di Armando Polito
Le immagini di testa sono volutamente senza didascalia e per scoprire la ragione bisognerà giungere alla fine, non senza aver letto quello che c’è prima …
In Catone (III-II secolo a. C.), De re rustica, XX, XXII e CXXXVI, trapetum (sostantivo di genere neutro) è l’intera macchina; in Varrone (II-I secolo a. C.), De agri cultura, I, 55, trapeta (sostantivo di genere femminile) è la mole di pietra durissima; in Columella (I secolo d. C. ), De re rustica, XII, 50, trapetum è la pesante trave usata per spremere le olive.
Ecco il lemma TRAPETUM e la variante TRAPITUM come sono registrati nel glossario del Du Cange (la traduzione a fronte è mia).
Preciso che il verbo greco τρἐπω interviene sì, ma in seconda battuta perché *τραπητόν (la voce non è attestata, ma molto probabilmente è originaria della Magna Grecia) è da τραπέω, che significa pigiare l’uva, a sua volta da τρἐπω.
Non è necessario essere filologi quanto meno per intuire che trapetum è il padre dell’attuale trapeto, di cui i vocabolari riportano anche la variante trappeto (che credo sia quella più usata), la cui origine meridionale è nella geminazione di p in un precedente trappetum presente in molte scritture a partire dal XV secolo), a sua volta dal trapetum riportato dal Du Cange. Va da sè che il neretino trappitu è da trappitum, a sua volta da trapitum.
Trappitum in particolare è attestato in un un atto del 15 febbraio 1428 (Michela Pastore, Le pergamene della Curia e del Capitolo di Nardò, Centro di studi salentini, Lecce, 1964, p. 75), in cui Filippo Sambiasi di Nardò, ordinato l’inventario dei suoi beni, fa testamento lasciando, fra l’altro, trappitum unum turchiacum (un trappeto con torchio).
Sempre per Nardò è attestata la variante tarpetum (senza la geminazione della p ma con metatesi tra->tar-) in un atto del 31 dicembre 1427 (Angela Frascadore, Le pergamene del monastero di S. Chiara di Nardò, Società di storia patria per la Puglia, Bari, 1981, p. 88: … terciam partem unius tarpeti cum toto apparatu, sit(i)Licii, vicinio ecclesie Sancti Iohannis de Vetere, iuxta domos Nucii Drimi et Ponagrani … (la terza parte di un trappeto con tutta l’attrezzatura, sito in Lecce nel vicinio della chiesa di S. Giovanni de Vetere, presso le case di Nuccio Drimo e Penagrano).
E la voce doveva essere molto diffuso in area meridionale se era già in un atto siciliano del 9 agosto 1351 conservato nell’Archivio di Stato di Palermo (spez. 26 N), sia pur con riferimento alla lavorazione della canna da zucchero: trappitum pulveris zuccari. Nei documenti medioevali raccolti nel Codice diplomatico barese ricorrono tarpetum e tarpitum. Il che non esclude che la nascita di ognuna delle voci fin qui riportate sia anteriore, e di molto.
La cronologia dell’uso, pur con tutti i limiti fisiologicamente connessi con tale tipo d’indagine, sembrerebbe, comunque, corroborare l’evoluzione fin qui delineata.
Per quanto riguarda l’italiano, fino alla metà del XVII secolo ricorre trapeto. A titolo d’esempio cito la prima quartina del sonetto LXIII in Leporeambi nominali alle donne et accademie italiane, s. n., s. d. di Ludovico Leporeo (1582-1655): Milla saggia qual dea de l’oliveto/m’ha il cor unto in un punto e m’ha ferito,/e nel suo torchio rigido contrito/con la mola crudel del suo trapeto. Ricordo inoltre che la voce ricorre ripetutamente anche nella locuzione trapeto da cavalli in Giovanni Battista Ramusio, Delle navigationi et viaggi, v.III, Giunti, 1606
La più antica testimonianza di trappeto che ho rinvenuto appartiene a Onofrio Pugliesi Sbernia, Aritmetica, Bossio, Palermo, 1670. Successivamente a tale data trappetum diventa la forma usata quasi in maniera esclusiva. La pronunzia dialettale sembra aver preso il sopravvento sulla forma filologicamente corretta e non escluderei la spinta decisiva del fattore economico e a tal basti pensare al ruolo di protagonisti che la Puglia e il Salento in particolare avrebbero avuto in tutta Europa nella produzione e nel commercio dell’olio. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia …
Una sintetica storia, invece, con l’occhio rivolto alla tecnologia, è rappresentata visivamente dalle tre immagini di testa che vanno dal I secolo d. C. (Boscoreale, Villa della Pisanella; immagine tratta da https://viaggiart.com/it/boscoreale/luoghi/museo/antiquarium-nazionale-di-boscoreale_13994.html)
ai nostri giorni (immagine tratta da http://www.arsolea.it/wordpress/wp-content/uploads/2012/02/ars18.jpg)
passando per il frantoio ipogeo di di Santa Maria a Cerrate (immagine tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Trappeto_(frantoio)#/media/File:Frantoio_Ipogeo.jpg).
Lascio al gusto del lettore decidere qual è l’attrezzatura che presenta il disegno più moderno, direi quasi avveniristico, manco fosse stato studiata, con cospicui investimenti, nella galleria del vento …
Grazie assai!!!