Napoli chiama, Nardò risponde![1]
di Giovanni De Cupertinis
Napoli – La guglia dell’Immacolata, che domina la piazza del Gesù Nuovo, è uno dei più affascinanti e intriganti monumenti della città. Quella dell’Immacolata è l’ultima delle guglie di Napoli ad esser stata innalzata, la più ardita da un punto di vista architettonico. Si pone fra l’effimera architettura delle macchine di festa di legno e stucco, che il popolo innalzava ed incendiava con i fuochi d’artificio nelle piazze, e l’arredo urbano, inteso come elemento architettonico-scultoreo, per ornare gli spazi urbani, e deve la sua realizzazione all’impegno di un gesuita, padre Francesco Pepe.
Il tutto ebbe inizio quando il re Carlo III di Borbone propose al padre Francesco Pepe, che sovente riceveva le confessioni, di realizzare un’edicola nella piazza antistante,affinché i passanti potessero venerare la Vergine Immacolata, a cui era molto devoto, anche dall’esterno del tempio[2].
Il gesuita prendendo spunto dal desiderio del sovrano propose allo stesso di realizzare al centro della piazza una magnifica guglia con alla sommità un’immagine dell’Immacolata, sul tipo di quelle che qualche tempo prima erano state già realizzate in onore di San Domenico e di di San Gennaro.
Per la progettazione della guglia fu organizzato un vero e proprio concorso pubblico ed i modelli dei vari progetti furono esposti nel Palazzo Reale, affinchè il sovrano potesse sceglierne uno. Alla chiamata di padre Pepe parteciparono in tanti: dall’ Astarita al Gioffredo, da di Fiore al de Rossi. Fu preferito il disegno dell’architetto Giuseppe Genoino o Genovino[3], il quale concepì una “macchina” molto più ricca, fortemente ispirata ai carri del Battaglino, senza trascurare la collocazione alla base della stessa delle statue della famiglia reale. Infatti il progetto originario prevedeva la realizzazione, alla base della guglia, delle statue del Re Carlo e della Regina Amalia, che non si riuscì mai a completare[4].
Da subito il Pepe avviò una raccolta di offerte per erigere la monumentale guglia dell’Immacolata, nella piazza antistante la chiesa. Il re voleva offrire i 100.000 ducati necessari per la realizzazione dell’opera, ma padre Pepe riuscì a convincere il sovrano a limitare la sua offerta alla sola esenzione delle tributi relativi al materiale occorrente la sua costruzione, preferendo che la guglia fosse realizzata con le sole offerte del popolo[5].
La prima pietra fu posta dal marchese di Arienzo Lelio Carafa l’8 febbraio del 1746[6]; la direzione dei lavori venne affidata a Giuseppe di Fiore, coadiuvato dal gesuita Filippo D’Amato persona di fiducia del Pepe[7]. L’obelisco fu eretto da di Fiore in un tempo brevissimo, ma non per questo l’opera si rivelò semplice. Il cantiere incontrò più volte degli ostacoli, prima durante gli scavi, dove si era dovuto provvedere alla deviazione di un corso d’acqua sotterraneo, dopo per le proteste del duca Diego Pignatelli di Monteleone, il quale, temeva che l’alta guglia potesse crollare sul suo palazzo in caso di terremoti[8].
Comunque tutto si risolse nel migliore dei modi ed i lavori proseguirono speditamente. Già nel febbraio del 1748 la struttura era conclusa e si iniziò a mettere mano all’apparato scultoreo, dapprima realizzato a stucco e successivamente in marmo, fatta eccezione per la statua della Vergine Immacolata, da realizzare in rame dorato.
A svolgere il lavoro furono chiamati due grandi artisti come Matteo Bottigliero e Francesco Pagano, che realizzeranno nel primo ordine, proprio sopra il basamento, le statue di sant’Ignazio di Loyola, san Francesco Saverio, san Francesco Borgia e san Francesco Regis. Nei quattro bassorilievi posti più in alto sono raffigurati i quattro episodi fondamentali della vita della Vergine Maria: la Natività, l’Annunciazione, la Purificazione e la Coronazione della Vergine. Poco più in alto due medaglioni raffiguranti S. Luigi Gonzaga e S. Stanislao Kostka.
L’apparato scultoreo in marmo fu completato sul finire del 1753 e un anno più tardi, a conclusione di tutti i lavori, fu posizionata sulla sommità della guglia la statua dell’Immacolata, in rame dorato.
La guglia fu inaugurata nel dicembre del 1754, con festeggiamenti che durarono tre giorni, dal 6 all’8 con lo sparo di fuochi d’artificio, musica e un continuo suono di campane e con tanti lumi accesi per tre sere sui balconi e finestre della città[9].
Ogni anno la città di Napoli rende omaggio alla Vergine Maria con l’offerta di un fascio di rose alla statua posta sulla sommità della guglia di piazza del Gesù. E’ un rituale consolidato che si ripete ogni 8 dicembre, giorno in cui la Chiesa celebra appunto l’Immacolata Concezione.
Nardò – Collocata in posizione baricentrica nella centralissima piazza Salandra, la guglia dell’Immacolata fu eretta nel 1749[10], con il concorso del popolo neritino, come testimonianza di fede e ringraziamento per Io scampato pericolo dal terribile terremoto del 1743, che causò gravissimi danni all’abitato di Nardò[11].
L’opera è realizzata interamente in carparo, fatta eccezione per le quattro statue in pietra leccese collocate all’altezza del primo ordine, raffiguranti S. Anna, S. Gioacchino, S. Giuseppe con bambino e S. Giovanni Battista[12].
In cima svetta la splendida statua della Vergine Immacolata, realizzata in marmo bianco poggiante su un globo in bardiglio, opera dallo scultore napoletano Matteo Bottigliero che negli stessi anni lavorava insieme a Francesco Pagano alla decorazione marmorea della guglia dell’Immacolata di Napoli[13].
Che il disegno della guglia dell’Immacolata non sia opera di un semplice scalpellino o del lavoro scrupoloso di un mastro muratore qualunque lo si deduce da una attenta analisi stilistica e da un’accurata lettura dell’impianto planimetrico. Quel che stupisce è soprattutto la sapiente concatenazione di forme ed elementi posizionati ad intervalli regolari, che scandiscono l’armoniosamente i cinque ordini della guglia.
Ad oggi non conosciamo il nome dell’architetto, ma senza dubbio la guglia neritina ha i suoi riferimenti nell’obelisco di san Gennaro eretto nel 1660 da Cosimo Fanzago, nel largo antistante la porta laterale del duomo di Napoli, e soprattutto in quello dell’Immacolata che si stava realizzando negli stessi anni (1746-1754) a Piazza del Gesù Nuovo. La storia della guglia neritina mostra forti analogie ed in qualche modo collegata a quella napoletana.
Fu anch’essa realizzata con le oblazioni del popolo su iniziativa dell’abate Francesco Antonio Giulio che ne commissionò l’opera. Ma a differenza di quella napoletana, la documentazione archivistica riguardo la sua costruzione manca totalmente. Anche le poche notizie in nostro possesso pongono molti dubbi circa la loro attendibilità. Partiamo proprio dalla data del monumento che fino a qualche anno fa era ritenuto, dalla maggior parte degli studiosi, anche sulla scorta di un resoconto scritto del vescovo Luigi Vetta riguardante i festeggiamenti celebrati a Nardò l’8 dicembre 1854[14], di epoca successiva alla guglia napoletana.
Ad allontanare ogni possibilità di individuare una data certa per il monumento fu Francesco Castrignano, che nel 1930 nella sua storia di Nardò̀, senza citare alcuna fonte, scrisse che la guglia era stata eretta nel 1769 sotto il vescovato di Marco Aurelio Petruccelli, su iniziativa dell’abate Francesco Antonio Giulio, come ringraziamento per lo scampato pericolo dal terremoto del 1743[15].
Da quel momento il 1769 sarà indicato erroneamente come anno di costruzione della guglia da tutti gli studiosi che si interesseranno dell’argomento[16]. Come accennato prima, l’autore della guglia è ancora ignoto. Tutte le attribuzioni fatte dai vari studiosi non sono supportate da alcuna analisi o prova documentale.
Partiamo proprio da quella che vuole realizzata dal Giovan Bernardino Genoino, architetto gallipolino, autore della cattedrale di S. Agata, la cui morte però è attestata tra il 1653-55, e quindi subito da scartare visto che per ovvie ragioni anagrafiche non poteva essere l’autore della nostra[17]. Quello che colpisce un questa attribuzione è che a nessun studioso sia venuto in mente di evidenziare la singolare omonimia tra architetto gallipolino e Giuseppe Genoino, autore della guglia napoletana. In assenza di documenti, vista la contemporaneità delle due opere alla luce della nuova datazione, sarebbe stato più credibile immaginarlo anche autore della guglia neritina.
Altro elemento poco chiaro nella vicenda della guglia neritina è proprio l’identità del committente, che a quanto ci riferisce il Castrignanò fu l’abate Francesco Antonio Giulio[18]. Cercando nella storia della diocesi neritina scritta dal Mazzarella dell’ abate Francesco Antonio Giulio non v’è alcuna traccia, di contro ritroviamo l’omonimo l’abate Pasquale Giulio, assai più noto, che fu vicario capitolare del vescovo A. Sanfelice ( 1708-1736) e di quello successivo F. Carafa (1736-1754)[19].
Alla luce di ciò, non è difficile immaginare che quello di datazione non sia stato l’unico errore commesso dal Castrignanò, e che fu l’abate Pasquale Giulio ad occuparsi di raccogliere le oblazioni dei fedeli e commissionare l’opera.
La retrodatazione di circa vent’anni della guglia neritina rispetto all’anno 1769, ci riporta inoltre a considerare con maggiore insistenza che l’idea di realizzare una guglia dedicata all’Immacolata, collocata nella piazza principale della città, risale agli anni del vescovo Sanfelice.
La riprova può essere data dalla presenza nel Corpus sanfeliciano, conservato presso il Museo di Capodimonte, di un disegno preliminare per la guglia dedicata all’Immacolata[20]. Non è da escludere quindi, che già prima del terremoto del 1743 sia maturata nell’animo del vescovo l’idea di realizzare nel cuore della città un’opera analoga a quella eretta nel 1731 a Bitonto, come ringraziamento per lo scampato pericolo del terremoto[21]. È quindi probabile che il vescovo diede incarico al fratello architetto per realizzare una guglia da elevarsi nella piazza principale della città, dopo aver completato la piazza su cui ancora oggi affacciano il duomo, l’episcopio e il seminario[22].
Il disegno di Capodimonte evidenzia una struttura con sviluppo verticale che presenta nella parte alta elementi architettonici riconducibili alla guglia di S. Domenico del Fanzago, ma a differenza di quest’ultima è sorretta da un alto basamento di forma ottagonale, recante un evidente stemma vescovile, ai cui lati si distinguono due statue non riconoscibili.
In cima una statua della Vergine poggiata su una sfera di marmo, sorretta a da un grande capitello corinzio, raccordato al resto della guglia tramite quattro eleganti volute tipicamente sanfeliciane. Il progetto immaginato dal Sanfelice non fu realizzato, presumibilmente per la sopraggiunta morte del vescovo nel gennaio 1736, ma il disegno appena descritto, anche se espressione di un primo momento progettuale, contiene tutti gli elementi di quella che da li a qualche anno più tardi fu eretta e inaugurata da un altro vescovo napoletano, monsignor Francesco Carafa. Ultimati i lavori della guglia, nel settembre del 1749 giunse da Napoli la statua di marmo dell’Immacolata da collocare in cima all’obelisco realizzata da Matteo Bottigliero.
Fu ricevuta dal vescovo davanti ad una delle porte della città, benedetta e condotta “in trionfo” per le principali strade cittadine, presenti anche tutte le autorità civili e religiose. Giunti nella pubblica piazza completamente illuminata a festa la statua fu posta vicino alla guglia ed intonato il Te Deum in rendimento di grazie. La festa durò fino a notte fonda allietata da musiche con continuo sparo di mortaretti e fuochi d’artificio[23]. Non conosciamo il momento in cui la statua fu effettivamente collocata in cima alla “colonna”, ma possiamo immaginare che avvenne nei giorni seguenti.
Ed è così che il popolo neritino, che da sempre ha creduto che la sua guglia dell’Immacolata collocata al centro della piazza principale fosse di molto posteriore a quella napoletana, si ritrova, come una piacevole sorpresa, completata ben cinque anni prima.
Anche la città di Nardò, ogni 8 dicembre, rende omaggio alla Vergine Immacolata ponendo ai piedi della statua posta sulla sommità della guglia un omaggio floreale.
Napoli chiama, Nardò risponde! J
Note
[1] Il titolo è un libero adattamento della celebre frase di Luigi Necco giornalista sportivo napoletano.
[2] Il re Carlo III e la regina Amalia Walburga di Sassonia si recarono nella chiesa del Gesù per ammirare la statua d’argento dell’Immacolata fatta realizzare da padre Pepe. In quell’occasione il re avvicinatosi al gesuita gli disse: «Padre Pepe, Maria Santissima Immacolata non deve solamente stare a vista dei fedeli, chiusa in chiesa, ma [deve stare] ancor all’aperto e al pubblico», cit. M. Volpe, I Gesuiti nel Napoletano, Napoli 1915, p. 28.
[3] “…subito diede a farne i disegni, che furono fatti da molti Architetti, cioè da D. Mario Gioffredo da D. Giuseppe Astarita, da D. Giustino Lombardo da D. Ignazio de Blasio da D. Giuseppe Genuino da D. Giuseppe di Fiore Napoletani, e da D. Domenico de Rossi Fiorentino. Se ne fecero ancora dei modelli in piccolo, uno dal Rossi, un altro dal Fiore, ed il terzo dal Fumo, e tutti si presentarono al Re acciocchè scegliesse Egli quello, che più gli piacea e su in fatti scelto per l’appunto quello che presentemente sì vede disegno di D. Giuseppe Genuino; di cui si ha pure una stampa incisa dal Gaultier in due fogli di carta reale”, cfr. P. D’Onofri, Elogio estemporaneo per la gloriosa memoria di Carlo III Monarca delle Spagne e delle Indie. Nella stamperia di Pietro Perger Napoli, 1791 p. 225-226;
Carlo Celano, Delle notizie del bello, dell’ antico, e del curioso della città di Napoli. Quarta Edizione, Giornata Terza, Napoli 1792, p. 35.
[4] L’incisione della guglia dell’Immacolata con le statue dei regnanti, è presente nel volume di Carlo Celano, Delle notizie del bello, dell’ antico, e del curioso della città di Napoli. Quarta Edizione, Giornata Terza, Napoli 1792, p. 35.
[5] Alta 130 palmi, la guglia costò 80 mila ducati, mentre la statua, con il suo ricco piedistallo di marmi, costò 20 mila ducati. Per entrambe ci furono spontanee oblazioni. Al re Carlo III, che voleva dare il suo contributo, il gesuita disse che avrebbe fatto un torto alla Madonna; comunque, accettò la franchigia del ferro, della calce e dei marmi e 600 ducati per la cancellata. M. Volpe, I Gesuiti nel Napoletano, Napoli 1914, vol. 2., p. 36; P. Degli Onofri, Elogio estemporaneo, cit. p. 229.
[6] “Già nel 1976 Teodoro Fittipaldi traeva dal numero 10 di Avvisi dell’8 febbraio 1746 il giorno in cui veniva posta la prima pietra della guglia dell’immacolata, costruita di fronte alla chiesa del Gesù Nuovo di Napoli su iniziativa di padre Francesco Pepe, i cui lavori vennero solennemente iniziati il 1 febbraio di quell’anno; l’interessante documento correggeva così la data erronea del 7 dicembre 1747 dovuta ad un refuso di Pietro degli Onofri che aveva, fino ad allora, rappresentato l’unica fonte per la datazione dell’avvenimento” Cit. U. di Furia, Nuovi documenti sulla guglia dell’Immacolata di Nardò, “Il Delfino e la mezza luna, Studi della Fondazione Terra d’Otranto”, maggio 2013 p. 90.
[7] Per padre Pepe era fondamentale che un controllo quotidiano sul cantiere gli venisse garantito da persona di sua provata fiducia sia sul piano professionale che personale: e la figura di fra Filippo d’Amato rispondeva perfettamente a queste esigenze. Fu infatti il gesuita marmoraro che organizzò il cantiere, «approntò tutto, scelse gli operai…» e ogni settimana si presentava al padre Pepe per avere il denaro per pagare le spese. Sta in Gaia Salvatori, Corrado Menzione, Le guglie di Napoli: storia e restauro, Napoli 1985, p. 82.
[8] P. D’Onofri, Elogio estemporaneo, cit. p. 226.
[9] U. di Furia, La statua dell’Immacolata sulla guglia e nella chiesa del Gesù Nuovo in “Napoli Nobilissima”, sesta serie, vol. II, ff. V–VI, settembre–dicembre 2011, p. 234.
[10] L’interessantissimo documento ritrovato dal di Furia corregge definitivamente la datazione della guglia di Nardò, che passa dal 1769 al 1749, anticipando di venti anni la sua costruzione. Cfr. U. di Furia, Nuovi documenti sulla guglia dell’Immacolata di Nardò, in Il delfino e la mezzaluna, anno II, n. 1, 2013, p. 89-96.
[11] G. De Cupertinis, Architetti e maestranze del XVIII sec.: il caso di Nardò e di altri centri minori del Salento, in L’arte di fabbricare e i fabbricatori – Donato Giancarlo De Pascalis, 2001, pp. 59-63.
[12] Una delle statue presenti sulla guglia è sempre stata erroneamente attribuita a S. Domenico (F. Castrignanò 1930), ma è evidente che si tratta di S. Gioacchino, marito di S. Anna e padre di Maria.
[13] U. di Furia, Nuovi documenti sulla guglia dell’Immacolata di Nardò, cit. p. 91.
[14] Il Vetta affermava che in quei giorni “Nella piazza principale faceva vaghissima mostra la guglia, che, innalzata molti anni prima, ad imitazione di quella eretta nel largo della trinità maggiore di Napoli, appariva con un bel disegno illuminata, per gran numero di lumi che splendevano in vetri colorati”, cit. E. Mazzarella, Le sede vescovile di Nardò, Galatina 1972, p. 306.
[15] F. Castrignanò, La storia di Nardò esposta succintamente, Galatina 1930, p. 118.
[16]L’errore può essere dovuto ad un refuso da parte di Francesco Castrignano, che indicò come anno di costruzione il 1769 invece di 1749.
[17] Nel saggio l’autore scrive: “Mi è stato detto in Nardò̀ che esso è opera dell’architetto Giovan Bernardino Genoino di Gallipoli, autore dell’insigne cattedrale di sant’Agata in Gallipoli stessa; ma non ho trovato in documenti scritti una conferma a questa notizia”. Cfr. G. Palumbo, Guglie di stile barocco nella penisola salentina, in Arte Cristiana, vol. XL, n. 1, gennaio 1953, pp. 18–21.
[18] F. Castrignanò, cit., p. 118.
[19] Ab. Pasquale Giulio, dottore nelle due leggi, licenziato in s. Teologia, nacque a Nardò da famiglia patrizia è compì gli studi nel seminario vescovile. Nel 1722 ricevette dal vescovo Sanfelice alcuni benefici ecclesiastici, e nel 1726 fu nominato canonico della Cattedrale. Resasi vacante la sede vescovile il 1° gennaio del 1736, nonostante fosse tra i più giovani canonici, fu eletto vicario capitolare. Il vescovo successivo Carafa, verso la fine del 1747, lo nomino arcidiacono della cattedrale. Dopo la morte del vescovo fu rieletto per la seconda volta vicario capitolare e nel 1754 indisse la sua prima visita pastorale. Sta in E. Mazzarella, cit., pp. 275-276, 269.
[20] Nel Corpus dei disegni sanfeliciani presso Capodimonte è presente il disegno per una guglia tradizionalmente attribuita come guglia di S. Gennaro, ma è evidente che si tratta di una guglia dedicata all’Immacolata; cfr. G. De Cupertinis, Ferdinando Sanfelice architetto a Nardò, in Antonio e Ferdinando Sanfelice: il vescovo e l’architetto a Nardò nel primo Settecento, a cura di M. Gaballo, B. Lacerenza, F. Rizzo, Lecce 2003, pp. 61–76.
[21] Epigrafe nel monumento dell’Immacolata a Bitonto in memoria del terremoto del 20 marzo 1731, in G. Pasculli, “La storia di Bitonto”, vol.1, pp.308-309; S. Milillo, La Chiesa e le chiese di Bitonto: chiese di Puglia, Ed. Centro ricerche di storia e arte, 2001, p. 6. Il terremoto del 20 marzo del 1731 interessò la Capitanata e il suo centro amministrativo principale, Foggia, che nella realtà del Regno di Napoli rappresentavano un polo di grande importanza per gli equilibri finanziari, economici e politici dello Stato.
[22] G. De Cupertinis, Il rapporto progetto-cantiere negli edifici neritini di Ferdinando Sanfelice, Atti del convegno “Un vescovo, una città” Antonio Sanfelice e Nardò (1708-1736), Feb 2012, pp. 102-122; G. De Cupertinis, Ferdinando Sanfelice e il restauro della Cattedrale di Nardò, in Sancta Maria de Nerito. Arte e devozione nella Cattedrale di Nardò, a cura di Daniela De Lorenzis, Marcello Gaballo, Paolo Giuri, Galatina, 2014, pp 165-166; G. De Cupertinis, Ferdinando Sanfelice architetto a Nardò, cit. pp. 68-75.
[23] L’intera vicenda è tratta da Avvisi, n°42, Napoli 16 settembre 1749, pubblicata integralmente da U. di Furia in Nuovi documenti sulla guglia dell’Immacolata di Nardò, cit. p. 91-92, e che qui riproponiamo: “…Dalla città di Nardò siamo ragguagliati, qualmente erettosi nella Piazza principale di quella un nobile, e magnifico obelisco, in onore della ss. Vergine Immacolata di pure limosine spontaneamente offerte, e non richieste; giunse ivi ultimamente da questa capitale una statua di marmo finissimo di palmi nove della stessa gran Vergine Immacolata, di eccellente scoltura, da mettersi nella cima di detto obelisco. Ricevuta processionalmente in una delle porte della città da Mons. Vescovo D. Francesco Carafa, e da lui Pontificalmente vestito ancor benedetta fu condotta in trionfo per le principali strade riccamente adobbate, seguita dal capitolo, Mansionarj, e clero; coll’intervento ancora degli ordini regolari, di tutto il Magistrato, Nobiltà, e Popolo innumerevole tra le pubbliche acclamazioni, e continovi viva di giubilo, tra le armoniche melodie di ben concertati istrumenti, e tra un continuo sparo di mortaretti, e fuochi artificiali; e giunti nella pubblica Piazza fu depositata la statua vicino all’obelisco, ed intonato il Te Deum in rendimento di grazie si proseguirono le Feste di sparo, ed illuminazioni fino alle molte ore della Notte. Detta statua è stata scolpita da D. Matteo Bottigliero scultore Napolitano”.
Splendide foto. Un racconto che mi è stato fatto molti anni fa collegava l’arrivo della luce elettrica a Nardò con l’accensione della prima luce proprio alla Madonna dell’Immacolata davanti ai cittadini che gremivano la piazza e assistettero a questo primo evento.rivoluzionario e moderno!