E’ appena uscito, per i tipi di Spagine Fondo Verri Edizioni, il nuovo libro del giornalista e scrittore salentino Rocco Boccadamo “LUCA e il BANCARIO”, tredicesima raccolta di narrazioni avente, al pari delle precedenti, il sottotitolo di “Lettere ai giornali e appunti di viaggi”. Prefazione di Ermanno Inguscio e postfazione di Giuliana Coppola.
Una sintesi profonda, puntuale e indicativa sull’ultimo lavoro di Boccadamo è offerta, in particolare, dalla postfazione di Giuliana Coppola, il cui testo si riporta di seguito:
“Sono arrivato al mondo una grossa gerla di calendari fa…”, pagina di diario 20 gennaio 2016.
Una “gerla” la vita; trovo inaspettato questo segno linguistico e mi fa tenerezza; la “gerla” appartiene a infanzie lontane, al passaggio di generazioni, al passo lieve di una Befana che scendeva da camini; si usa così poco oggi e invece è vocabolo denso di significato, così misterioso, stracolmo di speranze, di doni, di sorprese, di scoperte. Questo succede quando ci si accosta alla gerla di Rocco. Si può attingere a piene mani e scoprire e ritrovare quello che ciascuno in cuor suo desidera.
Ed ecco la sorpresa… scopro che il narrastorie di mia conoscenza è stato anche e soprattutto bancario, il bancario Rocco Boccadamo; lo scopro nella pagina di diario 13 novembre 2015; ma prima scopro l’esito di un diploma con “tutti numeri tondi” e immagino occhi di padre a scrutare quadri e batticuore di diciannovenne che scruta volto di padre e quadri con impresso l’esito degli esami. Penso – e mi ritorna batticuore – che allora si studiava molto anche per non deludere padri e si sceglieva, sempre per non deludere alcuno, anche il lavoro che si afferrava subito in quei magici anni sessanta; onorava soprattutto il merito, eppure sembrava a portata di mano. E’ a volo d’uccello il racconto di Rocco sul periodo che intercorre da luglio a settembre del 1960; rapido il ricordo di quei mesi, un salto dalle aule scolastiche alla scrivania della banca per iniziare “l’avventura di bancario che mi avrebbe coinvolto e avvinto per l’intera vita lavorativa”. Una nota di nostalgia ad inizio del viaggio per un collegio, il Berenini di Parma, che da matricola si abbandona perché il lavoro già attende, il primo giorno con le stesse attese e le stesse ansie del primo giorno di scuola, i primi alloggi e il primo stipendio…. l’inizio è così ma poi si va, gerla sulle spalle; segue Rocco da città a città mentre sale il suo personale cursus honorum, mentre, passo dopo passo, conquista forza e fiducia; assapora il senso della realtà quotidiana non sempre facile da reggere, perché così densa di impegni e responsabilità; i colleghi, gli amici, i funzionari, i direttori, i superiori, i piccoli grandi gesti di amicizia condivisa, le contromarche di don Titino e l’orologio di Gino, le fisse di clienti da non deludere mai, la puntualità da rispettare, le attese di chi ripone in te fiducia…la gerla va su e giù per l’Italia, testimone e complice d’una vita da bancario, diventata oggi pagina di diario che racconta e descrive, coglie particolari di “sfumatura cromatica”, di un “fumo” traditore, di un ritardo, di un orologio che funziona a modo suo, di una libreria a Taranto lì dove c’era la prima sede di lavoro, un cerchio che si chiude. “Per coincidenza o ideale destino parallelo: una “vecchia” banca, ora sommersa dal mondo dei libri, come pure, un ragazzo di ieri, già giovanissimo bancario, anch’egli, ora, vicino e collegato al mondo dei libri”.
Certo, al mondo dei libri… perché un libro, a suo modo, è una gerla; oggi ha il passo di Luca, mentre s’apre il grande abbraccio, profumato di verde, di mare e di campagna, di volti e di storie che si ritorna a carezzare; ogni pagina una carezza su ricordi; quelli che non si assopiscono mai, che vanno e vengono come le onde luminose d’Acquaviva, che riemergono sempre; pagine di diario che sono pagine di biografia; Itaca attende, di Itaca si ritorna a raccontare; il passo cadenzato di Luca, così diverso, così fuori dalla norma, ha il ritmo della voce narrante delle comari, di quelle che, all’angolo delle strade o sugli scalini delle case, o all’uscita della messa, o lavorando a maglia, raccontavano…. Che c’era una volta un asino e c’erano una volta donna Elvira e comare Meris, sì c’era anche comare Meris e c’erano e ci sono proprio tutti i protagonisti di quest’angolo di Salento-Itaca che ormai, grazie alla scrittura di Rocco, ci appartiene; e c’è il miele dolcissimo delle api operaie di Vitale, li, a Torre Lupo, dove se soffia maestrale, fuggono via anche le ombre.
Ecco, delicatezza e dolcezza di storie che ritornano e oggi, ad ascoltarle, si è posata, tranquilla una rondine; un volo mentre in chiesa si celebra il saluto a chi non c’è più su questa terra, una sosta per non disturbare e poi via di nuovo.
Le metamorfosi esistono o no? Io credo che esistano; in questo momento, grazie a una rondine che si posa, ne sono ancora più convinta; le rondini ritornano, per raccontare ancora, d’una gerla che va sulle spalle di chi ha ancora tanta voglia di osservare, fissare immagini, specchiarsi nella umanità vera e nella natura che ci appartiene e poi raccontare, scriverne e comunicare.
E’ tornata anche una lucciola; è la speranza, sottolinea Rocco; certo che è la speranza; “lumicino tra l’azzurro e il verde… sommessamente luminoso nello scuro notturno, ha il significato di un ideale faro di speranza” per Rocco che lo regala a tutti.
Esistono le metafore? Ma certo che esistono. Basta crederci soltanto un po’ e affidarsi al miracolo della scrittura e della lettura.