Libri| Luca e il bancario

Copertina 2016_colore:Coprtina Il geco (boccadamo)

di Marcello Buttazzo

L’amicizia è un giacimento di calie preziose, un tesoro di sole, uno dei beni immateriali di più inesausto sapore, che armonizza il mondo, che salva la vita. Ho conosciuto Rocco Boccadamo nel settembre 2012, a Lucugnano, a Palazzo Comi. Con Vito Antonio Conte e con Giuliana Coppola presentavamo il mio libretto di poesie, “E ancora vieni dal mare”, nella Casa di rose del preclaro poeta. A Rocco, di cui in passato avevo già letto alcune sue lettere sulle rubriche de “La Gazzetta del Mezzogiorno” e de “Il Corriere del Mezzogiorno”, donai la mia silloge. Su quell’incontro Rocco scrisse amorevolmente sul sito della Fondazione Terra d’Otranto. Prima del trascorso Natale, Rocco s’è recato nel mio paese, Lequile, e mi ha donato il suo ultimo lavoro “Luca e li bancario” (pubblicato da Spagine – Fondo Verri Edizioni). Rocco ha avuto, finora, varie e intense esistenze. Agli albori delle primavere, sboccia la sua vita fanciulla, bambina, di arguto adolescente, di giovinetto diligente e studioso. Una esistenza giocata e bordeggiata a Marittima, nei paesi vicini, con il riverbero del mare negli occhi, confortato dalla Natura e dagli affetti più cari. Dopo il diploma, conseguito in modo brillante, Rocco ha iniziato, quasi subito, per una serie di motivi, l’attività lavorativa di bancario. Che lo ha portato in giro per l’Italia. Un lavoro denso di soddisfazioni, di abnegazione, di alacre operosità. Nel libro “Luca e il bancario”, mi colpisce, tra le tante cose, la descrizione emozionale e vibratile di Rocco nel ricevere il suo primo stipendio. Nella fase adulta, lui ha traversato e traversa il tempo e respira il suo giardino più intricato di sogno e di sperimentazione: quello della scrittura. Da grande Rocco ha deciso che la scrittura dovesse essere la sua ineludibile compagna di viaggio, la panacea universale, la sua musa prediletta e preferita, campo immenso di rossi papaveri e d’esplorazione del vivente. Dal 2004, pubblica sistematicamente i suoi volumetti di storie vivide d’amore e di paesaggi incontaminati. Scrive su Internet, per diversi periodici, con puntualità e parsimonia, con uno stile sobrio e pulito. Da tempo, seguo con interesse i deliziosi bozzetti del nostro prolifico Autore sul periodico Spagine del Fondo Verri. Il Fondo Verri, per noi anime indocili, vagolanti come la luna, è una fucina di arte e di cultura. Forse, questa fase matura della vita di Rocco si può sostanziare come quella più articolata, da certi punti di vista più ricca di placide, serafiche albe nuove e inedite. Lui è padre, è marito accorto, è nonno premuroso di alcuni bellissimi ragazzi e dolcissime fanciulle. È una persona umile e perbene, integrata nel connettivo sociale, è un uomo rispettoso e contegnoso. È un narrastorie leggiadro ed elegante. Semplice e diretto nell’incedere e nel procedere scritturali, ma con una visione allargata e ad ampio spettro, conscio che la sua prosa lineare sia quella più benaccetta e fruibile. Lui mediante la scrittura, tramite la prosa e il racconto, recupera la capacità di paziente rabdomante, che va alla ricerca delle venule più chiare, che scandaglia con passione i vissuti. Avverto tutto ciò anche e preminentemente in “Luca e il bancario”: il nostro narrastorie tramite il medium della scrittura s’abbandona sovente sulle ali del ricordo, della pacificatoria reminiscenza. Rivive gli anni passati, quando la vita era un primordiale virgulto di primavera e di sogno. Rocco sa far rivivere con movenze umanissime e palpabili tutto un universo di uomini e di donne, di gente della sua Marittima, di Castro, della sua terra natia rosso sangue di zolle marroni. La scrittura, si sa, può diventare uno strumento pacifico e non violento per interrogare a fondo il proprio sé e per gettare un ponte conoscitivo e creativo con l’altro da sé. È una medicina benedetta che terapeuticamente ci fa affrontare il tempo gaio e quello triste, il pianto e la gioia, il sole e la tempesta, la caduta repentina, la salita vertiginosa. Rocco narra le storie, descrive di sé, ma soprattutto degli altri. Lui, da anni, conferma la sua dote precipua di narrastorie, legato alla memoria che è carne viva. La sua è narrazione del ricordo, sovente tratteggiata con vivida nostalgia: sa scavare a fondo nei vissuti bambini e giovanili. La sua è narrazione del paesaggio, perché le località cristalline, di adamantina purezza, di Marittima, di Castro, di Acquaviva, campeggiano spesso, con storie umanissime e pulsanti di passione. Racconto di luoghi, perché nelle pagine di “Luca e il bancario” i campi d’ulivo, i boschi di virente colore, compaiono con veste anche lirica. Descrizioni davvero dettagliate e felici del paesaggio e, soprattutto, della gente d’intorno. I protagonisti veri sono contadini, allevatori, lavoratori, calzolai, ciabattini, insomma quel popolo multiforme e silenzioso, che solitamente ha fatto e fa la Storia. La gente che la vulgata comune dipinge come marginale, ma che per Rocco ha una centralità assoluta. “Luca e il bancario” è, altresì, un diario di viaggio, che percorre gli spostamenti dell’Autore bancario per varie città d’Italia. Ho potuto notare, fra le altre cose, la sincera devozione di Rocco, che è sia laica, che religiosa e spirituale. In lui vibra potente l’amore per l’umanità, per la gente umile. Lui sa anche celebrare doverosamente festività come l’Assunzione, sa dare la sua carezza a figure come Sant’Antonio da Padova, alla Madonna, a San Francesco, anima folle stremata d’amore. Quella di Rocco è narrativa degli affetti: Il padre è una figura sempre viva di fulgente luce. L’universo immaginifico e reale del nostro Autore si vivacizza di tanti protagonisti del popolo: il novantenne Orlando intento con il suo coltellino a raccogliere bacche e fichidindia, Vicenzu ‘u cuzzune e il suo asinello dalla lenta andatura. Il contadino compare Vitale. Ed ancora Consiglio, nachiro (capo ciurma nei frantoi oleari in autunno), Teodoro avvezzo a far bagni a pelo d’acqua.  Come non ricordare il cugino Luca sempre pronto alla battuta e al sorriso. Ed ancora l’anziano contadino Luca. La vita è un continuum, si susseguono le varie fasi in un collante di relazioni. È quello che succede anche al nostro Autore che, pur peregrinando per l’Italia, deliberatamente non recide mai i propri legami, rinnovellando sempre di nuova linfa vitale le sue radici. La sua villetta fiorita alla “Pasturizza”, è una sorta di buon ritiro, un posto d’elezione, uno specchio d’anima. L’Acquaviva (insenatura prossima a Castro Marina) è un porto di bellezza adamantina. Marittima brilla in tutto il suo lucore, di aurore frementi d’amore, di sole assetato di visioni, di crepuscoli screziati e aranciati, di notte fruscio di stelle silenziose e assorte. In “Luca e il bancario”, Rocco con dolcezza e con delicatezza ci conduce attraverso questi Frammenti di vita salentina. In essi traspare un amore sviscerato per la sua terra, utero di mare, madre accogliente, culla d’eterno. C’è davvero un filo conduttore che anima “Luca e il bancario” e tutti gli scritti di Rocco Boccadamo: è la soavità amaranto dell’amicizia, che ci lega e ci cattura al lume d’un’idea. Infine, vorrei dire che nelle opere di Rocco c’è un anelito francescano, una manifesta esortazione a vivere una esistenza di piccoli passi quotidiani e ordinari. E la sua cifra poetica più sentita risiede proprio nella tendenza di voler tratteggiare con occhio giustamente benevolo quella umanità silenziosa e umile, che fa la Storia.

 

“Luca e il bancario” di Rocco Boccadamo, Spagine Fondo Verri Edizioni, dicembre 2016

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Un commento a Libri| Luca e il bancario

  1. Domenica 20 agosto, alle 21, s’è svolta presso la Pro Loco “Acquaviva” di Marittima la presentazione di “Luca e il bancario” (Spagine- Fondo Verri Edizioni) di Rocco Boccadamo.

    Rocco Boccadamo è un narrastorie sensibile, autore di periodiche pubblicazioni. Negli ultimi 15 anni sono uscite numerose sue opere. Nel recente libro “Luca e il bancario” (Spagine- Fondo Verri Edizioni) conferma, ancora una volta, la sua verve di scrittore accorto, attentissimo alla descrizione dei paesaggi e dei luoghi amati. Qui a Marittima, Rocco è conosciuto, stimato. Marittima è il suo paese natale. Qui ha trascorso la prima parte della sua vita, la sua infanzia, l’adolescenza, e gli albori della giovinezza. Poi gli eventi dell’esistenza lo hanno portato in giro per lavoro in varie località d’Italia. Ma, a Marittima, Rocco ha lasciato un pezzo del suo cuore, le vene ardite, i sentimenti accesi, qui ha ancorato i vissuti primordiali, qui ha scandagliato l’essenza delle sue radici. A Marittima, ancora oggi, da grande, ha deciso di passare nella sua villetta fiorita “La Pasturizza” momenti salienti e indelebili. Vita di marito, di padre, di nonno. Rocco sa che la scrittura ha una funzione salvifica, è un’ancora di salvataggio, che ci consente, se riusciamo a indagare a fondo il nostro sé, di penetrare sophianaliticamente fra le pieghe vibratili d’amore dell’esistente. Rocco sa che la scrittura serve, tra l’altro, per generare ed edificare ponti di conoscenza. Lui, con i suoi scritti, ha permesso di far conoscere la purezza adamantina dei suoi posti prediletti e la operosità e squisitezza dei personaggi. Pienamente meritato il premio ricevuto, recentemente, a Castro dal nostro Autore. È stato omaggiato un narratore, un uomo, che ha saputo donare alla sua terra tracce vitali. La scrittura è madre, perché ci accoglie fra le sue braccia, a condizione che la si maneggi consapevolmente. E Rocco, senza alcuna asperità, senza alcuna esasperazione del linguaggio e della semantica, con mitezza, con una docilità estrema e primaria, ci conduce in un viaggio continuo fra le zolle rossosangue della sua terra marrone. Rocco ha vissuto e vive ancora un’esistenza giocata e bordeggiata a Marittima, nei paesi vicini, con il riverbero del mare negli occhi, confortato dalla Natura e dagli affetti. Marittima è la sua perla scintillante, sfavillante, la sua predilezione chiara, di cristallina bellezza, con il suo mare incontaminato, utero di sogno. Marittima è la sua storia, la sua filosofia di propositi e di vita, umile, a misura d’uomo. Marittima è una madre, che sa spalancare le braccia, sa dondolare e vezzeggiare le attese, le utopie, le speranze. Rocco, da anni, conferma la sua precipua dote di narrastorie, legato alla memoria che è carne viva. La sua è narrazione del ricordo, sovente rispolverato con smagliante melanconia. L’Autore sa scavare con passione nei vissuti bambini e giovanili. La sua è narrazione sfolgorante del paesaggio, perché località di incorrotta e inesausta rilucenza come Marittima, Castro, Acquaviva, campeggiano spesso, con storie interessanti che inondano d’amore il cuore. I suoi sono racconti di luoghi benedetti e desiderati, perché nelle pagine di “Luca e il bancario”, i campi d’ulivo, i boschi fatati di virente colore, il mare eternoritornante amore, compaiono con veste anche lirica. Il paesaggio palpita nella penna di Rocco. E la gente d’intorno si veste d’organza. I protagonisti sono contadini, pescatori, calzolai, allevatori, lavoratori. Insomma, quel popolo multiforme e silenzioso che solitamente ha fatto e fa la Storia. La gente speciale che la vulgata superficiale e comune dipinge come marginale, ma che per Rocco ha una centralità assoluta. In “Luca e il bancario”, c’è la esposizione d’una umanità viva, semplice, alacre. Nel paese Rocco, che ha fatto da padrino a tanti piccoli battezzandi e cresimandi, con gioia, si fa chiamare “compare”. Parimenti, lui è stato legato a tante persone anziane d’un certo riguardo, come il contadino compare Vitale. Ed è sempre compartecipe a tutta una galleria di uomini e di donne, che hanno segnato e segnano i suoi giorni e il suo tempo. Quella dell’Autore è narrativa degli affetti: il padre Silvio e la madre Immacolata, nella tenera reminiscenza, sono figure che emanano un fulgente lucore. L’universo immaginifico e reale del nostro Autore si vivacizza di tanti protagonisti del popolo: il novantenne Orlando, intento con il suo coltellino a raccogliere bacche e fichidindia; Vincenzo ‘u cuzzune, Vincenzo e il suo asinello dalla lenta andatura; il contadino compare Vitale; ed ancora Consiglio, nachiro (capo ciurma nei frantoi oleari in autunno); Teodoro, avvezzo a far bagni a filo d’acqua. Come non ricordare il cugino Luca, sempre pronto alla battuta e al sorriso. Con pennellate di pura nostalgia, Rocco evoca il tabacchino, che vendeva ogni sorta di generi, presente negli anni ’50 a Marittima. Il tabacchino era frequentato anche da mesciu Miliu, portalettere del paese e sacrestano nel convento della Madonna di Costantinopoli. Altri tempi, di vita essenziale, povera di mezzi materiali, ma ricchissima di supporti spirituali. “Luca e il bancario” è uno spaccato antropologico brioso. E l’Autore segue un registro narrativo classico. Talvolta, si schiudono all’orizzonte lampi lirici di vera poesia. Mi riferisco, in particolare, al paragrafo “Esequie con rondine”. Tempo fa, Rocco s’è recato nella Chiesa di Marittima per tributare insieme ai suoi concittadini l’ultimo e estremo saluto al compaesano Vitale. Vitale, da giovane, andava a pesca con uno zio di Rocco, nei periodi di riposo. La Natura sa essere poeticissima. A un certo punto delle esequie, in Chiesa è entrata una rondine, che s’è messa a piroettare, ha descritto traiettorie imprevedute, disegnato arabeschi. Il volatile s’è posato su un bassorilievo ed ha assistito alla cerimonia funebre. Salutando così il caro contadino Vitale, che tante volte all’alba nei suoi campi aveva incontrato nei giorni di fatica rondini libertarie e selvatiche. Rocco sa scorgere con occhi da poeta la realtà effettuale e la restituisce a noi, depurata del superfluo. Con onestà, ci fa vedere con i suoi scritti una umanità bella e contegnosa, degna d’attenzione. Rocco con tenerezza ci conduce attraverso questi Frammenti di vita salentina. Vorrei dire che mi colpisce, preminentemente, l’anelito francescano dell’Autore, una manifesta esortazione a vivere un’esistenza di piccoli passi quotidiani. E la cifra poetica più sentita risiede proprio nella tendenza di voler tratteggiare con sguardo giustamente benevolo quest’umanità silenziosa e umile, che fa la Storia e la predefinisce, nonostante tutto.

    Marcello Buttazzo

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