di Massimo Vaglio
Il cosiddetto vincotto è un denso sciroppo che si ottiene facendo bollire lungamente il mosto d’uva appena ricavato dalla pigiatura dei grappoli.
Prima che inizi a fermentare il mosto viene filtrato e posto in una caldaia riempiendola per metà, in quanto, quando questo giunge ad ebollizione, monta. Viene fatto bollire lentamente e lungamente, sino ad ottenere una riduzione della metà del volume dello stesso, se si impiega mosto rinveniente da uve ad alta gradazione zuccherina, di tre quarti dello stesso, se il mosto rinviene da racèmi o da uve di più discreta gradazione. Nel Salento, si utilizza mosto rinveniente da uve da vino, nel resto della Puglia si preferisce ricorrere a mosto ricavato da uve bianche e da uve da tavola.
Al vincotto, vengono inoltre attribuite proprietà medicinali, soprattutto nelle affezioni delle vie respiratorie. Per quanto sopra, sino ad un recente passato, erano davvero poche le famiglie che nel periodo della vendemmia non ne facevano una buona provvista è un prodotto che migliora sensibilmente con la stagionatura e che si conserva anche per diversi anni..
Il vincotto era già conosciuto e adoperato in epoca romana, usato spesso misto a neve in una sorta di prototipo di sorbetto, uso che peraltro sopravvive tuttora in molti paesi della Puglia. Il suo uso è attestato sin dall’antichità con i più svariati usi, testimoniati anche negli scritti di illustri scienziati e letterati dell’antichità, tra cui: M. P. Catone Uticenze, Virgilio, Plinio e Varrone.
Nel Salento si adopera preminentemente mosto di Negramaro, il famoso vitigno locale a bacca nera, base della quasi totalità dei blasonati vini DOC locali, e preziosa fonte di resveratrolo, il polifenolo dalle riconosciute proprietà nella prevenzione dell’ Alzhaimer e delle malattie cardiovascolari.
Questo prodotto, nel Salento è molto amato e viene variamente adoperato, viene aggiunto alla neve andando a costituire una sorta di prototipo di sorbetto e viene utilizzato per dolcificare alcuni dolci tradizionali, quali le pèttole e le cartellate. Rientra nella colza e nella coddhiva, antichi dolci locali, il primo a base di chicchi di melagrana, e il secondo di grano stompato ed è anche usato come condimento per condire i maccheroncini cavati e altri formati di pasta tradizionali fatti in casa.
“Rientra nella colza e nella coddhiva…”
Errata corrige: colva NON colza