di Armando Polito
La voce di oggi fa parte della lunga serie di parole obsolete perché il tempo con il suo inevitabile cambiamento di usi e costumi ha fatto fuori l’oggetto, il fenomeno, addirittura il sentimento che quella parola significava. Dio, per chi ci crede, non voglia che fra poco diventino obsolete parole come rispetto, fratellanza, bontà, onestà, merito, pace, dopo che il diavolo, sempre per chi ci crede, ha cancellato anche dal volto dei più giovani quel sano rossore che era sintomo di pudore, sostituendolo con quello insano derivante, magari, dall’abuso di alcol!
Scandia dalle nostre parti indicava non solo l’effetto del pudore (per arrossire era sufficiente, per non dire del sesso, la consapevolezza fulminea di una bugia, magari innocente; oggi non basta la contezza, quando e se arriva …, di aver ucciso un essere vivente, fosse anche una delle cosiddette bestie, ma anche di una reazione fisica dovuta ad altri motivi psicologici, climatici o … climaterici. In quest’ultimo caso si trattava della caldana o vampata di calore, ho detto si trattava perché affliggeva le donne in menopausa, oggi non più. non tanto perché la menopausa femminile è scomparsa (questione di tempo e pure quella …) ma sono scomparse le scandie con l’adozione della TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva), che non sarà immediatamente tos …sica ma che, com’è noto, aumenta il rischio di tumore al seno.
Tutti i salmi finiscono con il gloria e un post di questo tipo non può che finire con l’etimo. Si sa che la fiamma ha un colore diverso a seconda della temperatura. Così, per prendere in considerazione solo ciò che ci serve, a quella rosso sangue corrisponde una temperatura di 585 °C, alla bianca di 1205 °C. Non a caso candido deriva dal latino càndidu(m), a sua volta da candère=essere bianco, risplendere, essere infuocato. Candère, poi, ha generato dei composti con la prostesi (protesi e prostata hanno lo stesso etimo, ma non è qui il casi di approfondire) di una preposizione e con con l’epitesi del suffisso incoativo. Sono nati così incandèscere=diventare candido, arroventarsi (il cui participio presente ha dato l’italiano incandescente), ed excandèscere=prendere fuoco, accendersi d’ira (a quest’ultimo significato è legato il nostro escandescenza, derivante dal participio presente neutro plurale che è excandescentia, per lo più usato al plurale nella locuzione dare in escandescenze).
Di candère non sono attestati nel latino classico altri composti simili, nemmeno formati solo con la prostesi di una preposizione e senza suffisso incoativo; per esempio, e per usare le stesse preposizioni prima messe in campo (in ed ex), non sono attestati incandère ed excandère. Non esiste, però, solo il latino classico, c’è, anzi c’era, anche quello parlato, alla cui conoscenza ci aiutano non solo gli antichi grammatici che ce ne hanno tramandato qualche esempio ma anche testimonianze concrete, materiali, come i graffiti pompeiani.
E proprio da un *excandère, pur non attestato nemmeno da queste fonti, dev’essere derivato, proprio come tante voci ricostruite dai linguisti induttivamente e registrate con l’asterisco iniziale, il nostro scandìa.