di Dario Vadacca
Quando, nell’estate del 2004, Nicola Arigliano salì sul palco di Torre Regina Giovanna aveva “ottantun anno” e tanta voglia di proporre buona musica. Fu presentato con entusiasmo da un giovanissimo Cesare Dell’Anna ma il re dello swing italiano trovò un pubblico non troppo numeroso ad aspettarlo, così chiese ironicamente: «e gli altri non sono arrivati ancora?» “Gli altri” lo avevano dimenticato, la sua musica era ritenuta antica e poco adatta ai giovani, si aggiunga che nessuno dei presenti aveva neanche lontanamente idea del fatto che fosse possibile ballare e divertirsi su quelle note. Arigliano era saggio e andò avanti con lo spirito di un ventenne, sapientemente accompagnato dai maestri Elio Tatti, Antonello Vannucchi e Giampaolo Ascolese.
Tra i tecnici della serata vi era Marco D’Agostinis, un ragazzo ancora inesperto ma molto sveglio, uno di quei buongustai musicali senza pregiudizi e gabbie mentali. Ebbe l’intuizione di registrare al meglio delle proprie possibilità l’intero concerto, rielaborò il materiale con perizia per poi riversarlo in un cd di ottima qualità audio. Quel live, tuttora inedito, fu la colonna sonora dei nostri viaggi in auto per anni, una rarità assolutamente fuori moda e contraria ad ogni gusto giovanile. Nel veder sbuffare le nostre partners rivivevamo il ritornello di Sachmo: «Le nostre fidanzate ci lasciavano piuttosto che ascoltare quella musica» e ancora Venti chilometri al giorno a sottolineare il nostro speranzoso peregrinare per le strade provinciali, così come Il pinguino innamorato a far da eco agli amori contrastati da genitori troppo possessivi. Ci sentivamo rapiti da quella dimensione così sorprendentemente vicina a noi, per quanto lontana nel tempo, ma il nostro sogno Jazz era interrotto di tanto in tanto dalla voce del Maestro che ricordava un fatto molto importante: «voi non c’eravate, i vostri nonni c’erano.»
Accadde poi che dimenticammo, anche noi lasciammo quel cd fuori dalle nostre auto, ci arrendemmo a più moderne playlist e quasi non ci accorgemmo che, nel marzo del 2010, il gigante dello swing italiano ci lasciava per sempre. Fu sepolto nella sua Squinzano, il Salento fu per lui l’origine e la conclusione del cammino. Qui era nato nel primo dopoguerra ma a soli undici anni era scappato per andare a vivere a Milano. Da meridionale al nord aveva mantenuto intatte le sue radici, chiaramente riconoscibili nelle espressioni dialettali che mescolava ad un italiano molto ricercato. Come i neri di Harlem era stato straniero in patria e forse anche per questo era in grado di interpretare il Jazz meglio di chiunque altro. Decise di tornare nella sua terra in vecchiaia senza serbare rancore per le vicende che lo avevano spinto ad allontanarsene; Arigliano vedeva la vita da una prospettiva più alta e per lui le piccole questioni non contavano, contava solo lo swing. Forse aveva già messo in conto tutto, anche il fatto che la sua tomba sarebbe rimasta solitaria e dimenticata dai suoi conterranei per numerosi anni a venire e così il Jazz tornò a tacere.
Si può far finta di nulla fino ad un certo punto ma, alla fine, la verità viene sempre a galla e se c’è un fatto di cui possiamo esser certi è che lo swing è ottima musica, nata e pensata per far ballare intere generazioni di ragazzi. Pian piano qualcuno ha iniziato a ricordare e ha provato a riproporre quel vecchio stile forse mai superato; in tutta Italia, Salento compreso, sono sorte scuole di Lindy hop[1] e si sono moltiplicati eventi, serate a tema e workshop. Per caso o per necessità, mi sono ritrovato a mia volta a ballare swing e fu in una delle mie prime serate che una voce familiare tornò fuori dal cono d’ombra dell’oblio, la voce di Nicola Arigliano! Stavolta erano in tanti ad ascoltarlo e a ballare fino allo sfinimento sulle note di Marilù, Maramao e Buona sera signorina! Ballavano di gusto, erano tutti giovani e maledettamente felici, la sua voce inconfondibile imperversava ovunque, dove c’era swing c’era lui. La domanda di apertura del Maestro mi tornò allora in mente, finalmente potevo rispondere: «eccoli Maestro! “Gli altri”, sono arrivati. Scusate il ritardo. Go Man!»
[1] Ballo swing afroamericano nato ad Harlem negli anni venti del XX secolo.
SCUSATE IL RITARDO! GO MAN! …..
A LODE DELL’AUTORE DELL’ARTICOLO E DEL LAVORO DELLA FONDAZIONE, E IN MEMORIA DI NICOLA ARIGLIANO, richiamo qui alcune notizie su SQUINZANO (cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Squinzano) e, in particolare, invito a prendere visione (PER CHI NON L’HA MAI VISTO) del suo BELLISSIMO STEMMA cittadino (cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Squinzano#/media/File:Squinzano-Stemma.png). Data la grande attenzione all’araldica da parte della rivista, mi sia consentito, l’invito vuol essere una sollecitazione a Marcello Gaballo e, possibilmente, a Marcello Semeraro (ricordo qui un suo articolo, con miei “poco tecnici” commenti: https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/11/04/lo-stemma-del-palazzo-basile-francavilla-fontana-un-curioso-caso-arma-parlante/), a produrre una lettura esperta e sapiente dello Stemma della città di SQUINZANO.
Federico La Sala
Nessuno più grande di Nicola Arigliano! L’avessero avuto gli americani un coroner della sua forza. Caro Pasquale,ti sia lieve la terra.