di Marcello Gaballo
E’ stato subito allarme generale tra la popolazione più sensibile nel rilevare la rampa per i diversamente abili realizzata in questi giorni a ridosso del prospetto laterale della chiesa di San Francesco da Paola, nota come “Paolotti”, su Via Roma, nelle vicinanze del Castello e Municipio.
Il progetto, in cantiere da diversi anni, ha trovato i nulla osta necessari da poco tempo, tanto da consentire l’avvio dei lavori per la realizzazione della rampa, al fine di eliminare le cosiddette barriere architettoniche, e il rifacimento del piazzale antistante.
Nessun commento o parere per la sistemazione di quest’ultimo, che non mi compete e che saranno i cittadini a giudicare se in sintonia con il luogo e la storia del posto. Su questo comunque si affacciano il convento secentesco dei frati Paolotti, una attività commerciale (su preesistenze dell’antico convento) e la facciata della chiesa con la sua scala (degli inizi del secolo scorso).
Fatto salvo ogni rispetto e sempre auspicata la giusta attenzione per chi trova difficoltà motorie per accedere al luogo di culto, tuttavia è inevitabile porsi il dubbio se in questi casi occorre venire incontro alle necessità del diversamente abile o privilegiare la tutela e la conservazione dell’immobile, in tal caso deturpato nel suo aspetto esteriore a causa della costruzione che si sta effettuando a ridosso della chiesa. In parole povere, si deve tutelare il monumento o la persona?
Si è ben consapevoli che gli edifici di culto (chiese, moschee, sinagoghe o qualsiasi altro ambiente destinato al culto) devono essere visitabili o perlomeno prevedere una zona riservata facilmente accessibile per assistere alle funzioni religiose, come previsto dall’art. 3 del D.M. LL.PP. 236/1989). La normativa vigente prescrive, infatti, per i luoghi di culto il requisito della visitabilità. Ma è anche vero che l’art.19, comma 3, del D.P.R.503/96 recita: “la deroga è consentita nel caso in cui le opere di adeguamento costituiscono pregiudizio per valori storici ed estetici del bene tutelato; in tal caso il soddisfacimento del requisito di accessibilità è realizzato attraverso opere provvisionali ovvero, in subordine, con attrezzature d’ausilio e apparecchiature mobili non stabilmente ancorate alle strutture edilizie. La mancata applicazione delle presenti norme deve essere motivata con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio”.
Non voglio addentrarmi nello specifico, perché vi sono gli specialisti della materia che sanno bene cosa può essere fatto e cosa va evitato, vista anche l’abbondante letteratura in merito.
Nel caso specifico, fermo restando che non so quanti diversamente abili abbiano effettiva necessità di accedere proprio in quella chiesa, avrei immaginato una soluzione diversa. Mi viene in mente un’apparecchiatura mobile di limitate misure sul lato opposto della facciata o, più semplicemente, un accesso riservato ai soli impossibilitati dal retro della chiesa, in corrispondenza della sagrestia, da dove accede il parroco o altri parrocchiani.
La doppia rampa, posta sul già ridotto marciapiede (le foto sono eloquenti) mi pare di ostacolo ai pedoni. E dunque potrebbe nascerne un altro problema, che saranno i tecnici ad affrontare.
Lungi dalla polemica, anche perché conosco bene l’amico direttore dei lavori e il parroco, questa mia è solo per augurare una revisione immediata del progetto (mi riferisco alla sola rampa), studiando soluzioni alternative che comunque impediscano quelle non stabili, addirittura ancorate all’edificio settecentesco.
L’appello perciò al parroco e al consiglio pastorale, che immagino hanno voluto e predisposto questa soluzione, affinchè pensino a situazioni reversibili o ad una piattaforma elevatrice o ad altre soluzioni che i tecnici ben conoscono e che non dovrò certamente qui indicare. Purchè non siano contraria alla conservazione, al decoro e alla visibilità della Chiesa, quindi con pari dignità di rispetto per l’immobile e per tutti i possibili fruitori della chiesa.
Non solo lì a Nardò fanno danni ma pure nelle piccole realtà come Cocumola hanno rovinato la bella piazzetta del paese con una struttura vergognosa !!!! Ma possibile che nessuno li possa fermare prima ??
È quello che ho pensato anch’io quando ho visto tutto quello scempio: non potevano prevedere una rampa prefabbricata? Sarebbe stata un’opera posticcia, ma rimovibile!
Effettivamente orribile.! Suppongo pero’ che a suo tempo sia stato presentato un progetto, che la Sovrintendenza l’abbia approvato..ecc ecc…. Una cosa cosi non nasce in un giorno e comunque complimenti al tecnico che l’ ha redatto. Chiù ciucciu di cusi’……
Almeno della passerella (amovibile!) sull’Iseo conosciamo il nome dell’artefice: Christo Yavachev. Sarebbe opportuno che il Christo nostrano che ha progettato quel capolavoro declinasse le sue generalità, non solo per difendersi (?) ma anche per facilitare il lavoro di chi fra qualche decennio studierà il frutto del suo genio …
CHRISTO ***A *** NARDÒ ***
UN INVITO A BEN RICONSIDERARE IL PROF-ETICO INTERVENTO
BENISSIMO ha fatto – a mio parere – il dott. Marcello GABALLO a raccogliere e rilanciare la discussione sulla “discutibile rampa” per l’accesso dei diversamente abili alla chiesa di san Francesco da Paola (nota come “Paolotti”)!!!
MA ORA oso pensare, guardando allo “specchio” il grande colpo d’ala dell’INTERVENTO del prof. Armando POLITO, che si possa RICONSIDERARE la questione da un altro e nuovo punto di vista.
RIPARTIRE proprio da CHRISTO Yavachev e dalla sua passerella sulle acque del Lago d’Iseo!!! E, fatte le debite proporzioni, RICORDANDO che “l’abitudine non può rendere insipida la varietà infinita della bellezza”, INVITO (in spirito di amicizia e natalizio!) a RIGUARDARE la bianca, “galattica”, “serpentina” come un “SEGNO” architettonico e urbanistico – e FRANCESCANO – di grande genialità!!!
Personalmente, accolgo in positivo – con entusiasmo – la sollecitazione del prof. Polito a “che il Christo no-strano che ha progettato quel capolavoro” declini le sue generalità, e consiglierei che egli (in pieno accordo con tutti i responsabili – dalla Sovrintendenza alla intera Cittadinanza) sottolineasse ancor di più e meglio la piccola brillante sinuosa linea bianca, “a ridosso”, ai piedi della grande e maestosa chiesa di san Francesco da Paola!!!
BUONE LAVORO E BUON NATALE
Federico La Sala
MEMORIA DI SAN FRANCESCO DA PAOLA. Napoli – Il sindaco Luigi de Magistris ha partecipato con l’assessore alla cultura Nino Daniele all’accensione delle luci del Colonnato di ***San Francesco di Paola*** in Piazza del Plebiscito. L’installazione luminosa è stata dedicata in questa occasione alle vittime di Aleppo “affinchè anche da Napoli, città di pace e di accoglienza, possa arrivare un messaggio di solidarietà a quelle popolazioni”. (http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/12/17/foto/napoli_s_illumina_per_aleppo_luci_bianche_al_plebiscito-154328516/1/?ref=twhr×tamp=1482002445000&utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter#1 )
L’istituzione delle “BRUTTE” ARTI, con i suoi qualifcati ispettori, non fa nulla per fronteggiare certi inqualificati obbrobri?Almeno in queste situazioni dovrebbero intervenire tempestivamente e severamente.
L’intervento è stato autorizzato dalla Soprintendenza, che evidentemente lo ha ritenuto conforme alle leggi e non diversamente risolvibile. Quand’anche lo sia, l’appello in fine dell’articolo fa leva sul parroco e consiglio pastorale della parrocchia per altra soluzione, che a mio parere poteva e può trovarsi. Ho indicato la realizzazione sul lato opposto della rampa, il ricorso a moderni sistemi universalmente adottati e comunque removibili (forse anche di minor costo), l’ingresso dalla parte posteriore (dalla sagrestia)…
Son curioso ora di vedere come supereranno il problema del gradino che dà accesso diretto in chiesa…
Mi auguro solo che non sia la premessa per creare strutture stabili del genere nelle altre chiese esistenti in città, e mi riferisco in particolare alle chiese del centro storico. Sarebbe la fine, con la benedizione della Soprintendenza. Resto convinto che è un parere discutibile, proprio perché esistono altre soluzioni, volutamente ignorate da chi è custode del bene, e che ha l’obbligo di trasmetterlo integro e non deformato, ai posteri.
Un po’ di amor patrio e un minimo di sensibilità avrebbe evitato questa che, ne sono ancora convinto, è una bruttura della città di cui qualcuno potrà gloriarsene, col disappunto dei suoi cittadini e il permesso della Soprintendenza