura del Settecento in Puglia tra Barocco e Rococò, Vol. IV, Electa Editrice, Milano, p. 285.
[4] Le quattro tele vengono menzionate nella visita pastorale del vescovo di Oria, Mons. Alessandro Maria Kalefati, avvenuta nel 1785.