di Pier Paolo Tarsi
Guardo dalla veranda i miei cani che rincorrono una lucertola più scaltra di loro, si rotolano nella terra rossa e arida, incespicando l’uno nelle zampe dell’altro. Sollevano nuvole di polvere, peli, ringhi e guaiti, poi d’improvviso si fermano: il rettile si è infilato in un buco imprendibile. Si abbeverano e tornano a sedersi ai miei piedi come avessero compiuto un’impresa eroica o almeno il loro sacrosanto dovere, quindi attendono forse una qualche mia ricompensa, magari d…ue biscotti o qualche croccantino. Che coglionazzi. Torno a me, alla mia lettura, non è che io, anche se immobile e seduto, sia più quieto e capace di loro nei miei affari oggi. Tento sgraziatamente, sudato e stordito dalla calura, di cogliere nozioni che si incuneano tra le righe di un libro, mi distraggo facilmente, boccheggio e non mi riesce proprio di acchiappare i concetti senza rileggere almeno due, tre volte, come se i significati fossero rettili in fuga e in cerca di riparo. Come sia finito tra le pagine di in un libro che parla di tappeti e calligrafia islamica non lo so più, come diceva un tipo “le origini sono sempre oscure”. Mi distolgo ancora e mi viene alla mente il fatto di quel giornalista che è stato sospeso dall’ordine, giustamente o meno non saprei, per un pezzo giudicato islamofobo: gli costerà due mesi senza paga. Mi è appena tornata in mente una sua frase che aveva a che fare proprio coi tappeti da preghiera, odiosi perché a suo dire impregnati di “puzza dei piedi”. Ma lui, mi chiedo, ne sa veramente qualcosa di quei tappeti e dei significati di quelle selve e labirinti di simboli? Ne dubito, se conoscesse minimamente tali cose sopporterebbe anche la puzza credo, o non ci baderebbe tanto. Conoscere ci porta a sbarrare la strada in noi a certi automatismi ed istintive associazioni. Prendiamo una parola che più o meno tutti noi sentiamo ripetere in caso di attentati, morti e stragi. Corano. Basterebbe arricchire le occasioni in cui incontriamo certe parole per allentare i nostri legacci cognitivi. Basterebbero frasi come quelle che trovo qui, in queste pagine, per evocare in noi altre suggestioni e costellazioni di sensi legati a una parola: “Il prestigio degli scritti coranici era accresciuto dalla dimensione morale della calligrafia, in quanto una bella scrittura era considerata un’espressione di virtù e i calligrafi che copiavano il Corano facevano attenzione a trovarsi in uno stato di purezza rituale prima di iniziare la loro opera”. O ancora: “Interi capitoli del Corano venivano scritti su una foglia, o persino su un chicco di riso, oppure un intero Corano copiato in dimensioni tanto piccole da entrare in un guscio di noce”. Potrei continuare, certo, ma la lucertola si è riaffacciata fuori dal suo riparo, qualcosa di nuovo potrebbe accadere.
Bel pezzo, in cui, secondo me, l’essenza sta nell’assenza (non è solo un gioco di parole …) di un semplice punto esclamativo dopo “Che coglionazzi”: se non un’umile sospensione del giudizio, quanto meno l’anticipazione sarcastica di un’immedesimazione, un’efficace traslazione metaforica della condizione esistenziale di noi uomini, forse troppo arroccati nel fragile fortino della nostra presunta superiorità razionale. Complimenti, Pier Paolo!
Una lucertola sulla Fòcara di Novoli
Le lucertole ai nostri tempi erano il principale divertimento dei bambini. Venivano torturate in mille maniere. A farne le spese era sopratutto la coda, fragilissima. A Novoli si giocava allu cacchiu formato da un lungo filo di erba per catturare le lucertole,
la coda si tagliava, un po’ sfidando la sorte, dato che ad ogni contrazione della coda mozzata, si credeva corrispondesse un accidente, e ti bestemmiavano i morti.
Se si trascura il comportamento dei bambini, la lucertola era generalmente rispettata. Vederne entrare in casa era di buon auspicio, soprattutto se aveva due code (ricresciute dopo le “accidentali” mutilazioni). le lucertole hanno una particolare resistenza al digiuno, e passavano anche attraverso le porte chiuse, tanto erano secche.
Il caso
Nel gennaio 2012 in pieno inverno prima dell’accensione della Fòcara di Novoli, la giornata era limpida avvicinandoci con mio nipote all’immensa Fòcara costruita con (oltre 100.000 sarcine te leune )ricavate dalla potatura delle vigne notiamo la presenza di una lucertola che prendeva il sole all’altezza di 2 metri da terra, abbiamo scattato una foto ma il regolamento del portale non ci permette di pubblicarla.
un cordiale saluto da Torino
Ersilio Teifreto