di Giuseppe Fai
Siamo nella Chiesa Matrice di Parabita, nella navata sinistra, presso il terzo altare, dedicato a Sant’Oronzo (figura in alto): qui si trova una piccola tela, che sovrasta la pala raffigurante il titolare dell’altare e che raffigura un Santo Vescovo nell’atto di fermare il crollo di un edificio.
La tela, purtroppo, risulta annerita dal tempo e non è possibile osservarla nei dettagli, considerata anche la collocazione in alto, priva di una fonte di luce naturale.
Nel corso degli anni sono state avanzate due ipotesi circa l’identità del santo raffigurato: la prima intravedeva i santi Giusto e Fortunato, la seconda san Gregorio Armeno.
La prima fu probabilmente concepita collegandola al santo titolare dell’altare: Giusto e Fortunato, infatti, erano, secondo la tradizione, rispettivamente il discepolo di San Paolo che consacrò Sant’Oronzo come primo vescovo di Lecce e il nipote di quest’utimo.
La seconda ipotesi, avanzata pochi anni fa, invece, è certamente collegata all’intercessione del santo armeno durante il terremoto che sconvolse il Salento il 20 febbraio 1743.
Entrambe le ipotesi, tuttavia, sono i contrasto con l’iconografia del santo in questione: i santi Giusto e Fortunato non sono mai raffigurati nell’atto di sostenere il crollo di un edificio, mentre San Gregorio Armeno viene comunemente rappresentato con la barba e con paramenti liturgici orientali.
Il Santo Vescovo qui raffigurato, invece, è imberbe e indossa paramenti legati al rito latino. Per tali ragioni, ci troviamo sicuramente di fronte ad una tela raffigurante Sant’Emidio da Ascoli.
L’iconografia è coincidente con una stampa conservata presso la Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno (figura in basso) e può essere, con essa, raffrontata specularmente.
Queste stampe commerciali erano molto diffuse tra ‘700 e ‘800 ed erano state realizzate su disegno del pittore romano Luigi Agricola (1750 – 1821) per conto dello stampatore Agapito Franzetti.
Tuttavia, se la tela fosse stata realizzata in riferimento ad un evento sismico, il culto di Sant’Emidio a Parabita risulterebbe alquanto anomalo. Il panorama religioso del tempo offriva, infatti, ben altri intercessori, legati al territorio in questione, primo fra tutti lo stesso San Gregorio Armeno. Questi è ancora oggi protettore della città e della diocesi di Nardò – Gallipoli e Parabita faceva, appunto, parte dell’antica diocesi neretina, che è stata, in un secondo momento, accorpata a quella gallipolina.
Un altro santo invocato era Sant’Oronzo, il cui culto era ben radicato e forte a Parabita già a partire dalla metà del ‘600, il quale, come testimonia una tela conservata presso la Basilica di Santa Croce a Lecce, era stato indicato come intercessore nel terremoto del 1743.
Non esistono notizie dirette in merito alla nostra tela, tuttavia, attraverso le Visite Pastorali dal XVII al XIX secolo, è possibile riscostruire le vicende dell’altare presso cui è custodita.
L’altare di Sant’Oronzo, con questa intitolazione, attestato per la prima volta nella Chiesa Madre di Parabita, nel 1659 apparteneva al Reverendo Capitolo dei sacerdoti di Parabita ed era mantenuto dal medesimo Capitolo e dai devoti; nel 1775 subì un restauro per devozione di un sacerdote del Capitolo, un tale don Silvestro Martignano, che, a sue spese, fece eseguire i lavori.
C’è da chiedersi pertanto se la tela di Sant’Emidio sia stata collocata sull’altare proprio in questo periodo e se la sua committenza possa essere riconducibile al medesimo sacerdote, che potrebbe averla fatta realizzare per semplice devozione personale, per una grazia ricevuta, oppure perché proveniva da una realtà dove c’era una devozione per il santo di Ascoli. Non è neppure da escludere la possibilità che la committenza della tela possa essere attribuita a qualche famiglia del posto, anche se mancano prove al riguardo.
Sta di fatto che nel corso del ‘900 la memoria legata alla tela sembra fosse già venuta meno, perché nessuno ricordava più chi fosse il Santo Vescovo raffigurato.
Occorre comunque menzionare che non lontano da Parabita, a Gallipoli, vi è traccia del culto di Sant’Emidio e sono ancora in corso delle verifiche per accertarne la presenza anche ad Alezio e Seclì. Si tratta dunque di un’area ben circoscritta in cui questo culto sembra essere attecchito, se consideriamo che nel resto della provincia di Lecce non sono al giorno d’oggi segnalati altri casi e Parabita resta, pertanto, l’unica a conservare una raffigurazione su tela del santo di Ascoli.
Naturalmente tutto ciò non vuole escludere ulteriori ipotesi di ricerca, successive ad altre ricerche documentarie o a un restauro, di cui la tela avrebbe bisogno, elementi, questi, che potrebbero definire il preciso periodo di realizzazione e l’autore.
Anche l’altare in cui essa è custodita ha subìto nel corso del tempo delle ridipinture che ne hanno alterato l’aspetto originario, come dimostrano alcuni saggi effettuati, con cui si è verificato che esso doveva avere un effetto marmoreo.
La riscoperta di questo santo, dimenticato e male interpretato nel corso degli anni, è sicuramente una traccia preziosa della storia di questa città e delle sue realtà religiose.
Bibliografia
Giuseppe Fai, Ipotesi di antichi culti a Parabita, in Progetto Parabita, NuovAlba, anno XVII – numero 2 – Dicembre 2017, Parabita.
Giuseppe Fai, La devozione Mariana nel Salento: il culto della Madonna della Coltura a Parabita (XIV – XIX), 2017, Università del Salento, tesi di laurea.
Siti web
https://santemidionelmondo.wordpress.com/
Mitica la cittadina di Parabita con Santo Emidio , a Novoli da ragazzi era sempre nominata quando si voleva indicare un percorso breve da percorre dicendo: Te Parabita a Matinu Tirittuppiti a Casarano,
un cordiale saluto da Torino
Ersilio Teifreto
Mi complimento con l’autore del saggio per l’approfondimento sulla piccola tela di sant’Emidio della Chiesa Matrice di Parabita. Alcuni anni fa entrando per una visita fugace del luogo sacro mi accorsi di questa insolita presenza iconografica prevalentemente venerata nel centro Italia e nelle zone ad alta densità sismica,che fu segnalata dal sottoscritto all’Associazione Sant’Emidio nel mondo. Altra presenza del Santo ascolano nel nostro Salento sarebbe riconducibile ad una presunta reliquia del sangue del Santo conservata in un reliquiario esposto nel museo diocesano di Gallipoli. Per quanto riguarda invece la presenza di Sant’Emidio a Seclì è da segnalare una statua ornamentale scolpita in pietra leccese per un altare ora distrutto e non attualmente rintracciabile. Altre notizie di ritrovamenti sulla devozione di un Santo non del tutto meridionale saranno gradite e segnalate su questo blog. Distinti saluti.
Fabrizio Cazzato