di Armando Polito
Prima di entrare nel vivo dell’argomento annunziato nel titolo sento il dovere di ringraziare per la segnalazione il signor Salvatore Fischetti di Lizzano e non mi pare fuori luogo ricordare che Giuseppe Silos fu un letterato bitontino chierico regolare dell’ordine dei Teatini. Autore molto prolifico, la sua produzione fu essenzialmente storico-agiografia e celebrativa, come il lettore potrà agevolmente constatare scorrendo i titoli che seguono.
Historiarum clericorum regularium a Congregatione condita pars prior, Vitale Mascardi, Roma, 1650
Musa canicularis sive iconum poeticarum libri tres, Eredi del Corbelletti, Roma, 1650 (ristampa per i tipi di Pietro Lamy a Parigi nel 1652; una seconda edizione uscì, sempre a Parigi, nel 1658 per i tipi di Goffredo Marcher)
Historiarum clericorum regularium a Congregatione condita pars altera, Eredi del Corbelletti, Roma, 1655
Venerabilis Servi Dei Francisci Olympii ordinis clericorum regularium vita, Eredi del Corbelletti, Roma, 1657
Opere di misericordia, overo sermoni di Purgatorio, Eredi del Corbelletti, Roma, 1660
Vita del Venerabile Servo di Dio D. Francesco Olimpio, Paolo Bonacotta, Messina, 1664 (ristampa postuma per i tipi di Salvatore Castaldo a Napoli nel 1685; entrambe traduzioni dello stesso autore dell’opera uscita in latino nel 1657)
Analecta prosae orationis, et carminum, epistolarum, epigrammatum, inscriptionum centuriae, Pietro dell’Isola, Palermo, 1666
Ragionamenti vari fatti in varie occasioni da D. Giuseppe Silos, Eredi del Corbelletti, Roma, 1668
Conferenze accademiche tenute da quattro virtuosi ingegni, Ignazio Lazzari, Roma, 1670 (dal frontespizio apprendiamo che il Silos fu Accademico Infiammato, detto lo Smemorato)1
Mausolea Romanorum Pontificum et Caesarum Regumque Austriacorum, Ignazio Lazzari, Roma, 1670
Vita di S. Gaetano Thiene, Ignatio de Lazari, Roma, 1671
Plausus in solemni consecratione D. Caietani Thienaei, Ignazio Lazzari, Roma, 1671
È tempo di passare agli epigrammi, entrambi in distici elegiaci, metro abbastanza scontato per questo tipo di componimento. Il primo epigramma, dedicato a Taranto, è in Musa canicularis …, opera della quale riproduco (da https://books.google.it/books?id=0OZIAAAAcAAJ&printsec=frontcover&dq=musa+canicularis&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiXn8ql6o3WAhWEA8AKHTxnCssQ6AEIJjAA#v=onepage&q=musa%20canicularis&f=false) l’antiporta e il frontespizio.
Passo ora all’epigramma in questione che è il LIV della seconda centuria. Lo riproduco in formato immagine da p. 254.
A causa di qualche imperfezione tipografica trascrivo il testo prima di passare alla traduzione.
Cerne Phalantaei sublimia tecta Tarenti/Daunia cui quondam sceptra stetere manu,/nobilitata mari et caelo; portu inclyta cultis/sat clara ingeniis Urbs, genioque soli/dives opum, Tyriisque ostri, celeberrima luxu/regifico, Assyrio rore, meroque madens./Delicias inter saevis efferbuit armis,/movit et in latios bella cruenta Duces./Certatum, fato at cecidit, victumque Tarentum est,/visaque Tarpeio praeda superba iugo./Roma, Tarentinas ne iactes Dardana palmas;/falleris; haud ingens est, superasse lanor,/vicerat illecebris se primum molle Tarentum;/vincere iam victum, quam leve Martis opus.
Guarda le alte costruzioni della Taranto di Falanto, nelle cui mani un tempo stette lo scettro della Daunia, nobilitate dal mare e dal cielo; la città (è) famosa per il porto, abbastanza illustre per le qualità naturali coltivate, e, grazie alla divinità protettrice del luogo, abbondante di ricchezze, e di porpora di Tiro, celeberrima per il lusso regale, per il sommacco2 assiro, madida di vino. Fece ribollire i piaceri tra le crudeli armi, mosse guerre cruente anche contro i condottieri latini. Si combattè, ma Taranto per volere del destino cadde e fu vinta e sembrò preda superba della rupe Tarpea. Roma di origine troiana, non esaltare la vittoria su Taranto. Sbaglieresti; non è grande fatica averla superata. La molle Taranto per prima aveva vinto se stessa con le lusinghe: vincere il già vinto è impresa di guerra quanto mai facile.
E passiamo a Lecce, il cui epigramma è il n. XX a p. 78 del Plausus … (di seguito il frontespizio tratto da https://books.google.it/books?id=MGl5BS6dZA4C&pg=PP9&lpg=PP9&dq=plausus+on+solemni+consecratione&source=bl&ots=cpuRiOT1xE&sig=eaKA7OHZB2c4SddDQeKpE-b8obs&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjIjM_ylY7WAhWhAMAKHStPC-MQ6AEILTAB#v=onepage&q=plausus%20on%20solemni%20consecratione&f=false).
E questo è l’epigramma.
Extremis quamvis Italum me cernis ad oras,/sum Salentini gloria prima soli./Me pietas, splendorque virum, laqueataque templa/nobilitant, facili sculptaque saxa manu./Me Caietani resonat dum fama triumphi,/non piguit longas arripuisse vias./Pectore nempe avido, ventis pernicius ipsis,/tot terras volucri visa vorare gradu./Nempe Urbs Italici ut quae sum velut ultima mundi;/ad Caietani gaudia prima forem.
Sebbene tu mi veda presso le estreme regioni d’Italia sono il primo vanto del suolo salentino. Mi nobilitano la pietà, lo splendore degli uomini e i templi dai soffitti a cassettoni, la pietra3 scolpita dall’abile mano. A me, mentre risuonava la fama del trionfo di Gaetano4, non rincrebbe di aver intrapreso un lungo cammino. Col cuore certamente avido, più velocemente degli stessi venti sembrai divorare tante terre con passo alato. Certamente io, per quanto sia come l’ultima città del mondo italico, potrei essere la prima per la gioia di Gaetano5.
Si direbbe che al Silos sia più simpatica, nonostante la sua marginalità geografica ricordata all’inizio e ribadita alla fine, la civile” e spirituale” Lecce della “militare” e “carnale” Taranto (anche se lo stesso verbo, nobilitare, è usato per entrambe), forse anche per la sua “affinità” religiosa. Addirittura, visto che è la citta stessa a presentarsi in prima persona, potremmo definire “parlante” l’epigramma a lei dedicato. Resta, comunque, il fatto positivo che l’una e l’altra abbiano avuto posto, come rappresentanti della Terra d’Otranto (Brindisi si metta il cuore in pace …), tra innumerevoli epigrammi dedicati, nell’una e nell’altra opera, a città importanti, e non solo italiane.
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1 L’Accademia degli Infiammati era stata fondata a Padova nel 1540 da Leone Orsini, Ugolino Martelli e Daniele Barbaro. Trasse il nome dall’insegna che riproduceva Ercole avvolto dalle fiamme sul monte Ceta dopo aver indossato, su invito della moglie Deianira, la tunica del centauro Nesso ucciso dall’eroe con una freccia bagnata del sangue dell’Idra perché durante il passaggio di un fiume aveva tentato di prendersi un altro tipo di passaggio con sua moglie … Il motto dell’accademia era Arso il mortale, al ciel n’andrà l’eterno, con riferimento all’intervento del padre Giove che pose fine alla sua agonia portandolo con sé sull’Olimpo.
2 Piccolo arbusto, dalla corteccia e dalle foglie del quale si estraevano un tempo i tannini impiegati in tintoria e come mordente per la concia delle pelli.
3 Gaetano Thiene (1480-1547), fondatore nel 1524, insieme con Gian Pietro Carafa, dell’ordine dei Teatini. Fu proclamato beato da Urbano VIII nel 1629, santo da Clemente X nel 1670; è il trionfo celebrato nell’epigramma. Ricordo che nello stesso anno del Plausus (1671) uscì la biografia del santo scritta dal Silos (vedi penultima opera citata nell’elenco iniziale).
4 Quasi scontato questo riferimento alla pietra leccese.
5 Io vi colgo un’allusione al convento dei Teatini annesso alla chiesa di S. Irene, la cui costruzione fu iniziata su progetto del teatino Francesco Grimaldi nel 1591 ed ultimata nel 1639.