E’ Natale

Natività (cartapesta di M. Grazia Presicce)
Natività (cartapesta di M. Grazia Presicce)

 

di Maria Grazia Presicce

In questa strana società indaffarata bizzarra confusa frettolosa e superficiale è difficile cogliere quelle sfumature semplici e genuine che accompagnavano gli antichi riti delle ricorrenze festive.

Tutto oggi è usa e getta, cosicché anche sensazioni e sentimenti son diventati plastica per i più. Anche il Natale, quindi, è solo festa di un fare convulso, dell’essere impulso caotico di attrattive futili mera rappresentazione ipocrita di sfuggenti convenevoli che non lasciano scia nel cuore e nell’animo e si dissolvono come nebbia al sole.

Mi chiedo cosa resterà ai bambini di questi Natali frenetici tra “sbrilluccichio” di lucine troppo splendenti, negozi e vetrine troppo agghindate, vie chiassose di gente che raccatta regali il più delle volte solo apparenze fugaci senza essenza.

Si festeggia il Natale senza penetrarne l’essenzialità. Basta divertirsi, strafogare, bere e porre in mostra, spesso anche quel che non si ha, senza soffermarsi davanti alla grotta a contemplare l’intima unione di quelle tre anime, emblema di famiglia, di calore di gesti, di armonia, di amore, di dignità.

C’è tutto in quella grotta che ognuno sistema nella propria casa e poi la dimentica, privilegiando l’albero scintillante coronato di pacchi e pacchetti ben confezionati.

Dov’è finito quel Natale composto, silenzioso, genuino, armonioso, senza regali e senza nemmeno Babbo natale? Lui non faceva parte della nostra tradizione, c’era solo San Giuseppe sotto la grotta, compagno di Maria e padre del Bambinello, e c’era la Befana a portare i doni: come pecore poi abbiamo adottato e voluto Babbo natale. Ci siamo, come si dice, adeguati e ora cerchiamo frettolosi regali da sistemare sotto quest’albero che tempo fa non esisteva per noi, anzi una cima c’era a sovrastare il presepe e la grotta, ma era una semplice cima di pino addobbata d’ arance, melegrane, mandarini, caramelle e chi poteva cioccolatini.

Ora abbiamo l’albero finto di tutto: di finte luci, di finte palline colorate, finto di emozioni e di finta armonia.

Dov’è quel Natale che una volta cominciava in famiglia tanto tempo prima con l’esortazione e le promesse a divenire più buoni tra i consigli di madri, padri e nonni tra i loro racconti del Bambinello, i proverbi, le preghiere di grandi e piccini davanti a quella grotta fatta di ceppi e di carta colorata illuminata solo dalla sfuggente luce di un “lampino” ( lumicino che ardeva in bicchiere per metà colmo d’acqua ed olio) posto in un angolo del presepe?

Davanti a quella grotta la notte della vigilia, dopo le preghiere, i bambini recitavano le poesie imparate a scuola e quelle insegnate dalla nonna o dalla mamma; eccone una:

Bambinieddhu

Bambinieddhu

all’annu giustu

mi presentu a nnanti tie

picca cranu e picca mustu

imu fattu picca ulie;

e cce ‘ai bammbinu mia

ca ti esciu tantu maru?

Allu mundu non c’è sbrigu

quandu manca lu tenaru.

L’annu scorsu ti priai

e ti dissi tante fiate:

fa cu spìccianu ‘sti guai

cconza prestu ‘sti annate,

ma sirà, ca fici pesciu,

fu nu chiantu generale

no se fattu nuddhu riesciu

e mò stamu già a Natale.

Mò so certa e so sicura

ca ndi pienzi e cu ndi scusi

mò ti preu pi l’annu inturu

cu ndi carichi ti fusi.

Mò ti preu puru pi l’addhi

notte e giurnu, sera e matina

fande stare ti signuri,

fa cu spiccia la risina.

Cu le fiche

a statotiche e miluni

ogni purieddru lassa dica:

tegnu a casa li muntuni.

Mò sta begnu intra stanotte

cu ti faci na mangiata

tò pilusi ti ricotta

tò casieddhi e na sciuncata.

Mangia e bii ca à fattu scelu

e lu tiempu stae alla nee

quando ti ndi sali a ncelu

tu ricordate di me.

Questo componimento è testimonianza orale di nonna Tittì (Concetta) Donadei

Bambinello dopo un anno/ mi presento davanti a te/ poco grano e poco mosto/ abbiamo raccolto poche olive./ E cos’hai Bambinello mio che ti vedo così triste?/ Al mondo non c’è tranquillità/ quando manca il denaro./ L’anno scorso ti pregai/ e ti dissi tante volte:/ fa che finiscano questi guai/ sistema presto queste annate./ Ma forse è stato peggio,/ fu un pianto generale/ non si è fatto nessun passo avanti/ e ora siamo già a Natale./ Ora sono certa e sono sicura/ che ci pensi e che ci scusi/ ora ti prego per l’anno venturo/ di caricarci di fusi./ Ti prego anche per gli altri/ notte e giorno, sera e mattina/ facci stare da signori/ fai finire la penuria/ con fichi a strati e meloni / fa che ogni povero possa dire/ ne ho a casa cataste./ Ora sto venendo questa notte/ per farti fare un pranzo/ con due pilusi ( residuo di formaggio che si estrae dal siero prima che si formi la ricotta) di ricotta/ due caciotte e una giuncata./ Mangia e bevi che è calato il gelo/ e sta per nevicare/ quando salirai al cielo/ Tu ricordati di me.

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3 Commenti a E’ Natale

  1. Buongiorno, auguri a tutti di buone feste , vi invio una versione Novolese
    della poesia lu Mamminieddrhu.

    Mamminieddrhu, Mamminieddrhu

    propiu moi ca sta rria Natale

    statte cittu picca picca:

    nna prumessa t’aggiu fare.

    Signuria m’a pirdunare

    quannu piju quarche picciu

    e poi an terra rutulisciu

    ci li giocattuli nu bbisciu.

    Si, lu sacciu ca suntu tristu,

    Signuria certu lu sai

    ma quannu eri quantu a mmie

    nnu a piiati picci mai?

    Ma stasira te purmintu

    ca te osce aggiu cangiare,

    m’aggiu stare cittu cittu

    cussi ceddhri m’a rritare.

    Tie però alla mamma mia

    minti nna boona parola

    cu nu se stizza ci la stonu

    e poi me zicca e me le sona.

    traduzione Ersilio Teifreto

  2. Una piccola precisazione sulla poesia “Bambinieddhu”. Credo che nel testo “a statotiche” vada emendato in “e statotiche”. che erano le culture erbacee estive. La parola, infatti, deriva da “estate”+il suffisso “-otico” (di origine greca, passato poi in latino, lo stesso di “narcotico”, “erotico”, etc. etc.). Nella poesia probabilmente “statotiche” sta nel senso estensivo di “verdure”, slegato, perciò, da un preciso riferimento stagionale. La voce è attestata anche in documenti antichi; un esempio per tutti, tratto da un manoscritto del monastero leccese di San Giovanni Evangelista, pubblicato da Antonio De Meo in Carte per la vita e carte per la storia, Milella, Lecce, 2006; al foglio 21v si legge: ” delle terre intorno alla torre in feudo di Cisterno [ … ] pagano decime al feudo di Cisterno [ …] e producono vettovaglie, statotiche e cipolle”; al foglio 22r: “Li Curti producono carnatica, herbatica, munta … [ …] decima pagata con olive al detto feudo con statotiche, cipolle …”.

    Auguri a tutti!

    • ti ringrazio professore per la spiegazione sempre precisa e puntuale! a presto e auguri anche a te.

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